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30/05/2018

Premio Montalcini: «La ricerca? Un amore a prima vista»

Veronica De Rosa è la vincitrice del Premio Rita Levi Montalcini 2018, assegnato a giovani ricercatori che si distinguono nel campo della ricerca scientifica sulla sclerosi multipla. L'abbiamo intervistata

 

 

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«La ricerca? Un amore a prima vista. Come ogni amore vero, ti restituisce molto di più di quello che le dai». Lo afferma Veronica De Rosa, classe 1979, vincitrice del Premio Rita Levi Montalcini 2018 per la ricerca sulla sclerosi multipla. Laureata a pieni voti nel 2002 in scienze biotecnologiche, ha conseguito nel 2008 il Dottorato in Oncologia ed Endocrinologia Molecolare presso l’Università degli Studi di Napoli "Federico II". Dal 2002 fa ricerca sulle interazioni tra sistema immunitario, metabolismo e infiammazione, sia in condizioni fisiologiche che in corso di malattie autoimmunitarie, come la Sclerosi Multipla ed il Diabete di tipo 1. Autore di 48 articoli scientifici, 11 firmati come primo nome, 4 firmati come ultimo nome, oggi Veronica De Rosa è leader di un gruppo di ricerca e lavora presso l’Istituto di Endocrinologia e Oncologia Sperimentale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IEOS-CNR) di Napoli, diretto dal Prof. Mario De Felice.

 

«La cercatrice della cura»

«La prima delle mie due figlie oggi ha 9 anni – confida Veronica De Rosa -: quando alla scuola materna le chiesero che lavoro facesse il padre disse che era un medico. Quando toccò alla mamma, disse che “faceva la cercatrice”. Cercatrice di cosa? - chiese la maestra divertita. E lei: “cerca la cura delle malattie”. In fondo, con gli occhi di bambina, ha visto lontano, dentro il mio cuore, nella sostanza dei miei desideri. La ricerca chiede molto: ancora oggi, quando devo lasciare gli esperimenti a metà per tornare a casa delle bambine, poi capita che alle 11 della sera telefoni per sapere come sono andati a finire. Poi ne parlo subito con mio marito, che per fortuna è anche lui ricercatore e si appassiona quanto me ai piccoli progressi quotidiani e non vive come un problema le mie telefonate notturne al laboratorio. Quando poi vado a letto, nel dormiveglia, continuo a ragionare sul tentativo che potrò fare il giorno dopo. Ma il pensiero di contribuire a trovare la cura anche per una sola persona ripaga di tutto. È come coi figli: tu fai mille sacrifici per loro, però quando ti guardano con amore e ti abbracciano dimentichi tutte le ansie che hai sopportato. E quello che ricevi, in quel momento, ti sembra infinitamente più grande di quello che hai fatto per loro. Vivo con questo spirito anche questo prestigioso riconoscimento del Premio Rita Levi Montalcini: ho dedicato la vita alla ricerca, probabilmente è un riconoscimento meritato, ma anche questa volta mi sembra che ciò che ricevo in cambio  sia molto più grande di quello che ho dato. Perché ciò che questo Premio mi consegna è l’invito a dare il mio contributo perché tante altre persone giovani come me possano scegliere la propria strada nella vita, lavorare dando il meglio di sé, guardare con fiducia al proprio domani».

 

La carica innovativa della ricerca di Veronica sta nell’avere aperto, serratura dopo serratura, le ‘porte’ del sistema immunitario e del metabolismo delle singole cellule, fino a comprendere sempre più da vicino i meccanismi intracellulari che stanno sotto alla sclerosi multipla: «Oggi le persone giovani che ricevono la diagnosi di sclerosi multipla possono guardare con ottimismo al futuro – assicura -, nonostante e oltre la loro malattia. Da una parte, la rapidità della diagnosi e le terapie sempre più numerose consentono di fare passi da gigante nel migliorare la qualità della vita. Dall’altra parte stiamo raggiungendo sempre più da vicino la comprensione dei meccanismi molecolari che agiscono nella SM. Comprendere un meccanismo che non funziona a livello molecolare è la chiave di volta per poterlo correggere. E correggere il difetto per cui un individuo sviluppa una malattia autoimmunitaria come la SM significa agire sul suo sistema immunitario. Ci stiamo provando. E ci stiamo avvicinando alla possibilità di riuscirci».

