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24/05/2016

Alice Laroni: a lei il Premio Rita Levi-Montalcini 2016

Ricerca di base sulle cause della malattia e ricerca clinica sulle cellule staminali mesenchimali. Sono i due campi di studio sui lavora la vincitrice del riconoscimento che ogni anno la FISM assegna a giovani ricercatori che si sono distinti nella lotta contro questa malattia

Congresso FISM - Laroni Battaglia
Nella foto: da sinistra, la dott.ssa Alice Laroni e il Prof Mario Alberto Battaglia alla consegna del Premio Rita Levi Montalcini in occasione del Congresso FISM 2016 

 

«Quando ero bambina sognavo di fare il medico, ero affascinata proprio dal mistero del cervello, dal desiderio di scoprire le cause delle malattie che lo colpiscono. Sin dall’inizio del mio percorso di studi volevo fare ricerca sulla SM. La tesi di laurea in Medicina era centrata sulla genetica nella sclerosi multipla. Quando poi nel 2009 ero negli Stati Uniti presso il laboratorio condotto da Howard Weiner alla Harvard Medical School, ho presentato una mia proposta di ricerca al Bando della Fondazione di AISM. E ho vinto una borsa di studio per tornare in Italia». Parole di Alice Laroni, la vincitrice 2016 del Premio Rita Levi-Montalcini, che dal 1999 viene assegnato per riconoscere l’impegno e il valore dei giovani ricercatori nella ricerca scientifica sulla SM. Laureata in Medicina e Chirurgia nel 2004 a Padova con il massimo dei voti, una specializzazione in Neurologia sempre a Padova nel 2009 e un dottorato di ricerca a Genova nel 2015, Alice è un esempio nitido del valore seminato dalla “scuola di ricerca” AISM, cresciuta sotto l'ala di due tra i massimi esperti di SM a livello nazionale ed internazionale: il professor Gianluigi Mancardi, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze (DINOGMI) dell’Università di Genova e il professor Antonio Uccelli, responsabile del laboratorio di Neuroimmunologia della stessa Università.

 

Ma è anche innanzitutto una donna e una mamma: «se una donna vuole diventare mamma, deve realizzare questo desiderio - dice - Diventare mamma è un’esperienza che dà molto e non toglie niente, neanche alla carriera professionale. Io, poi, quando la sera ho messo a letto il bimbo spesso torno al computer a lavorare. E la mattina lo porto al nido aziendale dell’Ospedale San Martino, dove lavoro tutto il giorno. Passo continuamente da una passione ad un’altra».

 

Co-autrice di 21 pubblicazioni sulla SM, ha ricevuto il Premio Rita Levi Montalcini soprattutto per i risultati ottenuti in due importanti ambiti della ricerca sulla SM: la ricerca di base sulle cause che possono scatenare la malattia e la ricerca clinica su nuovi trattamenti, legata in particolare alle cellule staminali mesenchimali. Le abbiamo fatto alcune domande sulla sua attività di ricerca.

 

Di cosa ti occupi in laboratorio?
«Mi sono focalizzata sulla neuro immunologia, sull’interazione tra sistema immunitario e cervello – spiega -. Nell’ultimo studio pubblicato, a inizio 2016 [[1]], abbiamo studiato le cellule regolatorie del sistema immunitario innato. Si ritiene che sia costituito dai ‘soldati semplici’ dell’immunità. Alcuni di questi ‘soldati’ si chiamano ‘natural killer’ (NK) e hanno il ruolo di attaccare e ‘uccidere’ le cellule malate del nostro corpo. Le cellule tumorali o quelle infettate da virus vengono assalite ed eliminate dalle cellule NK».

 

A quali risultati è giunta allora la vostra ricerca sulle cellule NK?
«Abbiamo visto in laboratorio come le cellule NK non solo attaccano i tumori o le cellule infettate da virus, come è noto da tempo, ma nelle persone sane sono anche in grado di “uccidere” i linfociti T. Questi linfociti, così chiamati perché hanno origine nel timo, un piccolo organo ghiandolare, sono i responsabili di molte delle nostre risposte immunitarie. Ma nella SM, per semplificare, non funzionano bene: provocano un eccesso di infiammazione e sono dunque alla base dell’attacco autoimmune verso la mielina. Le cellule NK, dunque, sono in grado, di prevenire in chi è sano un eccesso di infiammazione. Nella SM invece, per quanto abbiamo osservato, le cellule NK non riescono a svolgere questa funzione, perché gli stessi linfociti T liberano alcuni segnali che inibiscono l’azione dei killer naturali del sistema immunitario innato». 

