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28/11/2017

Le ultime novità sulla sclerosi multipla: dai meccanismi di sviluppo alla diagnosi

Il processo che porta alla perdita della mielina, i marcatori che indicano la gravità della malattia, nuove tecniche che aiutano a capire meglio come evolve la malattia. Ecco alcune delle novità emerse a ECTRIMS 2017

 

 

Ogni anno la comunità scientifica impegnata nel campo della sclerosi multipla si dà appuntamento al congresso ECTRIMS (European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis). Quest'anno, come succede ogni tre, l'evento è stato organizzato insieme ad ACTRIMS (Americas Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis): sono così arrivati a Parigi 10.000 tra i maggiori esperti di sclerosi multipla europei e americani - medici, scienziati, infermieri, persone con SM – per discutere degli avanzamenti della ricerca per la diagnosi e i trattamenti della patologia. È stato un momento di confronto e informazione molto importante. Di seguito vi proponiamo una breve sintesi di alcuni argomenti rilevanti trattati durante il meeting.

 

 

Lesioni corticali

Le lesioni demielinizzanti della corteccia cerebrale sono state al centro della lettura magistrale tenuta da Hans Lassman, direttore della Divisione di Neuroimmunologia al Centro di ricerca sul cervello di Vienna e professore onorario dall'University College di Londra. Il professor Lassman ha evidenziato l’importanza di studiare come la sclerosi multipla si presenta ed evolve dentro e sotto la corteccia, o nella sostanza grigia (nella regione corticale e sub corticale). Dal momento che si è osservato che un alto carico di queste lesioni corticali è presente nelle forme progressive di sclerosi multipla, e dato che colpiscono le funzioni cognitive, diagnosticarle e monitorarle è fondamentale. Emerge infatti un dato cruciale: in circa il 39% delle lesioni corticali – e nella sostanza grigia che appare normale – si presenta in realtà una riduzione molto importante del numero di neuroni e una forte diminuzione di connessioni sinaptiche.

 

Sappiamo anche che la demielinizzazione è associata all’infiammazione delle meningi, e che l’intensità dell’infiammazione riflette l’entità del danno dei tessuti attivi nella corteccia. Nelle lesioni corticali, inoltre, si osserva un forte danno da stress ossidativo che si collega alla patologia mitocondriale che determina la morte dei neuroni. In futuro sarà quindi fondamentale identificare i diversi meccanismi e fattori coinvolti in questo processo per comprenderlo meglio.

 

Sono necessari passi avanti anche nella rilevazione e nella misurazione delle lesioni corticali per aumentare le conoscenze sulla patogenesi della malattia. Come ha detto il professor Lasmman, le tecniche di risonanza magnetica attuali presentano alcuni limiti, e non si dispone di misure cliniche o di risonanza per misurare lo stresso ossidativo. 

 

 

Il fattore mielina

Le lesioni che colpiscono la mielina caratteristiche della sclerosi multipla possono essere riparate da alcune cellule, gli oligodendrociti, che producono nuova mielina. Tuttavia, la capacità di rimielinizzare peggiora con la progressione della malattia e le terapie disponibili non sono ancora in grado di migliorare questo processo. I processi demielinizzanti e rimielinizzanti sono stati al centro di diverse presentazioni durante il congresso: si è discusso di terapie che sembrano favorire la riparazione della mielina e di come è possibile passare dai risultati incoraggianti ottenuti in vitro a sperimentazioni in vivo.

 

Sul fronte delle tecniche di imaging e della possibilità di monitorare i processi di demielinizzazione e rimielinizzazione si è discusso della tecnica di imaging MTR (Tasso di Trasferimento di Magnetizzazione), osservando come tale tecnica permetta di osservare meglio il danno a carico degli assoni sia nella sostanza bianca sia nella sostanza grigia.

 

Sul fronte dei farmaci, invece, sono stati presentati i risultati relativi a nuove molecole che possono essere alla base dello sviluppo di trattamenti rimielinizzanti. Uno studio, per esempio, ha dimostrato in vitro che  un tipo particolare di cellule - gli agonisti del recettore Sigma-1R chiamati Dextrometorfano (DM) e ANAVEX2-73 - possono fornire una protezione per gli oligodendrociti, i loro precursori (OPC) e i neuroni del sistema nervoso centrale e promuovere la riparazione. Inoltre, ANAVEX2-73 ha anche aumentato la maturazione di OPC a oligodendrociti maturi.

