Salta al contenuto principale

05/06/2018

Qual è il modo migliore di usare la mindfulness nelle persone con SM?

Presentati al Congresso Scientifico Annuale della Fondazione dell'Associazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM) in corso a Roma, i risultati di due studi sull'efficacia della mindfulness nella SM: può ridurre sintomi depressivi e l'ansia, e in alcuni casi gli effetti si mantengono anche nel tempo

 

 

“Posso affrontare le situazioni difficili con serenità. Ho imparato a dare un valore diverso alle emozioni negative”, oppure “Sono più consapevole delle piccole cose, mi sento più calmo, ho più fiducia in me stesso”, o ancora, “Rallentare mi permette di scegliere con una maggiore consapevolezza”. Quando si chiede alle persone con sclerosi multipla (SM) di raccontare la propria esperienza con la mindfulness questo è quel che emerge, ed è ormai chiaro che questi interventi possono aiutare ad alleviare aspetti della sofferenza legati alle malattie croniche ma non necessariamente dovuti alle problematiche fisiche, e a migliorare la qualità di vita.

 

Durante il Congresso Scientifico FISM sono stati presentati due studi concentrati in questo ambito. Sebbene la mindfulness abbia catalizzato l'attenzione dei ricercatori negli ultimi anni, facendo crescere le pubblicazioni in modo esponenziale, in Italia gli studi di efficacia relativamente alla SM sono carenti. In particolare a mancare sono quelle relative alla depressione, tra i sintomi più diffusi della malattia: alcune stime suggeriscono che a soffrirne sia tra il 20% e il 40% delle persone con SM. Ma in alcuni casi gli studi soffrono anche di limiti metodologici, come la scelta di controlli inadeguati (quali ad esempio pazienti che ricevono cure standard).

 

Per cercare di colmare queste lacune, Luca Ostacoli, del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Scuola di Medicina, Università degli studi di Torino, insieme al suo team, ha condotto un trial clinico randomizzato in cui ha confrontato l'efficacia di un approccio di mindfulness (un training di otto settimane, con sedute settimanali della durata di tre ore) con un intervento di tipo psicoeducazionale. Lo studio, pubblicato su Frontiers in Psychology, è stato finanziato da AISM e la sua Fondazione. «L'obiettivo primario del nostro studio era sulla depressione, una condizione in cui abbiamo una svalutazione del sé e che rende lo sguardo verso il mondo opaco – racconta Ostacoli - il nostro lavoro è stato dunque fatto per cercare di aumentare la capacità di vedere in modo più chiaro, con un intervento mirato a potenziare la percezione dei cinque sensi, con un ascolto più attento alla natura e alle qualità delle persone, e invitando a prendersi cura di sé come una persona cara».

 

I risultati hanno mostrato che non solo i pazienti miglioravano nei sintomi della depressione, dello stress e dell'ansia alla fine dell'intervento, ma il miglioramento si manteneva anche a sei mesi di distanza, anche senza contatti tra pazienti e ricercatori. «L'altro aspetto interessante è stato la riduzione della fatigue che non è scesa sotto il valore soglia di significatività, ma rispetto all'inizio dello studio si è ridotta e si è mantenuta anch'essa a sei mesi di distanza», va avanti Ostacoli, «Al contrario l'ansia è migliorata durante l'intervento ma sei mesi dopo risaliva, anche se non proprio al valore iniziale: l'ipotesi è che questo miglioramento possa essere legato a una continuità delle pratiche formali in cui la persona si ferma e si dedica del tempo ogni giorno».

 

Alcune ricerche cercano anche di capire quali sono gli interventi migliori per proporre la mindfulness ai pazienti. Si potrebbe, per esempio, immaginare interventi online, sfruttando il potenziale della rete e la facilità di accesso per tutti, dal proprio pc di casa? È quello che hanno indagato altre ricerche sostenute da AISM e la sua Fondazione, condotte dal dott. Enrico Molinari e dal dott. Francesco Pagnini del Dipartimento di Psicologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

 

La mindfulness è stata testata con un approccio di telemedicina, paragonando - su un campione totale di 139 partecipanti - video caricati su una piattaforma online rispetto a con video informativi e una guida per la gestione dello stress. È stato osservato che alcuni benefici si hanno anche da remoto: la qualità di vita è migliorata nel gruppo sperimentale, e al tempo stesso sono diminuiti i sintomi legati all'ansia e alla depressione.

 

I risultati ottenuti online tuttavia non sembrano mantenersi nel tempo, mentre emerge il ruolo fondamentale delle relazioni inter-personali. «Il nostro modello prevede un maggior accento sulle pratiche inter-relazionali, con attività di ascolto arricchenti, che non avvengono fermandosi e dedicando un tempo nel corso della giornata ma nelle relazioni di tutti i giorni», comem Ostacoli.