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10/10/2016

AISM al Festival Bergamoscienza 2016: «la storia di una ricerca che vuole cambiare la vita delle persone»

Giovedì 13 ottobre si svolge l'incontro "Sclerosi multipla: dalla ricerca alla pratica". Il valore della ricerca AISM, l'intervista al Prof. Gianvito Martino. La diretta streaming


È iniziata in questi giorni la XVI edizione di “Bergamoscienza”, il Festival di divulgazione scientifica che si sta imponendo come una delle realtà più interessanti per portare “la scienza in piazza e farla conoscere a tutti, soprattutto ai giovani delle scuole”.

 

AISM sarà presente alla manifestazione con un incontro intitolato: Sclerosi multipla: dalla ricerca alla pratica organizzato per giovedì 13 ottobre, dalle 8.30 alle 12.00 presso il Liceo Scientifico statale Lorenzo Mascheroni. L’evento potrà essere seguito anche in diretta streaming. Interverrà il Presidente FISM Mario A. Battaglia, la nostra Past President Roberta Amadeo, insieme a Maria Rosa Rottoli, Responsabile Neuroimmunologia ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo, a Grazia Zambelli, case manager della stessa struttura e a Gianvito Martino, nuovo direttore scientifico IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, co-fondatore di Bergamoscienza, e ricercatore sostenuto da AISM e la sua Fondazione da oltre vent’anni, che abbiamo qui intervistato più sotto.

 

L’impegno per una ricerca d’eccellenza, un diritto delle persone con SM
«Per parlare di AISM e la sua Fondazione, più che i discorsi, si possono usare i fatti», afferma il presidente FISM Mario A. Battaglia. I principali sono: 374 ricercatori dal 1987 a oggi e 56,8 milioni di euro destinati alla ricerca di eccellenza negli ultimi 26 anni. «AISM è stata ed è all’avanguardia tanto nella scelta di costruire una vera e propria scuola di ricercatori nella SM oggi riconosciuta nel mondo, quanto nella scelta di esplorare campi sfidanti, mai percorsi prima, per cambiare la vita delle persone, per trovare le risposte mancanti che possono consentire alle persone di curarsi con efficacia». Tra le ricerche innovative che l’Associazione sostiene da tempo ci sono, certamente, quelle sulle cellule staminali, su cui già dagli anni ’90 è impegnato anche Gianvito Martino, con un ambizioso progetto di ricerca sulle staminali neurali adulte. Proprio di questi giorni è la notizia che la Progressive MS Alliance – di cui AISM è tra i fondatori e principali finanziatori - ha scelto di finanziare con 4,2 milioni di euro un network internazionale, guidato sempre dal professor Martino, incentrato ancora una volta sulle staminali.

Ma la scelta di AISM è sempre di indagare a 360 gradi, anche nel campo delle staminali. Per questo, AISM sostiene da oltre dieci anni la ricerca sulle staminali mesenchimali – con il progetto MESEMS, primo al mondo di fase II condotto per verificare efficacia e sicurezza sulle persone con SM, e quella sulle cellule staminali ematopoietiche, che si sta delineando come una concreta possibilità terapeutica per le persone con una forma aggressiva recidivante-remittente di sclerosi multipla.

«Questa è AISM – dice ancora il Prof. Battaglia - un movimento con una lunga storia che sta costruendo futuro. Un’Associazione dove le persone con sclerosi multipla sono il cuore, il punto di partenza e di arrivo di ogni iniziativa e progetto, compresi quelli della ricerca, che non sono mai l’azione e il progetto di un singolo, per quanto importante, ma sempre una conquista collettiva di tanti per tutti. La Carta dei Diritti delle persone con SM e l’Agenda della Sclerosi Multipla 2020, che traduce i diritti in cento azioni concrete per cambiare lo stato delle cose e rivoluzionare il mondo della sclerosi multipla, sono la nostra strada per il futuro».

