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03/09/2014

Volontariato: impegnarsi per una società più giusta e coesa è bello

In occasione del Mese del Volontariato AISM abbiamo intervistato il giornalista Giulio Sensi. Ci ha raccontato perché 6.5 milioni di italiani fanno i volontari e cosa c'è di bello e utile in questo mondo

«Ho 34 anni e senza le molte esperienze di volontariato che ho avuto non avrei semplicemente potuto fare il percorso che ho avuto il privilegio di fare». Giulio Sensi è giornalista, redattore di VolontariatOggi.info, web magazine del volontariato, e molto altro. «Non so se può essere definito un mestiere – dice - ma sicuramente la mia passione, di cui semplicemente campo senza arricchirmi ma con molta soddisfazione, è quella di curare e migliorare la comunicazione sui temi cosiddetti sociali. Lo faccio scrivendo e collaborando alle attività e alla comunicazione del Centro Nazionale per il Volontariato e della Fondazione Volontariato e Partecipazione. Nel mezzo faccio molte altre cose, dalla formazione al giornalismo free lance, sempre con l'obiettivo di fare qualcosa di utile oltre che di bello». In occasione del Mese del Volontariato AISM, durante il quale le Sezioni dell'Associazione organizzano incontri ed eventi di sensibilizzazione su tutto il territorio nazionale, gli abbiamo chiesto di «prestarci» i suoi occhi e la sua esperienza, per scoprire e raccontare quanto di bello e di utile ci sia un una vita da volontari.

Secondo una recente indagine ISTAT, 6,6 milioni di italiani svolgono attività gratuite a favore di altri, dentro un'organizzazione o anche individualmente. Visti dall'osservatorio della vostra rivista, come sono questi volontari? Cosa spinge una persona a questa scelta?
«La stessa ricerca che è stata portata avanti in collaborazione con la Fondazione Volontariato e Partecipazione e CSVnet ha indagato anche le motivazioni per cui le persone fanno volontariato. La metà dei rispondenti ha dichiarato di sentirsi meglio con sé stesso, il 41% di poter così allargare la rete dei rapporti sociali, il 28% di cambiare il modo di vedere le cose. L'impressione, giusta a mio parere, è che in definitiva aiutare gli altri sia una delle motivazioni del volontariato, nemmeno la principale. La sostanza però non cambia, perché il risultato è quello di impegnarsi per gli altri. Mi pare che ormai sia chiaro che esistano moltissime forme di volontariato che riflettono anche molti stili diversi: ci sono i volontari classici in divisa, con storie di impegno e dedizione di molti anni, ci sono quelli che si impegnano per cause collettive senza privilegiare le appartenenze. L'importante è che non venga perso lo spirito autentico del volontariato che è espresso anche dalla legge 266 sulle organizzazioni di volontariato quando si dice che l'attività volontaria “è quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà».

Tra le molte che incontri, quali storie di volontariato ti colpiscono?
«Ogni numero della rivista Volontariato Oggi dedica una pagina ad una storia di volontari. Le raccogliamo tramite contatti personali e conoscenza sul campo. Personalmente mi piacciono quelle di volontari che hanno una storia di impegno da protagonisti dentro le proprie organizzazioni, quelle di persone che hanno fatto una scelta di vita e anche un percorso lungo nel tempo, che magari ha un inizio e anche una fine, di dedizione e costruzione di relazioni, amicizie, competenze. Non amo le storie di eroismo, che spesso nascondono una retorica un po' esagerata, ma quelle di vita. Si scopre così che impegnarsi per gli altri rende le persone migliori, più realizzate, più capaci di affrontare le sfide che la vita di ognuno di noi ci pone».

Cercando, oltre le storie, uno sguardo complessivo sul mondo del non profit, che tipo di economia e di socialità nasce nei territori fortemente connotati dalla presenza di uomini e donne impegnati nelle organizzazioni non profit?
«Il volontariato è da sempre uno dei modi per attivare percorsi di creazione di valore sociale ed economico. Lo dimostra anche la storia della cooperazione sociale in Italia, che trova fra i suoi capisaldi di origine le esperienze di volontariato maturate fino all'inizio degli anni '90. È complicato in poche parole spiegare se sia il volontariato ad accrescere il benessere di un territorio o di una comunità o viceversa. Resta chiaro però che l'impegno gratuito per gli altri può generare un miglioramento dei sistemi di welfare, anzi ne è uno dei fattori di crescita, se però viene riconosciuto e governato in modo corretto dal pubblico. Così come è chiaro che ci sono territori in Italia che hanno visto crescere e proliferare i servizi insieme al ruolo del volontariato e del terzo settore in genere. È interessante osservare, e lo sarà ancora per diversi anni, come questi sistemi reagiscono e si riorganizzano in mezzo ad una evidente crisi di risorse pubbliche, non solo finanziarie, per le politiche sociali e più in generale per le politiche a tutti i livelli che hanno a che fare con i temi propri del volontariato (salute, cultura, ambiente etc.). La sensazione è che sia il volontariato che i decisori pubblici non abbiano ancora ben capito come cambiare e migliorare se stessi e la società in cui operano. Ma ci sono ampi margini di miglioramento».

