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30/01/2014

Sclerosi multipla: i livelli di vitamina D possono predire attività e progressione di malattia

Una ricerca condotta ad Harvard e coordinata dal dottor Alberto Ascherio supporta l’ipotesi che la vitamina D possa ridurre gli effetti della SM

Un team internazionale guidato da ricercatori di Harvard, finanziato dalla National Multiple Sclerosis Society e dal National Institutes of Health, ha trovato che i livelli di vitamina D nel siero, nelle prime fasi di SM, possono essere predittivi del decorso dell’attività della sclerosi multipla e della sua progressione. Le persone con livelli di vitamina D più alti presentavano attività di malattia e progressione ridotte, mentre le persone con livelli più bassi tendevano ad avere attività di malattia e progressione maggiori. Questo studio si aggiunge alle crescenti evidenze di un legame tra vitamina D e SM. Il dottor Alberto Ascherio, (Harvard School of Public Health, Boston) e colleghi hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista scientifica JAMA Neurology (pubblicato online il 20 gennaio 2014).

Un certo numero di fattori genetici ed ambientali possono influenzare lo sviluppo della sclerosi multipla. La ricerca ha evidenziato come un ridotto livello di vitamina D nel sangue possa essere un fattore di rischio per lo sviluppo di SM. La vitamina D è prodotta dal corpo umano quando la pelle è esposta alla luce solare, e può anche essere presente in alcuni alimenti. Nel modello sperimentale di SM il supplemento di vitamina D ha dimostrato ridurre gli effetti della malattia. Nelle persone con SM, alti livelli di vitamina D sono stati associati ad un rischio ridotto di attacchi e a disabilità meno gravi.

Alcuni studi clinici, tra cui uno sostenuto dalla National MS Society, sono attualmente in corso per verificare se il supplemento di vitamina D, aggiunto alla terapia standard, sia in grado di apportare benefici alle persone con SM. Anche se ci sono differenze di opinione su quanta vitamina D sia ottimale, una sua carenza è spesso definita come un livello sierico di 25-idrossivitamina D inferiore a 50 nmol per litro.

 

Lo studio
I ricercatori hanno cercato di determinare se i livelli di vitamina D osservati nelle fasi precoci della SM potrebbero predire il decorso di attività di malattia e la sua progressione. Lo studio ha tratto beneficio dei dati clinici accumulati nel trial clinico completato, lo studio BENEFIT, originariamente sponsorizzato dalla Bayer, che è stato progettato per determinare se l'interferone beta-1b può ritardare l'insorgenza della SM clinicamente definita nelle persone con sindrome clinicamente isolata (CIS) (un singolo episodio neurologico che indica un rischio alto per la SM).

Il gruppo del dottor Ascherio ha valutato i livelli di vitamina D tra le persone che hanno partecipato allo studio BENEFIT. Un totale di 465 partecipanti ha ricevuto almeno una misurazione di vitamina D e 334 persone sono state sottoposte a due misurazioni dei livelli di vitamina D rilevate sei e 12 mesi dopo l'inizio dello studio. Dei due gruppi partecipanti allo studio BENEFIT, uno ha ricevuto immediatamente interferone e l'altro ha ricevuto il farmaco in un secondo momento. Tutti i partecipanti sono stati seguiti per 5 anni.

Il gruppo del dottor Ascherio ha analizzato i collegamenti tra i livelli di vitamina D e ricadute SM, progressione di disabilità (usando la scala standard EDSS), e tra l’attività della malattia e l'integrità dei tessuti osservati con scansioni RMI. Hanno confrontato i risultati dei partecipanti i cui livelli sierici di vitamina D erano 50 nmol / L o superiori con quelli i cui livelli sierici erano inferiori a 50 nmol / l, nei primi 12 mesi dello studio. Dai risultati ottenuti emerge che le persone con alti livelli di vitamina D, indipendentemente dal fatto che avessero preso interferone o meno, avevano meno probabilità di progredire verso una diagnosi di SM definita, inoltre,presentavano una quantità significativamente minore di nuova attività di malattia alla RM, di perdita di volume dei tessuti cerebrali, e di progressione della malattia alla EDSS.

Conclusioni
Questi risultati si aggiungono alla crescente evidenza che la vitamina D può aiutare a ridurre gli effetti della SM. I risultati di studi clinici controllati, attualmente in corso in persone con SM, dovrebbero aiutare a determinare e definire l'impatto della vitamina D. Il dottor. Ascherio e colleghi commentano il lavoro che ancora rimane da fare. "Sono necessari ulteriori studi per determinare i livelli ottimali di vitamina D e se i risultati si possono applicare alle diverse razze o etnie, a pazienti con decorso SM progressivo secondario o primario, o in combinazione con farmaci diversi da IFNB-1b."

Referenze
Vitamin D as an Early Predictor of Multiple Sclerosis Activity and Progression. Ascherio A, Munger KL, White R, Köchert K, Simon KC, Polman CH, Freedman MS, Hartung HP, Miller DH, Montalbán X, Edan G, Barkhof F, Pleimes D, Radü EW, Sandbrink R, Kappos L, Pohl C. JAMA Neurol. 2014 Jan 20. doi: 10.1001/jamaneurol.2013.5993. [Epub ahead of print]