 

Lo studio clinico SYNERGY di fase II ha invece valutato in persone con sclerosi multipla recidivante remittente l’efficacia rimielinizzante di opacinumab. Questo anticorpo monoclonale agisce bloccando LINGO 1, un regolatore negativo specifico della mielinizzazione del sistema nervoso centrale e della rigenerazione assonale. L'analisi post-hoc dei dati SYNERGY, presentata ad ECTRIMS, ha indicato un aumento dell'effetto di opicinumab (quando usato contemporaneamente all'interferone) rispetto al placebo solo nelle persone con durata più breve della malattia e con minor perdita di volume cerebrale. I ricercatori hanno annunciato l'avvio di uno studio di controllo di fase 2 (AFFINITY) per studiare ulteriormente l'effetto di opicinumab in questi pazienti.

 

Nuovi marcatori

Emergono da ECTRIMS alcune interessanti novità riguardanti potenziali marcatori della sclerosi multipla. I marcatori sono sostanze ben individuabili che, se collegate alla sclerosi multipla, possono essere seguite per conoscere meglio i suoi meccanismi e studiare strategie terapeutiche. In particolare, è stato evidenziato il ruolo della catena leggera dei neurofilamenti (NfL) come marcatore promettente per monitorare la gravità della malattia. Uno studio ha dimostrato che i neurofilamenti del sangue potrebbero essere usati in studi di Fase II come endpoint informativo sugli aspetti infiammatori e degenerativi della SM. In un altro studio - ADVANCE (peginterferon beta-1a ) - i livelli di neurofilamenti nel siero sono rimasti costantemente bassi nelle persone con NEDA (nessuna evidenza attività di malattia), mentre sono risultati più elevati e più variabili nelle persone con evidente attività di malattia. Per questo i ricercatori li reputano efficaci per il monitoraggio della malattia e del trattamento nella SM. Alcuni studi condotti su un numero ridotto di persone hanno evidenziato che i livelli di NfL nel liquido cerebrospinale (CSF) possono essere utili biomarcatori di danno assonale nella SM, di gravità predittiva della malattia e di conversione a SM definita.

 

Diagnosi e classificazione

Grazie all'avvento della risonanza magnetica, accanto alle rilevazioni cliniche, agli esami neurofisiologici e all'analisi del liquor, oggi la diagnosi di SM si basa su un insieme di criteri, cosiddetti di Mc Donald, stilati per la prima volta nel 2001, aggiornati nel 2005 e poi di nuovo nel 2010. L'evoluzione della tecnologia e le sempre maggiori conoscenze della malattia impongono però una continua revisione di questi criteri, ecco le variazioni discusse durante ECTRIMS relative al 2017.

 

Bande oligoclonali. La diagnosi di CIS - sindrome clinicamente isolata (CIS) - potrebbe essere più veloce utilizzando le bande oligoclonali (puntura lombare) insieme alla disseminazione nel tempo e nello spazio delle lesioni rilevabili con risonanza magnetica e alla valutazione clinica. Si può introdurre l’esame delle lesioni corticali e subcorticali per soddisfare la disseminazione nel tempo e nello spazio.

 

Lesioni spinali. L’analisi delle lesioni spinali tramite risonanza è importante per valutare meglio il possibile decorso della malattia. Infatti, è stato osservato che la presenza di un maggior numero di lesioni nel midollo spinale nei primi tre anni aumenta di 36 volte il rischio di entrate prima nella fase progressiva di SM.

 

Classificazione delle forme progressive. Per ciò che riguarda le forme progressive, è stato proposto di superare la classificazione attuale di SM primariamente o secondariamente progressiva, considerando piuttosto la progressione in se per sé. Si può avere una malattia attiva senza progressione o con progressione; oppure una malattia non attiva con progressione o senza progressione. Questo approccio permette una migliore diagnosi e rende più facile identificare e consigliare trattamenti specifici per le persone.

 

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