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16/10/2013

Sclerosi multipla: tra riabilitazione e idoneità al lavoro

 

L'annuale convegno della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa era presente anche AISM. L'intervista a Gaspare Crimi, uno degli autori della guida sull'idoneità alla mansione

 

Lo scorso 15 ottobre l’annuale Convegno della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER) ha dedicato una sessione alla sclerosi multipla. Il titolo del convegno riassume egregiamente quello che anche pe l’Associazione è essenziale: La ricerca in medicina riabilitativa per una scienza del recupero. Come evidenzia il Direttore Ricerca Scientifica della Fondazione di AISM, Paola Zaratin, «la ricerca scientifica in questo campo sta dimostrando che la riabilitazione motoria e cognitiva ha un impatto sull’attività cerebrale nella malattia e consente alla persona non solo di mantenere le proprie funzioni ma anche di “ripararle”».

 

La riabilitazione ha un ruolo importante anche nel fornire strumenti importanti per trovare o mantenere il posto di lavoro. Per questo uno degli interventi al convegno SIMFER, curato da Giampaolo Brichetto, si intitolava Riabilitazione e consulenza ergonomica ai fini lavorativi: interventi sulla persona, sugli ambienti, e l’impiego di ausili.

 

Al riguardo, abbiamo intervistato il dottor Gaspare Crimi, medico fisiatra, Direttore del Dipartimento Riabilitativo Azienda ULSS 20, Verona. Oltre a coordinare come “discussant” i lavori della tavola rotonda SIMFER sulla SM, Crimi è uno degli autori della Guida AISM «Idoneità alla mansione e sclerosi multipla».

 

Che ruolo ha la riabilitazione nella SM ?
«La riabilitazione per le persone con SM esiste da oltre 40 anni. Non può curare le lesioni ed eliminare la malattia, ma è fondamentale per potenziare al massimo le capacità residue della persona».

 

Come?
«Per esempio grazie agli ausili. Sono oggetti di vita quotidiana, che consentono a una persona con disabilità di vivere meglio. Il bastone per appoggiarsi quando si cammina è un ausilio. Ma lo è anche l’adattamento per l’automobile che consente a una persona che non può deambulare di poter guidare».

 

Cosa si ottiene dunque con la corretta riabilitazione e il giusto ausilio?
«Se riusciamo a trovare il modo per cui una persona con disabilità riesca a guidare un’auto, senza dover essere trasportata da altri ed essere un costo per la società, le permettiamo di essere attiva, autonoma, protagonista della propria vita. Una persona che lavora, ha un impegno fuori casa, si relaziona coi colleghi e con il mondo.

 

Possiamo precisare come si rapportano medicina riabilitativa e terapia occupazionale al possibile inserimento lavorativo?
«Occorre mettere in adeguato confronto da una parte la persona con le sue capacità di persona diversamente abile, e dall’altra parte un posto di lavoro disponibile. Se l’inserimento lavorativo fosse fatto casualmente potremmo avere persone con difficoltà di deambulazione collocate in un posto di lavoro per cui è richiesto di camminare. Questo sarebbe un modo per espellere la persona disabile dal mondo del lavoro, non per integrarla. Se invece si riesce a inserire la persona giusta al posto giusto, costruendo quello che serve in termini di adattamento del luogo, della postazione, degli strumenti di lavoro, si riesce a fare in modo che un individuo sia attore attivo del proprio miglioramento sociale e non solo terapeutico».

 

Per una persona con SM l’inserimento al lavoro risulta complicato?
«La sclerosi multipla è una malattia evolutiva. Una persona con SM diagnosticata da poco, pur in una situazione di autonomia reale, è comunque in una condizione evolutiva e imprevedibile. È molto complesso organizzare al meglio un inserimento lavorativo con una persona che ogni giorno si sveglierà senza poter sapere cosa può esserle successo durante la notte. Poi nella SM incide la fatica, un sintomo sfuggente, cangiante, difficile da descrivere da parte del paziente, difficoltoso da vedere da parte del medico del lavoro, che fatica a valutarne l’impatto. Tra l’altro, inserimento, reinserimento e mantenimento del posto di lavoro rappresentano diverse tipologie di problematicità».

 

A cosa serve una Guida all’idoneità della mansione, in questo quadro?
«Questa guida serve proprio a offrire spunti sicuri scientificamente, utili e omogenei  ai vari medici, alle varie strutture, ai vari attori implicati nell’inserimento o mantenimento del posto di lavoro per cercare di essere tutti insieme più attenti alla SM e più equi verso le persone che hanno questa malattia, ovunque vivano».

 

Quale allora il compito dei medici impegnati nelle visite di idoneità alla mansione per le persone con SM?
«Sicuramente occorre seguire la persona negli anni, per aggiornare continuamente l’osservazione su ciò che riesce a fare e su ciò che eventualmente non riesce più a fare, rivalutando costantemente sia le sue mansioni sia la possibilità di eventuali adattamenti ambientali».

 

Perché bisogna che le cose cambino? Cosa succedeva sinora?
«Ricordo, per esempio, il caso di un amico che era dirigente d’azienda, oltre che paziente. Semplicemente aveva bisogno di un bastone per camminare. Per il resto era perfettamente attivo, partecipe, abile. Ma la sua azienda gli fece capire che non poteva più investire su di lui, perché aveva la sclerosi a placche. La sua situazione è rimasta invariata per molti anni. Ma purtroppo era ormai segnato, quanto a prospettive professionali, dall’etichetta di una malattia cronica. Spesso, ancora oggi, ci sono persone che camminano col bastone e dicono di avere preso una storta, per evitare problemi di mantenimento del lavoro. Invece, si può fare in modo che una persona con SM possa lavorare seduta, con un PC, o che possa lavorare in modalità di telelavoro».

 

Non pensa che sia anche una questione culturale e non solo di strumenti e normative?
«La cultura della disabilità è molto cambiata, anche in Italia. Nel 1981, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il massimo riferimento mondiale nel campo della Salute, lanciò l’anno dell’handicappato – usando proprio questa denominazione – per sottolineare l’importanza di questa categoria di persone. Oggi, 30 anni dopo, nessuno potrebbe parlare di handicappato senza suscitare obiezioni. Un altro fenomeno che dimostra come sta cambiando il mondo della disabilità è quello delle Paralimpiadi che sta dimostrando quando la persona disabile può essere attiva e autonoma e lo sta insegnando al mondo. Oggi parliamo di inserimento della persona con disabilità, di ‘nulla su di noi senza di noi’, della Convenzione ONU del 2008 sui diritti della persona con disabilità. Un cambiamento culturale epocale, che può dare frutti anche rispetto all’inserimento lavorativo. Bisogna continuare a “lavorarci”: nessuno è troppo disabile per non lavorare».

 

Giuseppe Gazzola