 

Un percorso partito da lontano

«Mi sono innamorata della ricerca alla fine del Liceo – racconta - e mi sono iscritta alla Facoltà di Biotecnologie perché volevo studiare da vicino i segreti della genetica e della vita delle nostre cellule. Poi mi sono appassionata all’immunologia e allo studio del sistema immunitario. Già al secondo anno di Università ho chiesto al Prof. Serafino Zappacosta, primo docente di Immunologia in Italia, se potevo svolger eil mio lavoro di tesi presso il suo laboratorio. Dal 1999 al 2002 ho lavorato sotto la suprvisione del Prof. Luigi Racioppi. Nel 2003, dopo la laurea, ho vinto un Dottorato di ricerca seguito prima dal Prof. Zappacosta e dopo dal Prof. Giuseppe Matarese: era appena tornato da Londra e stava realizzando i primi studi sull’interazione tra la leptina (ormone del grasso corporeo) e il sistema immunitario. La nostra prima pubblicazione in questo campo risale al 2006 [1] e da allora non ho mai smesso di cercare di svelare i segreti del sistema immunitario, che di per sé non fa nulla, ma fa tutto: non pompa il sangue, non digerisce il cibo, ma non potremmo vivere senza di esso. Non c’è nessun processo biologico, buono o cattivo, fisiologico o patologico, che non lo veda coinvolto. Il mio obiettivo scientifico è sempre stato quello di caratterizzare, nelle malattie autoimmmunitarie e in particolare nella sclerosi multipla, le alterazioni funzionali a carico delle “cellule T regolatorie”. Sono le “cellule sentinella” del nostro corpo, che “tengono a bada” quelle potenzialmente pericolose per il nostro corpo, perché reattive verso i nostri organi. In letteratura molti studi dimostrano che p nella SM le cellule T regolatorie sono funzionalmente alterate. Proprio per cercare di capire i motivi di questa disfunzione, ho iniziato a focalizzare la mia attività di ricerca sulle interazioni esistenti tra il sistema immunitario e il metabolismo intracellulare».

 

 

Le ricerche sul ruolo "patogenetico" della leptina

«Quando parliamo comunemente di metabolismo – spiega la dottoressa De Rosa – vengono in mente i livelli di glicemia e di colesterolo che si riscontrano nelle analisi del sangue. In realtà ogni cellula ha un proprio metabolismo. Con il nostro gruppo siamo partiti dall’ipotesi che le alterazioni funzionali riscontrate a carico delle cellule T regolatorie potessero avere come causa principale un sovraccarico metabolico, che ne determinava un esaurimento funzionale. In questo quadro, nel 2006 abbiamo pubblicato uno studio preliminare sul modello animale dell’EAE (Encefalomielite Autoimmune Sperimentale), che mima la sclerosi multipla, dove abbiamo evidenziato il ruolo patogenetico svolto per l’insorgenza dell’EAE da parte della leptina. Si tratta di una citochina prodotta dal nostro tessuto adiposo. Nel 2007 [2] abbiamo evidenziato che la  leptina era direttamente capace di inibire il corretto funzionamento delle cellule T Regolatorie e della loro capacità di ‘tenere a bada’ le cellulle effettrici [3] del nostro sistema immunitario».

 

Entrando ancora di più nei meccanismi intra-cellulari, un’ulteriore ricerca condotta da Veronica De Rosa  insieme a Claudio Procaccini, sempre nel gruppo condotto dal Prof. Matarese, ha individuato in una pubblicazione del 2010 [4] un altro fattore chiave di spiegazione dei meccanismi immunitari e metabolici interni alle cellule, legato alla molecola che si chiama M-TOR (Mammalian Target of Rapamycing): «a livello intracellulare – spiega - abbiamo evidenziato come la  leptina attivi m-TOR nelle cellule T regolatorie determinandone un deterioramento funzionale».

 

Dopo avere caratterizzato il funzionamento delle cellule del sistema immunitario e la correlazione tra un cattivo funzionamento delle cellule T regolatorie e l’eccesso di leptina e di m-TOR «nel 2014 – aggiunge la stessa dottoressa De Rosa - con una pubblicazione su Nature Medicine [5] insieme alla Dr. Fortunata Carbone del gruppo Matarese, abbiamo isolato le cellule T-regolatorie da un’ampia casistica di soggetti con SM a diagnosi e abbiamo osservato che presentavano alti livelli di m-TOR. Così abbiamo dimostrato che il motivo per cui nel sangue periferico di un soggetto con SM c’è una incontrollata reattività contro la guaina mielinica è il cattivo funzionamento delle cellule T regolatorie dovuto alla iperattivazione della chinasi m-TOR. Questa chinasi normalmente dovrebbe essere molto attivata nelle cellule effettrici, che ci devono difendere dalle infezioni. Ma una iperattivazione di M-TOR nelle cellule T regolatorie fa sì che queste non riescano a proliferare come dovrebbero, né a produrre adeguatamente le citochine anti-infiammatorie. Di conseguenza i linfociti autoreattivi, che tutti abbiamo in circolo, non vengono inibiti e restano liberi di  attaccare e distruggere la guaina mielinica».

