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31/05/2017

Sclerosi multipla: l'importanza della genetica

Intervista a Francesco Cucca, direttore dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irgb-Cnr) e professore di genetica medica dell’Università di Sassari

 Cucca

 

La sclerosi multipla (SM) è una patologia complessa, per la quale non è possibile rintracciare una sola causa quanto piuttosto un gruppo di fattori che concorrono insieme allo sviluppo della malattia. Classicamente si parla di una malattia multifattoriale, a identificare una patologia cui contribuiscono sia fattori ambientali che genetici. Fattori che singolarmente non hanno un grosso peso ma che combinandosi scatenano la malattia e che non sono ancora del tutto chiari. Oggi, però, grazie al lavoro del team di Francesco Cucca, direttore dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irgb-Cnr) e professore di genetica medica dell’Università di Sassari, ne sappiamo qualcosa di più. L'équipe di Cucca, infatti, ha scoperto una variante di un gene (TNFSF13B) associata alla sclerosi multipla e al lupus eritematoso sistemico, entrambe malattie a base autoimmunitaria. In particolare, i ricercatori hanno osservato che la variante identificata aumenta la quantità di una molecola (la citochina Baff) che a sua volta aumenta il numero dei linfociti B circolanti, confermando il ruolo di queste cellule, a lungo sottostimato, nella sclerosi multipla. Lo studio, “Overexpression of the Cytokine BAFF and Autoimmunity Risk”, pubblicato sul New England Journal of Medicine e svolto in collaborazione con Cnr, il CRS4, le Università di Sassari e Cagliari, l’Ospedale Brotzu e vari centri ospedalieri e universitari dell’Italia peninsulare ed europei, è stato cofinanziato dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM)».

 

Professor Cucca, perché è importante studiare le basi genetiche della sclerosi multipla?
«Identificare i fattori che concorrono allo sviluppo della sclerosi multipla è fondamentale, sia da una parte per adottare misure di prevenzione – soprattutto per quel che riguarda i fattori ambientali - sia, dall'altra, per mettere a punto strategie di trattamento sempre più efficaci e personalizzate, che colpiscano i meccanismi biologici alterati nella malattia. Alcune ricerche suggeriscono infatti che le possibilità che un farmaco, durante le fasi di sviluppo, arrivi alla fase 3, quella più avanzata di sperimentazione, sono maggiori se sono stati fatti studi di genetica. Prima ancora però studiamo il genoma per capire i meccanismi alla base della malattia. Al momento conosciamo circa 110 regioni del genoma associate al rischio di sclerosi multipla, ma sappiamo che queste spiegano solo una parte della componente genetica associata alla patologia. Alcune stime suggeriscono che ne siano implicati almeno altre duecento. Ma dobbiamo ricordare che la genetica spiega a sua volta solo un 20-30% del rischio: il resto lo fanno i fattori ambientali. Oltretutto, per la maggior parte delle associazioni genetiche fin qui descritte non sono note le specifiche varianti della sequenza di DNA primariamente implicate; e anche i meccanismi molecolari e gli effetti a valle, immunologici o di altro tipo, rimangono oscuri. E come cercare il responsabile di un crimine e sapere che probabilmente si trova in una provincia, senza conoscere con certezza nome, cognome, localizzazione precisa e cosa esattamente abbia fatto».

 

Qual è l'approccio che avete utilizzato nella vostra ricerca?
«Nel nostro studio abbiamo usato un approccio innovativo su una popolazione di decine di migliaia di individui. In particolare abbiamo effettuato un'analisi molto approfondita, basata sull’intera sequenza del genoma, sia dei fattori di rischio genetici della sclerosi multipla che di numerose variabili quantitative immunologiche. L'una si occupa di identificare variazioni nella sequenza del DNA (varianti genetiche) associate a patologie, l'altra invece studia il controllo genetico di parametri che come quelli biometrici – quali l'altezza o il peso – variano su una scala continua di valori all'interno di un range. Queste due aree della ricerca genetica sono rimaste storicamente separate. Noi abbiamo però combinato i due approcci, cercando delle coincidenze in cui una stessa variante genetica che influenza il rischio di malattia, nel nostro caso la sclerosi multipla, influenza anche parametri quantitativi, nel nostro caso il numero delle cellule immuni e i livelli di alcune molecole solubili del sistema immunitario. Da un lato, il sequenziamento dell’intero genoma aumenta la probabilità di identificare la variante genetica responsabile dell’associazione genetica. Dall’altro, l’analisi congiunta dei suoi effetti sul rischio di malattia e su variabili immunologiche misurabili ci permette di capire in che modo una determinata variazione di sequenza del DNA associata con sclerosi multipla influenzi l’espressione di molecole o la quantità di popolazioni cellulari coinvolte nella patogenesi della malattia. In questo caso del responsabile dell’evento esaminato conosciamo nome, cognome, indirizzo preciso (al livello della singola mattonella) e sappiamo esattamente cosa abbia fatto».

 

Gran parte del campione analizzato nel vostro studio proviene dalla Sardegna. Qual è l'importanza della popolazione sarda negli studi di genetica?
«La popolazione sarda è una popolazione molto informativa per gli studi di genetica. Oltre a essere la popolazione moderna che rappresenta meglio una delle tre componenti (quella neolitica) del genoma degli europei, nei sardi alcune varianti genetiche sono più frequenti rispetto al resto della popolazione continentale. Queste varianti genetiche 'arricchite' in frequenza nei sardi rendono più facile attribuire una determinata funzione a numerosi geni. Al tempo stesso però non ci limitiamo a guardare solo ai sardi, ma estendiamo lo sguardo anche ad altre popolazioni, per esempio nel nostro studio abbiamo osservato anche i genomi provenienti dall'Italia peninsulare, dalla Spagna, dal Portogallo, dal Regno Unito e dalla Svezia. Questo ulteriore livello di analisi fornisce informazioni preziose per ricondurre un’associazione genetica alla sua componente causale».

 

Qual è stato il ruolo della Fondazione italiana sclerosi multipla (FISM) nel vostro studio?
«I finanziamenti che ci sono arrivati dalla fondazione sono stati fondamentali sotto due aspetti. Quello economico, che ci ha permesso di portare avanti lo studio, raccogliendo le risorse di personale e strutture necessarie, ma anche morale se vogliamo. Sapere di lavorare rispondendo alle richieste che arrivano direttamente dai pazienti è un punto di riferimento importante per l'entusiasmo e la motivazione di tutti noi ricercatori».

 

Overexpression of the Cytokine BAFF and Autoimmunity
Risk, N Engl J Med 2017; 376:1615-1626, DOI: 10.1056/NEJMoa1610528