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Elena Linari, il coraggio di essere chi siamo

28 anni, originaria di Firenze, calciatrice della nazionale italiana e della AS Roma, iscritta alla Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Firenze, testimonial di AISM per scelta e sensibilità personale, Elena ci parla dell’amore, della libertà, delle conquiste che si ottengono insieme con l’impegno quotidiano di ciascuno. Una storia, la sua, che racconta anche il coraggio di amare un’altra donna e di dirlo a tutti, «perché nell’amore non ci sono differenze, non conta chi si ama, ma come si ama».

«Ero e sono una persona introversa e sensibile, Io ero una che prima di un compito in classe, di un esame, di una partita – perché ho iniziato giovanissima anche con la Nazionale – non dormiva. Ma il calcio mi ha forgiato il carattere, mi ha fortificato e questo mi ha permesso di affrontare in modo diverso tutta la vita». Incontriamo Elena Linari durante un ritiro con la Nazionale Italiana di calcio. Lei, 28 anni, gioca nella Roma, come difensore. Sorride spesso, con mitezza, mentre parliamo: una mitezza che esalta e non nasconde il suo coraggio schietto, la sua voglia di libertà, la sua capacità di amare e di raccontarlo al mondo, senza falsità e senza finzione.

Ciao Elena, magari non ti aspetti la domanda, perché non è una di quelle che si rivolgono a una calciatrice di successo: ci dici cosa è per te la libertà?

Per me libertà significa essere me stessa. In tanti anni ho sempre cercato di essere la Elena che sono ora, anche senza riuscirci. Soprattutto quando ero all’estero a giocare ho passato anni difficili, in cui ho fatto fatica ad accettarmi completamente per quello che sono. Poi, un anno e mezzo fa, in un’intervista alla RAI, ho raccontato la mia omosessualità, al termine di un bellissimo percorso, perché ho iniziato ad apprezzare ogni mio aspetto, a conoscerlo sempre di più e ad accettarlo. Non è stato facile per me, non lo è stato per i miei genitori. Ma essere libera di essere me stessa è fondamentale, è anche il modo migliore per potermi esprimere come calciatrice in campo e nella vita. Per me libertà è accettazione del proprio essere.

E la tua ragazza di chiama Federica, giusto? Cosa vuol dire per te amare, Elena?

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Per me amore è libertà di esprimersi, avendo accanto una persona che ti ama tanto quanto tu ami lei. Ho avuto la fortuna di conoscerla un po’ per caso, quando mi sono trasferita dall’Università di Brescia a quella di Firenze, dove sono iscritta a Scienze Motorie. Ci siamo frequentate per anni come compagne di corso, senza avere nessun interesse comune. Ognuna di noi era già fidanzata. Poi un giorno abbiamo deciso di rivederci e nei nostri occhi è scattato qualcosa. Ora sono davvero felice. Lei è disposta a fare per me tutto quello che io farei per lei. Speriamo quanto prima di formare una vera e propria famiglia, compatibilmente con i miei e suoi impegni e consapevoli che in Italia non sempre è semplice riuscirci. Ma sarebbe il nostro desiderio. Amore è amore e non ci sono differenze, quanto all’amore dato e ricevuto, tra una famiglia tradizionale e quella che vorremmo costruire noi due.

Cosa ti ha conquistato di lei? E lei, perché si è innamorata di te?

Mi ha conquistato la sua voglia di dare sempre il massimo e di non arrendersi davanti alle difficoltà e di mettere davanti me a lei, uno dei più grandi gesti d’amore che una persona possa fare. Lei di me ha apprezzato la mia calma: in tanti momenti della sua vita riesco a tranquillizzarla, magari lei ha un carattere più impulsivo. In quei momenti, io sono sempre riuscita a starle accanto e a non lasciarla mai. Me lo dice spesso: nonostante tutto io non la mollo, e questo per lei è un dono. Prezioso.

C’è vostro bacio, diventato virale nei social: perché l’hai voluto mostrare a tutti?

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Perché secondo me è giusto che le persone capiscano che tutti possiamo essere omosessuali, o eterosessuali, e che non c’è differenza. A fare la differenza non è chi si ama, ma come si ama. È amore quello che porta un uomo a picchiare o a perseguitare fino a uccidere la sua compagna? Io con quel bacio ho voluto dire a tutti che l’amore è amore, a prescindere da tutto.

Nella tua vita c’è un altro grande amore: il calcio: a cinque anni già ti facevi fotografare mentre palleggiavi.

