Salta al contenuto principale

31/03/2010

Studio per identificare i meccanismi che differenziano la risposta individuale ai farmaci

Perché alcune persone con SM rispondono positivamente ai trattamenti farmacologici mentre altre persone non rispondono?  Lo studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine ha cercato di dare una risposta preliminare a questa domanda, con l’obiettivo di avvicinarsi sempre di più alla personalizzazione delle terapie

 

Lo studio intitolato T helper type 1 and 17 cells determine efficacy of interferon-β in multiple sclerosis and experimental encephalomyelitis, pubblicato online sul numero del 28 Marzo della rivista Nature Medicine, è una collaborazione tra diversi ricercatori coordinati dal dott. Lawrence Steinman dell'Università di Stanford e dal dott. Chander Raman dell'Università di Alabama.

 

In Italia e in America ci sono 4 tipi di interferoni approvati e impiegati nel trattamento della SM e, per motivi non ancora chiari, una certa percentuale di persone con SM che esegue tali terapie risponde positivamente ad esse mentre altre persone no. Per capire meglio la questione, e quindi poter essere in grado un domani di predire se una persona risponderà in maniera positiva al trattamento prescritto, è stato realizzato questo studio finanziato dall’Associazione Americana per la Sclerosi Multipla (NMSS).

 

I ricercatori hanno ipotizzato che la diversa risposta agli interferoni possa dipendere dal tipo di messaggero del sistema immunitario (citochina*) coinvolto nella risposta immunitaria, verificando l’ipotesi in laboratorio. Per fare ciò hanno trasferito due tipi differenti di SM correlati a due tipi diversi di linfociti T. Sono state così indotte due tipi di EAE, modello animale sperimentale della SM, uno tramite cellule T helper 1 (Th1) e uno con cellule T helper 17 (Th17). A ciascun tipo di cellule T helper corrisponde una produzione diversa di citochine.

 

Successivamente hanno verificato in quale modo gli animali rispondessero agli interferoni e hanno trovato che gli interferoni riducevano i sintomi della EAE nei topi in cui la malattia era stata determinata con cellule Th1 e che peggioravano la malattia nella EAE  indotta con cellule Th17.

 

I ricercatori hanno anche valutato tali aspetti in 26 persone con SM prima e durante il trattamento con interferoni e hanno trovato che in base al tipo di citochine prodotte potevano differenziare coloro che rispondevano positivamente al trattamento rispetto a coloro che non rispondevano. Infatti, chi non rispondeva al trattamento aveva livelli elevati di citochine associate alle cellule Th17 mentre chi rispondeva positivamente al trattamento aveva livelli più bassi di tali citochine.

 

Gli stessi ricercatori concludono sottolineando la necessità di ulteriori e maggiori studi per confermare su un più ampio numero di persone e per poter identificare altri possibili indicatori di risposta al trattamento e non solo per gli interferoni ma anche per altri trattamenti impiegati nella SM. Questo studio rappresenta un importante passo avanti per arrivare alla personalizzazione delle terapie. Un domani potrebbe risultare in un aiuto ai medici a predire tramite un semplice esame quali persone trarranno beneficio dal trattamento proposto e quali no.

 


*Citochina: piccole proteine prodotte nel sistema immunitario da diverse cellule ma prevalentemente dai linfociti T helper