Avete scelto dieci parole per raccontare il volontariato: responsabilità, cura, rispetto, educazione, integrazione, vigilanza, comunicazione, condivisione, bellezza e bene comune. Volendo appassionare al volontariato un italiano conosciuto casualmente per strada, da quale parola partiresti e perché?
«Domanda difficile, ma accetto la sfida. Partirei dalla bellezza, non per retorica, ma perché è una buona possibile materia prima per le metafore dell'impegno gratuito. La bellezza che ci circonda non è di nessuno, ma è di tutti, non è mai identica a sé stessa, ha bisogno di cura, è quasi impossibile, o è sbagliato, monetizzarla, può mutare e cambiare di forma ma rimanere tale. Può essere mutevole e sfuggevole, in sostanza non è mai identica a sé stessa ma cambia con gli occhi con cui viene guardata. Le nostre società disunite non sono belle, perdono di valore, rendono la vita più difficile da vivere. Così impegnarsi per una società più giusta e coesa, per difendere i valori che il mercato e l'egoismo minacciano è, perché no, un gesto di cura della bellezza».

Vengo da te e ti dico: "Ho 30 anni e non trovo lavoro". Mi consiglieresti di dedicarmi al volontariato?
«Purtroppo, o per fortuna, è una situazione che mi si è presentata diverse volte. Rispondo sempre in questo modo, parola per parola: ogni esperienza di impegno sociale, nel volontariato o nell'associazionismo in genere, dà sempre qualcosa di utile. Crea legami, rafforza le competenze, insegna a condividere, abitua ad operare in gruppo, apre innumerevoli possibilità anche lavorative. Quindi è da percorrere, stando attenti a non perdere le priorità che un giovane ha nella vita che sono quelle di crearsi un percorso di vita soddisfacente con la possibilità di guadagnare ciò che serve a realizzare le proprie ambizioni e aspirazioni personali e familiari».

E se, invece, lavoro tantissimo, ho famiglia, sono appena andato in pensione, pensi valga la pena comunque trovare uno spazio per la solidarietà attiva come volontario?
«I ritmi della vita lavorativa e familiare sono spesso ritenuti incompatibili con le attività sociali. Ma deve essere chiaro che, se esercitate con consapevolezza, sono invece una risorsa chiave per la crescita familiare. I figli di genitori impegnati hanno la possibilità, in genere, di conoscere valori ed esperienze e poi decidere la propria strada. Tante ricerche sociali dimostrano che ad impegnarsi di più nel volontariato organizzato sono proprio coloro che hanno certezze materiali a cominciare dalla possibilità di un reddito certo da lavoro fisso. Discorso diverso invece per i pensionati: la nostra società si è evoluta fino a diventare molto più longeva dal punto di vista di possibilità per le persone di vivere più a lungo e, almeno fino ad una certa età, in buone condizioni di salute. Abbiamo, semplificando un po', sempre più anziani giovani e in forze con un reddito da pensione certo e sempre più giovani senza possibilità. Quindi sono da incentivare e valorizzare tutte quelle forme di impegno nel volontariato dei pensionati perché hanno una valenza molto importante anche in chiave intergenerazionale».

L'essenziale è invisibile agli occhi. Un seminario di formazione civile a Lucca riprende questa suggestione di Saint Exupery. Tu come lo racconteresti questo essenziale?
«Da tempo abbiamo assunto come dato di fatto quello di vivere e operare in una società che ha infinite possibilità di accedere all'informazione e sta perdendo sempre di più la capacità di costruire conoscenza e saperi. La politica e i media dettano sempre di più l'agenda culturale impoverendola e credo che sia utile e sano prendersi del tempo per andare in profondità e analizzare il nostro mondo con più calma. Per questo il Centro Nazionale per il Volontariato propone il seminario con quel titolo, vuole essere un modo per far crescere la consapevolezza rispetto alle sfide che il volontariato a di fronte in un società in continua mutazione. Il modo per raccontarlo è il giusto mix fra le storie, l'attività formativa e l'analisi sociale proveniente dall'ampio raggio delle scienze sociali. Senza supremazia di nessuna fonte, ma con umiltà e capacità di ascolto».

Mettiti ora, se vuoi, nei panni di un genitore: come può educare i figli a una vera attenzione solidale agli altri? Che idea di futuro personale e collettivo può passare?
«Non sono genitore, ma credo da figlio ormai cresciuto di aver capito una cosa: i percorsi delle persone, specialmente dei giovani, non sono mai definitivi e il compito di chi vuole educarli non è imporre loro quello che ritiene giusto, ma semplicemente dare la possibilità di conoscere il buono che la vita ci offre. La giusta miscela fra il rispetto dell'autonomia e la maieutica capacità di tirare fuori dai giovani il bello che sempre hanno dentro, cercando di aprire gli orizzonti in tutti i sensi, anche geograficamente. Non una, ma molte idee di futuro, senza moralismi o imposizioni: quello che conta alla fine, e il volontariato ne è la dimostrazione, non sono le medaglie acquisite sul campo né il conteggio del bene fatto, ma la possibilità di poter costruire e coltivare il proprio e l'altrui benessere».

Giuseppe Gazzola