Forse ho iniziato ad amare il calcio già da quando ero nella pancia della mamma. Lei, incinta, andava allo stadio a vedere la Fiorentina, la squadra della nostra città. Sembra una fiaba, ma è vero, il mio amore per il calcio nasce da lì. Poi, il mio babbo è stato un calciatore, un allenatore, un arbitro. Mio zio e mio nonno sono sempre stati appassionati di calcio. Insomma, vivo in una famiglia di amanti del calcio. Poi col tempo la mia passione si è allargata sempre di più diventando il mio grande obiettivo, la mia ragione di vita, la mia professione.

Nei mesi scorsi con la tua squadra, la Roma, ha vinto la Supercoppa italiana contro la Juventus campione d’Italia: vincere ti fa felice?

Mi sento felice quando sono con chi mi ama, con la mia famiglia. Loro mi rendono veramente felice. E, certo, la mia felicità è anche ne calcio: se riesco a vincere, a ottenere quello che mi prefiggo, sono felice.

Quest’estate, però, l’Italia è uscita male agli Europei e tu hai scritto nei tuoi social: “insieme si cade, insieme ci si rialza”. Perché è così importante, nella tua vita, la parola insieme? Perché insieme siamo più forti?

Una persona è quello che è grazie a chi la circonda. Poi il calcio è uno sport di squadra: se prevale l’ego del singolo non si ottengono risultati. Ognuno deve mettere a disposizione della squadra tutto se stesso, il proprio carattere, la propria qualità, la propria capacità di leadership. Indubbiamente tu devi mettere in gioco una potente voglia personale di raggiungere gli obiettivi. Ma se questa voglia non viene messa a disposizione di tutta la squadra, l’obiettivo non può essere raggiunto. Vale in campo, vale per tutta la vita. È nell’insieme che ogni individuo trova il suo senso e il suo valore. È nel giocare insieme che si raggiungono anche i propri obiettivi.

Anche per AISM le conquiste potenti si ottengono solo insieme. Tu sostieni l’Associazione: come ci hai conosciuto?

La zia della mia ragazza -che mi ha messo in contatto con AISM- ha la SM. Anche la compagna di mio zio ha la SM. Dunque percepisco da molto vicino cosa voglia dire affrontare la SM.

Io poi sono madrina di un’associazione, Gabriele Borgogni, che aiuta le vittime di incidenti stradali. Anche gli studi universitari che faccio mi avvicinano a persone che hanno difficoltà nei movimenti. Ho sempre cercato di avvicinarmi alle difficoltà delle persone in sedia a rotelle: l’accessibilità in Italia resta un problema serio, tante persone con disabilità non hanno le stesse opportunità degli altri di accedere ai servizi, alla vita. Per questo sto volentieri al fianco di AISM e delle persone con SM.

Che sintonia senti tra te, calciatrice e atleta famosa, e una persona che fatica a muoversi?

Mia mamma mi ha raccontato che la mia gravidanza e il mio parto sono stati difficili e avrei anche io potuto nascere con qualche disabilità. Mi sento fortunata e mi impegno con chi ha avuto una sorte meno favorevole. E poi, per me non ci sono differenze insuperabili. Magari una persona ha più bisogno di supporto di un’altra. Evito sempre il pietismo. Non è che tratto una persona con un atteggiamento remissivo o le faccio una carezza in più solo perché ha una disabilità. La tratto come le altre.

Tutti abbiamo obiettivi per vivere al meglio la nostra vita, con o senza una disabilità. E gli obiettivi raggiunti non sono mai frutto del caso, dell’impegno di un giorno, ma del lavoro quotidiano di anni. Quali i tuoi prossimi obiettivi, Elena?

Il mio obiettivo principale è cercare di migliorarmi ogni giorno. La vera difficoltà non è vincere e arrivare in alto, ma riuscire a restarci. Dopo essere arrivata in vetta ti puoi sentire appagata, è naturale. Se però a quel punto non hai voglia di continuare a migliorarti ogni giorno, inizi a scivolare verso il basso. Magari ti va bene un anno, due anni, ma poi torni indietro. Se Messi e Ronaldo sono rimasti così in alto per così tanto tempo non è per caso: c’è una cura quotidiana del lavoro, una tensione costante a migliorarsi. Vivo per questo, per cercare di essere ogni giorno una persona migliore. E allora verranno altre vittorie, sia a livello personale che di squadra.