 

Ultimo approdo (ad oggi): “FOX-P3” e risposta immunitaria nelle persone con SM

Il percorso innovativo intrapreso dalla dottoressa De Rosa dimostra, una volta di più, che per arrivare a risultati di eccellenza servono tempi lunghi e molta tenacia. Ma dimostra anche il valore fondamentale della ricerca di base: per andare avanti, verso una terapia risolutiva, bisogna ‘tornare indietro’, risalire la corrente e tornare alla fonte, partendo dall’evidenza clinica della sclerosi multipla per entrare sempre più a fondo nei meccanismi biologici che regolano il funzionamento delle singole cellule. «Continuando a esplorare i meccanismi cellulari alterati nella sclerosi multipla – aggiunge De Rosa – abbiamo iniziato a studiare non solo il piccolo serbatoio delle cellule T regolatorie prodotte dal timo, al momento della nascita, ma anche le cellule T regolatorie che vengono prodotte nel sangue periferico a ogni round di infezione, ogni volta che abbiamo la febbre, ogni volta che veniamo esposti un antigene esterno. Così nel 2015 [6], insieme al Dr. Mario Galgani dello IEOS-CNR e al Prof. Antonio Porcellini dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II" abbiamo pubblicato un ulteriore studio dove si dimostra che le persone con sclerosi multipla, quando attivano come tutti una reazione immunitaria contro un agente infettivo proveniente dall’esterno, non generano correttamente la quota di cellule T Regolatorie che poi devono spegnere quella reazione. E anche in questo caso siamo andati a guardare dentro le cellule e abbiamo visto che rispetto ai soggetti sani, i linfociti dei soggetti con SM presentano un ridotto metabolismo del glucosio, che si chiama glicolisi. Nei soggetti con SM questo metabolismo glicidico è insufficiente, come se le cellule fossero esaurite funzionalmente: per questo non si genera a livello periferico la quota di regolazione che normalmente poi spegne la risposta immunitaria».

 

Il sogno e la realtà: verso nuove vie terapeutiche

Lo studio del 2015 sta ora aprendo una nuova possibilità di indagine terapeutica: «nel sangue periferico - spiega – esistono alcuni precursori delle cellule T regolatorie che siamo in grado di estrarre. Dopo averle dunque ottenute dal sangue delle persone con SM, in laboratorio stiamo cercando di attivarle con opportuni stimoli, per ripristinare la genersi delle cellule T regolatorie correttamente funzionanti. Infine vorremmo o infonderle nuovamente nelle persone con SM in modo che tornino a produrre un’azione regolatoria capace di tenere a bada le cellule infiammatorie, o correggere il difetto direttamente nel paziente attraverso opportune manipolazioni metaboliche. Ovviamente il percorso è lungo: prima bisogna fare prove in vitro, poi nei modelli animali, poi bisogna studiarne l’eventuale tossicità e la sicurezza, come in ogni trial. Ma esistono già studi clinici analoghi che sono stati applicati in altre patologie (come il Diabete). Insomma, siamo su una strada promettente: se si riuscirà a correggere il malfunzionamento del sistema immunitario si potrà pensare di bloccare la sclerosi multipla a diagnosi prima il nostro sistema immun itario distrugga completamente la mielina».

 

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Note

[1] De Rosa V, Procaccini C, La Cava A, Chieffi P, Nicoletti GF, Fontana S, Zappacosta S, Matarese G. Leptin neutralization interferes with pathogenic T cellautoreactivity in autoimmune encephalomyelitis. J. Clin. Invest. 2006 Feb;116(2):447-55.
[2] De Rosa V, Procaccini C, Calì G, Pirozzi G, Fontana S, Zappacosta S, La Cava A, Matarese G. A keyrole of leptin in the control of regulatory T cellproliferation. Immunity. 2007 Feb;26(2):241-55.
[3] Nell’immunità cellulare, le cellule effettrici sono i linfociti B e T che attaccano un antigene secernendo anticorpi che legano l’antigene o liberando molecole che demoliscono le cellule caratterizzate dalla presenza dell’antigene.
[4] Procaccini C, De Rosa V (First Co-author), Galgani M, Abanni L, Calì G, Porcellini A, Carbone F, Fontana S, Horvath TL, La Cava A, Matarese G. An oscillatory switch in mTOR kinase activity sets regulatory T cell responsiveness. Immunity. 2010 Dec 14;33(6):929-41.
[5]Carbone F, De Rosa V (First Co-author), Carrieri PB, Montella S, Bruzzese D, Porcellini A, Procaccini C, La Cava A, Matarese G. Regulatory T cell proliferative potentialisimpaired in human autoimmune disease. Nat. Med. 2014 Jan;20(1):69-74.
[6]De Rosa V1,2, Galgani M1, Porcellini A3, Colamatteo A2,4, Santopaolo M5, Zuchegna C3, Romano A3, De Simone S1, Procaccini C1, La Rocca C1, Carrieri PB6, Maniscalco GT7, Salvetti M8, Buscarinu MC8, Franzese A9, Mozzillo E9, La Cava A10, Matarese G4,11.
Glycolysis controls the induction of human regulatory T cells by modulating the expression of FOXP3 exon 2 splicing variants.Nat Immunol. 2015 Nov;16(11):1174-84. doi: 10.1038/ni.3269. Epub 2015 Sep 28.