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Disabilità, moltiplicatore di povertà

 

Disabilità e desideri: un binomio su cui investire

Pensiamo, per esempio, alle spese che una persona con disabilità deve sostenere se sceglie di avere una macchina. Una macchina, spesso, è sinonimo di libertà e autodeterminazione: con la macchina si va al lavoro, si esce con gli amici, si va al cinema o semplicemente a farsi un giro. «Chi guida ogni due anni deve sostenere i costi del rinnovo della patente –  spiega Valeria Berio, assistente sociale di AISM –. E poi ci sono gli ausili». Gli ausili per l’auto non sono ricompresi nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, sebbene, come detto, per molti poter guidare significa autonomia, lavoro e dunque vita sociale e reddito. «Esistono, però, delle agevolazioni fiscali. In presenza di requisiti specifici, per esempio, l’IVA per acquistare una macchina è al 4%. Poi alle Aziende USL di residenza è possibile chiedere il rimborso del 20% sull’acquisto della vettura». Ma c’è anche chi non può (o non vuole) guidare e che dunque deve usare i mezzi pubblici. E chi non può usarli? E se, quando serve, magari per andare a fare terapia, non c’è un bus o un treno accessibile? Allora si deve prendere il taxi, a proprie spese.


Per quanto riguarda, invece, gli ausili per la casa, quelli che permettono di muoversi e vivere con maggior agio possibile, nel proprio ambito domestico, l’aggiornamento del nomenclatore del 2017 ha leggermente migliorato le condizioni, sebbene ancora ci siano limitazioni: solo se prescritti nel piano terapeutico sono gratis: «Poi però ci si deve scontrare con un iter burocratico articolato, e comunque si tratta sempre di una scelta ristretta tra opzioni fisse: alla fine sono in molti quelli che decidono di pagare di tasca propria per avere l’ausilio che desiderano come lo desiderano». Sempre in ambito casalingo, l’abbattimento delle barriere architettoniche è a carico della persona (nel caso abiti in un condominio, se tutti i condomini sono d’accordo le spese possono essere divise): «Anche in questo caso esistono agevolazioni fiscali per il rimborso di parte di queste spese da parte dei Comuni, ma i fondi sono pochi e dunque difficilmente si riesce a recuperare qualcosa».


Poi ci sono i costi legati all’assistenza: nei casi più gravi aumentano drasticamente per l’assistenza domiciliare di tipo riabilitativo e infermieristico. Il costo varia: più la malattia si aggrava più si dipende dal SSN, declinato da regione a regione. «Parlando di assistenza, tutto ruota attorno al Fondo nazionale per la non autosufficienza. Ha alcune lacune, ma potrebbe dare risultati. Certo i tempi sono lunghissimi: i contributi del 2016 sono entrati nelle case due anni dopo». Tra le voci di spesa, anche il supporto psicologico, gratuito se ci si rivolge al servizio pubblico, che però non è specializzato nel supporto di persone con SM: «Le persone preferiscono parlare con professionisti con una preparazione specifica. AISM con le proprie risorse mette a disposizione una rete di psicologi e sono garantiti i primi incontri di orientamento ». Le persone poi sono indirizzati alle strutture pubbliche e a volte le persone per scelta o necessità si rivolgono a privati.
Ma non è tutto: «Benessere, attività fisica, viaggi: tutto è a carico della persona, che spesso deve affrontare anche sovraccosti legati alla necessità di individuare servizi accessibili, noleggiare macchine attrezzate, carrozzine particolari. Oltre, naturalmente, alla difficoltà di rintracciare chi offre questi servizi». Stesso discorso per gli sport: i medici suggeriscono l’attività più indicata, ma poi spetta al singolo individuare le palestre accessibili, senza dimenticare le difficoltà per ottenere – a pagamento – il certificato medico-sportivo.

 

Tra i sogni nel cassetto, ci può essere quello di comprarsi una casa. Ed è così che si entra nel ginepraio di mutui, prestiti e finanziamenti. E le persone con disabilità devono mettere in conto una quota ulteriore di difficoltà. Quando a chiedere un mutuo o un prestito sono persone con disabilità, può capitare che non venga concessa l’assicurazione che dovrebbe garantire da insolvenza imprevista. Questo, di conseguenza, potrebbe impedire di stipulare il finanziamento.
Quello dei prestiti personali è un mondo molto complesso e le condizioni cambiano a seconda della banca: negli anni l’offerta si è ulteriormente arricchita e oggi la persona interessata rischia di perdersi. A cosa bisogna fare attenzione quando si chiede un finanziamento? Quali sono i tassi? Quali sono i costi? È necessaria una copertura assicurativa? Le domande sono tante e orientarsi è sempre più complicato. «Servirebbe una maggiore educazione finanziaria: quando chiede un prestito o un mutuo, la persona deve avere consapevolezza di quello che sta facendo – spiega Simone Grillo del dipartimento Proposta di finanza etica di Banca Etica –. Quando la nostra banca riceve una richiesta di finanziamento, si riserva di valutare a seconda della situazione specifica della persona. Volendo, il cliente può anche stipulare un’assicurazione che garantisce da insolvenza imprevista a seguito di malattia, infortunio o perdita di impiego, che però è facoltativa: se la persona con disabilità chiede di sottoscriverla, la valutazione viene fatta direttamente dalla compagnia assicurativa, e in alcuni casi può capitare che la copertura non venga concessa. Questo non significa però che il finanziamento non verrà concesso: la presenza di un’assicurazione rappresenta uno degli aspetti, non l'unico, della valutazione della banca». 