 

Professor Martino, qual è il valore di una scienza che si fa divulgazione, che cerca di parlare con tutti? Perché è importante in Italia?
«In Italia, come nel resto del mondo, l’analfabetismo scientifico è in continuo aumento. Sconfiggere questo tipo di 'ignoranza' è nostro compito precipuo, è il compito principale di una vera società della conoscenza, che è l'unico strumento sociale in grado di metter freno alle disparità dilaganti.  Sapere cosa fare e come comportarsi in situazioni che contemplano una conoscenza scientifica e tecnologica di base è fondamentale per far si che gli accadimenti della vita quotidiana so trasformino in opportunità per tutti e non nell'incubo di qualcuno. Conoscere non solo ci rende liberi ma ci rende anche meno plagiabili e condizionabili. Un evento come Bergamoscienza, che forma e informa tutti senza restrizioni di 'casta', è il nostro contributo ad una verso società della conoscenza, l’unica che può sconfiggere l’ignoranza ed il pregiudizio».

 

Se sono ammalato, oltre che con la malattia devo combattere anche con la fatica di capire la scienza?
«Se hai una malattia e non conosci bene quello che la ricerca e la scienza stanno conquistando, in termini di conoscenza e cura, sei ancora più debole e magari cadi nelle mani di un santone di turno che si sveglia una mattina e propone una cura miracolosa che, alla fine, non ti guarisce mai e fa solo aumentare la tua sofferenza».

 

Lei è ricercatore e medico: come si colloca, in questo orizzonte, un incontro pubblico sulla sclerosi multipla?
«È fondamentale, a mio avviso, che spieghiamo realmente, a tutti, cosa succede nei laboratori di ricerca dell’Ospedale quando si parla di terapie nuove o sperimentali. E la sclerosi multipla è stata in assoluto la malattia che, nell’ambito delle patologie neurologiche, ha avuto più successi per quanto riguarda lo sviluppo di nuove terapie, negli ultimi 40 anni. È dunque un esempio straordinario, da raccontare a tutti, anche al di là del mondo di chi è coinvolto nella SM, di come la ricerca scientifica seria possa trasformarsi in una cura concreta e reale, che può cambiare veramente il destino delle persone in maniera tangibile».

 

A proposito di ricerca che cambia la vita delle persone, questo è un periodo particolare anche per lei: in pochi giorni, prima ha ricevuto dalla Progressive MS Alliance, di cui AISM è tra i fondatori e principali promotori, un finanziamento da 4,2 milioni di euro e subito dopo è stato nominato nuovo Direttore Scientifico dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) dell’Ospedale San Raffaele di Milano. Al di là dei ruoli e dei finanziamenti, qual è il filo rosso che ha condotto la sua vita e l’ha portata a questi traguardi?
«Ho sempre pensato che alla lunga ciò che paga è il lavoro, la serietà e trasparenza nei rapporti con i colleghi e il profondo rispetto per le persone malate che sperano in una cura efficace. Ma non mi sento arrivato perché ho vinto un finanziamento importante o perché ho raggiunto una posizione professionale di rilievo. Vivo il nuovo ruolo di direttore scientifico dell’IRCCS San Raffaele come l’occasione per dare a tanti altri ricercatori come me, che basano tutto soprattutto sulle proprie forze, l’opportunità di lavorare in una istituzione che privilegia il merito, la trasparenza dei comportamenti ed il rispetto delle regole per poter fare carriera nell'ambito della ricerca, qualsiasi sia l'obiettivo che ci si pone o i traguardi che si vogliono raggiungere. E il finanziamento della PMSA più che un motivo di orgoglio è una forte responsabilità, un impegno, una nuova partenza: l’unica cosa di cui mi preoccupo è di arrivare alla fine dei prossimi quattro anni riuscendo veramente di completare il lavoro richiesto e ad individuare una o due molecole che possano diventare una cura per le forme progressive di sclerosi multipla. Si dice che fino a quando abbiamo sogni siamo giovani, quando smettiamo di sognare siamo diventati vecchi. Io ho ancora sogni da realizzare, come tanti giovani cui viene oggi diagnosticata la SM e desiderano una vita libera dalla malattia. Uno dei motivi per cui sono felice quando mi sveglio la mattina è quello di sapere che vado a fare un lavoro che amo perché è un lavoro che continua a sorprendermi, a meravigliarmi ed a appagarmi, soprattutto dal punto di vista culturale. Pensare di poter contribuire anche in minimissima parte ad alleviare le sofferenze altrui non può che essere motivo di felicità».

 

 

Intervista a cura di Giuseppe Gazzola