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CCSVI e sclerosi multipla

 

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Cosa è la CCSVI
Il termine insufficienza venosa cerebro-spinale cronica (CCSVI) si riferisce alla descrizione di un’anomalia del flusso di sangue in cui il sistema venoso, a causa di malformazioni che provocano un restringimento delle principali vene cerebrali, non è in grado di rimuovere efficacemente il sangue dal sistema nervoso centrale. Tale anomalia è stata descritta e studiata per la prima volta nel 2008 dal Prof. Paolo Zamboni e dai suoi collaboratori presso l’Azienda Ospedaliera - Universitaria di Ferrara e dal Dott. Fabrizio Salvi dell’Università di Bologna. I loro studi preliminari hanno portato all’ipotesi che la CCSVI fosse fortemente associata alla sclerosi multipla e che potesse contribuire alla formazione dei danni del sistema nervoso centrale che caratterizzano la malattia. Questi dati e queste ipotesi non sono stati confermati dagli studi successivi sinora pubblicati.

 

Sulla connessione tra insufficienza venosa e sclerosi multipla
I risultati derivanti da convegni nazionali e internazionali hanno portato ad un accordo la comunità scientifica: allo stato delle ricerche oggi disponibili, la CCSVI non è la causa della SM. La CCSVI viene riscontrata anche in soggetti sani, e diversi studi la rilevano con una frequenza del tutto sovrapponibile a quella che si riscontra nelle persone con SM. Dunque potrebbe essere una variabile interindividuale totalmente indipendente dalla sclerosi multipla, o da altre patologie. Gli studi sinora pubblicati confermano quanto segnalato dal Ministero della Salute nella circolare del 4 marzo 2011, e cioè che «allo stato attuale non è definito alcun rapporto certo tra CCSVI e SM» e che non è «dimostrata la correlazione epidemiologica» tra CCSVI e sclerosi multipla.

 

L’impegno di AISM e lo studio COSMO
AISM e  la sua Fondazione insieme alle altre associazioni internazionali sulla SM, ha coordinato studi innovativi sulla CCSVI nella SM. In particolare, ha investito 1,5 milioni di euro per il più grande studio osservazionale multicentrico condotto in questo campo di ricerca, per stabilire la natura dell'associazione tra CCSVI e SM. In occasione di ECTRIMS 2012 sono stati presentati i risultati di questo studio e a inizio settembre 2013 la ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Multiple Sclerosis Journal.
I risultati dello studio CoSMo dicono che il 97% circa delle persone con sclerosi multipla non ha la CCSVI, il restante 3% non ha rilevanza statistica ai fini della sclerosi multipla, poiché l’altro dato che emerge dallo studio è che è riscontrabile in percentuali del tutto analoghe anche in pazienti con altre malattie neurologiche (3,1%) e persino nei controlli sani (2,1%). Da questi dati si evince che la CCSVI non è specifica della sclerosi multipla.

Negli USA e in Canada, la National MS Society (USA) e l’Associazione Canadese, hanno stanziato oltre 2,4 milioni di dollari per supportare 7 nuovi progetti di ricerca. Molti altri progetti indipendenti sono in corso e avremo nel prossimo futuro un quadro definitivo di queste ipotesi. Anche sulla CCSVI, coerentemente con il suo impegno a 360 gradi in ogni ambito promettente di ricerca sulla SM, AISM ha sostenuto la ricerca di eccellenza al fine di dare risposte certe e concrete alle persone con sclerosi multipla.

 

Domande frequenti su CCSVI e SM

Le persone con SM dovrebbero sottoporsi a esami per verificare la presenza della CCSVI?
Al momento nessun collegamento causa-effetto è stato dimostrato tra CCSVI e SM. Secondo i risultato dello studio CoSMo, la condizione della CCSVI si verificar anche in persone com altre patologie neurologiche e sani. Ad oggi anche gli studi interventistici non hanno dimostrato efficacia in persone con SM.