Ottenere un prestito quindi può diventare più complicato per una persona con disabilità. Eppure, come spiega Simone Grillo, a volte ricevere un finanziamento e non riuscire a ripagarlo può diventare una trappola ancora peggiore. «Dobbiamo fare grande attenzione nell’erogare credito, sia perché le somme prestate di fatto non appartengono alla banca ma ai suoi clienti, sia perché fare credito a chi non può permetterselo è molto nocivo, per la banca e anche per la persona stessa – conclude Grillo –. Ricordiamoci che chi è insolvente una volta poi avrà molte più difficoltà di accesso al credito in futuro. Un no in certi casi può tutelare la banca, i suoi clienti, ma soprattutto la persona che sta già attraversando un momento di difficoltà. I gravi effetti della crisi economica e sociale scaturiti dal Covid-19, comunque, hanno spinto la banca a non limitarsi all'applicazione delle moratorie previste per legge, adottando proprie iniziative, anche per privati e famiglie: dall'anticipo della cassa integrazione al prestito personale online a tassi vantaggiosi». 

 

Dall’integrazione dei Lea ai farmaci sintomatici: l’obiettivo è una rivoluzione culturale

In un contesto spinoso come quello che prova a mettere in relazione disabilità e povertà opera anche AISM, da sempre impegnata in un’azione concreta, da una parte, e culturale, dall’altra. Una strategia che punta a ottenere risultati sia nel breve sia nel lungo periodo. Il presupposto di partenza, per l’Associazione, è il desiderio di cambiare prospettiva, affinché le persone con SM, così come tutte le persone con disabilità, non siano più considerate soggetti passivi cui portare assistenza, ma soggetti attivi artefici del proprio destino e protagoniste delle attività, anche di advocacy, da mettere in campo per realizzarsi pienamente. È questa la direttrice che struttura, da 10 anni a questa parte, l’Agenda della sclerosi multipla: persone malate, caregiver, istituzioni, enti sociali, sanitari e di ricerca, mondo economico, associazioni di rappresentanza, operatori sociali e sanitari, mass media, tutti coinvolti per modificare definitivamente l’approccio alla disabilità.

 

L’Associazione, sin dalla sua nascita, ha lavorato per far comprendere alle forze politiche e all’opinione pubblica l’importanza di misure a tutela delle persone con disabilità e dei caregiver. L’obiettivo è arrivare a un ripensamento delle politiche, che devono rispondere in maniera completa a bisogni complessi. «Lavoriamo perché le persone con SM siano viste come potenziale da sfruttare: non devono impoverirsi ma, al contrario, generare ricchezza – spiega Paolo Bandiera, Direttore Advocacy e Affari Generali di AISM –. Si pensi, per esempio, ai giovani con SM: non solo dovrebbero avere la possibilità di uscire di casa per vivere una vita autonoma, ma anche un lavoro che si adegua, per obiettivi e strumenti, alla loro condizione con il progredire della malattia. Invece, oggi, per loro esiste un grosso rischio infelicità: si vedono costretti a rinunciare a parte del loro futuro, si sentono in colpa perché gravano sui bilanci familiari. Ma noi crediamo al cambiamento verso una società più flessibile e accogliente, fondata su modelli nuovi e segnata da un brillante cambio culturale». In sintesi, più le persone potranno permettersi di lavorare, in buona salute, più saranno soddisfatte e meno saranno i costi sociali ed economici per il Paese.

 

In quest’ottica vanno lette due delle misure su cui l’Associazione sta lavorando in quest’ultimo periodo. Da una parte, AISM ha chiesto al Ministero della Salute una revisione dei Lea, presentando una lista di integrazioni e chiedendo che anche i farmaci sintomatici prescritti dal medico curante diventino a carico del SSN e collocati in fascia C. «Attenzione – puntualizza Bandiera –: la nostra richiesta ha un obiettivo ben preciso. Se io, persona con SM, posso avere dal SSN i farmaci sintomatici, starò meglio e potrò continuare a lavorare, contribuendo alla crescita economica del Paese. L’integrazione dei Lea non è solo mettere un costo a carico dello Stato, ma investire in produttività e sostenibilità». Dall’altra, AISM ha chiesto ad AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco – nell’ambito della consultazione aperta per l’introduzione di nuovi criteri per la negoziazione dei prezzi dei medicinali – che, nel riconoscere un valore a un farmaco, si tenga conto anche dei costi indiretti: «Di un farmaco vengono valutati efficacia e valore terapeutico. Per noi valore terapeutico significa anche quanto incide sulla qualità di vita. Per le persone con SM ci sono farmaci sintomatici che permettono il mantenimento del lavoro. I costi indiretti non possono essere trascurati: ritardare il decorso ingravescente della malattia significa consentire alle persone di rimanere attivi e non pesare sulla famiglia. Sollecitiamo un cambio di prospettiva, un approccio culturale nuovo».

 

A cura di Ambra Notari

 

 

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