 

Che conseguenze possono avere queste scoperte per la vita delle persone?
«Anche se il nostro studio è solo una ricerca immunologica di base, potrebbe aprire la via alla messa a punto di terapie che riescano a ripristinare la corretta funzione delle cellule NK e dunque un adeguato controllo dell’attivazione dei linfociti T. Dopo il nostro è uscito un secondo articolo, di un gruppo tedesco [cercare riferimento, Ndg], che ha riportato dati molto simili. È molto importante nella scienza che un dato sia confermato da diversi gruppi tra loro indipendenti. Nel nostro caso, questa convergenza potrebbe suggerire di agire sui meccanismi regolatori del sistema immunitario innato per trovare la cura della SM. Tra l’altro di recente l’Agenzia Regolatoria Europea, EMA, ha approvato una nuova terapia, Daclizumab, che agisce proprio aumentando il numero delle cellule NK».

 

L’altro ambito della tua ricerca è legato al Progetto MESEMS. Co-finanziato dalla Fondazione di AISM, è il primo studio clinico che utilizza le staminali mesenchimali sull’uomo.
«Il principal investigato dello studio MESEMS è il professor Uccelli. Affiancarlo nella progettazione e nella realizzazione dello studio è stata un’esperienza unica e innovativa, proprio perché un progetto nato dalla ricerca di base in laboratorio è arrivato ad essere applicato direttamente nell’uomo. Non capita spesso, che si riesca a compiere l’intero tragitto fino ad arrivare a vedere il possibile impatto di un progetto sulla vita delle persone».

 

Di recente avete pubblicato uno studio su questo ambito [2]. A che punto siamo, più o meno, con questo progetto di ricerca?
«La ricerca intende reclutare 185 persone con SM per sperimentare sicurezza ed efficacia di un trattamento con cellule staminali mesenchimali a confronto con un trattamento placebo. Lo stesso protocollo viene attuato oggi in 7 nazioni: Iran, che ha iniziato da pochissimo, Francia, Spagna, Inghilterra, Danimarca, Canada e Italia partecipano tre Centri (Genova, Milano San Raffaele e Università di Verona Italia). A oggi sono stati arruolati 120 pazienti, di cui 30 in Italia».

 

Secondo un proverbio africano, chi vuole arrivare per primo corre da solo, chi vuole arrivare lontano cammina insieme agli altri. Ora che sei arrivata prima al ‘traguardo’ del Premio Rita Levi Montalcini 2016, quanto conta lavorare in sinergia con tanti altri ricercatori, nel tuo laboratorio, tra gruppi in Italia, nel mondo?
«Conta tantissimo. È fondamentale lavorare in un gruppo, da soli non si arriva da nessuna parte. In tutti i contesti in cui ho lavorato c’è stato uno scambio importante con i miei colleghi. Altrettanto fondamentale, per andare avanti, è lo scambio con i gruppi e i colleghi degli altri Centri, perché ti danno anche quell’apertura mentale, quelle nuove domande che magari non ti vengono neanche in mente se resti sempre chiusa nel tuo orticello. Per come la vedo io, la rete nazionale dei ricercatori dedicati alla SM è una rete molto forte e viva, un contesto ideale di scambio in cui sono cresciuta molto e in cui ogni giovane ricercatore italiano può crescere».

 

Il Premio Rita Levi Montalcini 2016 è un traguado importante per un giovane ricercatore impegnato nella lotta alla sclerosi multipla. Crescono gli scienziati che fano propria questa missione scientifica e umana, e cresce anche lo spirito di gruppo, di collaborazione: «È fondamentale lavorare in un gruppo, da soli non si arriva da nessuna parte. In tutti i contesti in cui ho lavorato c’è stato uno scambio importante con i miei colleghi. Altrettanto fondamentale, per andare avanti, è lo scambio con i gruppi e i colleghi degli altri Centri, perché ti danno anche quell’apertura mentale, quelle nuove domande che magari non ti vengono neanche in mente se resti sempre chiusa nel tuo orticello. Per come la vedo io, la rete nazionale dei ricercatori dedicati alla SM è una rete molto forte e viva, un contesto ideale di scambio in cui sono cresciuta molto e in cui ogni giovane ricercatore italiano può crescere».

 

Note


[1] Laroni A., Armentani E., Kerlero de Rosbo N., Ivaldi F., Marcenaro E., Sivori S.,Gandhi R., Weiner HL,  Moretta A., Mancardi GL, Uccelli A. Dysregulation of regulatory CD56bright NK cells/T cells interactions in multiple sclerosis. J. Autoimmunity, Journal of Autoimmunity (2016).

[2] Laroni A, Rosbo NK, Uccelli A. Mesenchymal stem cells for the treatmet of neurological diseases: Immunoregulation beyond neuroprotection. Immunol Lett. 2015 Aug 18

 


 

 

Testo di Giuseppe Gazzola