 

Oggi le persone con sclerosi multipla possono essere trattate per la CCSVI?
Fino a quando non saranno prodotte forti evidenze sperimentali di supporto, e fino a che i rischi del trattamento non saranno completamente definiti, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla raccomanda alle persone con SM di non sottoporsi all’operazione, se non all’interno di studi clinici controllati e di non affidarsi a cliniche private. Gli ultimi dati pubblicati nello studio Brave Dreams dicono che l'intervento non è efficace per le sclerosi multipla e quindi non è indicato per le persone con SM.
Qualora una persona con SM decida comunque di praticare l’intervento, AISM raccomanda di parlare con il proprio neurologo, di esigere da chi esegue l’intervento un’informazione corretta sui rischi legati all’operazione e sull’assenza ad oggi di dimostrazioni scientifiche a sostegno dell’efficacia dell’operazione stessa. Il Ministro della Salute ha espresso la propria posizione in una circolare agli Assessori Regionali del 27 ottobre 2010: che gli interventi vengano effettuati nell’ambito di studi clinici controllati. Tale circolare precisa che il trattamento “correttivo endovascolare” della CCSVI in persone con SM, già utilizzato da alcuni clinici, può continuare, a condizione che vengano rispettate cinque condizioni coesistenti per gli interventi. L’ultima condizione è che vengano verificati: “rigorosamente risultati terapeutici e funzionali, con studi clinici controllati”. 

 

Come si svolge l’intervento nella sperimentazione del professor Zamboni?
Vengono utilizzati cateteri con "palloncini" per allargare la vena che mostra il restringimento. All’estero hanno anche inserito stent nelle vene per aiutare a mantenere le vene aperte, ma questa procedura è sconsigliata e potenzialmente pericolosa. Lo stesso Prof. Zamboni infatti si è dichiarato contrario all’utilizzo dello stent anche in caso di restenosi perché lo stent tende a migrare dal luogo di applicazione potendo determinare ulteriori gravi complicanze.
L’approccio con il catetere dilatato a palloncino viene fatto tramite inserimento di un catetere attraverso le vene fino ad arrivare alla vena da trattare.

 

Quali sono le potenziali complicanze di questa procedura?
Emorragie e/o ecchimosi nel punto di inserimento del catetere, emorragia da perforazione lungo il percorso dal catetere vascolare, spostamento di coaguli di sangue lungo il percorso del catetere, formazione e dislocazione di coaguli dalla punta del catetere, infezioni. Nel numero di gennaio 2010 sulla rivista Annals of Neurology sono stati descritti due casi di complicanze dopo trattamento della CCSVI in particolare una donna di 51 anni è morta per emorragia cerebrale, la signora stava assumendo un anticoagulante per rendere più fluido il sangue e cioè per ridurre al minimo il rischio di formazione di coaguli post intervento endovascolare per CCSVI, mentre il secondo caso segnalato riguardava l’utilizzo dello stent inserito nella vena giugulare per mantenere il flusso della vena, lo stent si è staccato ed è arrivato al cuore. Anche all’interno di studi controllati i rischi esistono comunque ed esistono ogni volta che si fa qualcosa di invasivo. In particolare nel caso della dilatazione della vena i rischi possono essere di tipo trombotico o emorragico. Per diminuire i rischi di tipo trombotico è stato evidenziato che una profilassi con eparina a basso peso molecolare contrasta tali eventuali problemi. Per quanto riguarda invece le emorragie, quelle rilevate negli studi del Prof. Zamboni sono state solamente nel punto dell’iniezione. Infine esiste un rischio potenziale di reazione da mezzo di contrasto. Comunque la frequenza di questi rischi, è effettivamente molto bassa, in quanto in totale, mettendo assieme complicanze maggiori e minori, è inferiore al 3%. Un aspetto importante è che, in base alle attuali conoscenze, dopo l’intervento di dilatazione una percentuale significativa va incontro a nuove stenosi, cui segue quindi un secondo intervento, non sempre risolutivo.

 

Ci sono altre problematiche collegabili alla procedura prevista per l’intervento di venoplastica?
Per poter essere operato, il paziente viene prima sottoposto a venografia diagnostica, una procedura che utilizza un alto numero di radiazioni e che, come per ogni tipo di radiazione, potrebbe nel tempo provocare serie problematiche di salute, come l’insorgere di leucemie o di tumori, in pazienti geneticamente predisposti a sviluppare questo tipo di rischio.

 

Con il trattamento per la CCSVI è possibile sospendere o terminare i trattamenti standard per la SM?
No. Sospendere i trattamenti in corso non avrebbe senso anche perché al momento la correlazione CCSVI e SM non è stata dimostrata e il relativo trattamento non è una terapia dimostrata né approvata per la SM. Inoltre i farmaci trattano l’autoimmunità che aggredisce la mielina, che è un fenomeno che esiste dall’inizio e rimane indipendente da CCSVI e dalla sua eventuale rimozione. Ampi studi hanno dimostrato che le terapie attualmente approvate dalla Food and Drug Administration, dall’EMA e dal Ministero della Salute italiana per la SM sono in grado di fornire benefici a una percentuale significativa di persone con SM, soprattutto nel caso della forma più frequente di SM, cioè la recidivante-remittente.

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Ultimo aggiornamento novembre 2017