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Mouhaned Fraieh: il karatè e la sclerosi multipla

Fa parte della nazionale di Karatè, con cui ha partecipato ai campionati europei e mondiali. Ha la sclerosi multipla da poco più di un anno e, qui, ci racconta a cuore aperto come combatte per la felicità e come affronta tristezza e rabbia, cercando di fare il massimo ogni giorno.

19/01/2023

 

«Se tu sorridi alle persone, quando sarai tu ad avere bisogno di un sorriso, qualcuno ti sorriderà. Se non sei capace di dare coraggio a nessuno, nessuno poi lo farà con te».

 

Mouhaned Fraieh vive a Castelfranco Emilia (Modena) ed è un giovane campione di karatè: ha partecipato a campionati europei e mondiali, anche di recente. Quando non gareggia, insegna ai ragazzi: è istruttore di karatè e kickboxing. Una vita sul tatami. Ora, sentire un atleta, un combattente che parla di sorridere e di aiutare l’altro è perlomeno singolare.

Ma Mouhaned è anche un giovane uomo al quale, il 24 dicembre 2021 è stata diagnosticata la sclerosi multipla: «da quando ho avuto la diagnosi – racconta – non ho smesso di allenarmi e di combattere. Ma ho cambiato la visione della vita».

 

Tante cose cambiano, quando arriva la sclerosi multipla. Tu continui a fare karate?

«Certo, ho continuato a fare karate e kickboixng. Soprattutto ho continuato ad allenarmi come prima della diagnosi di SM, ascoltando il mio corpo e regolandomi di conseguenza. In alcune gare, ho avuto problemi di equilibrio e stabilità e sono stato un po’ penalizzato nei risultati. La gente che ti vede gareggiare non sa che magari perdi un po’ l’equilibrio per via della SM, ma tu sì. Se poi mi succede una cosa simile mentre insegno ai ragazzi, ci scherzo sopra. Ma dentro è come se avessi preso una coltellata. Mi sento come un insegnante di italiano che davanti ai suoi ragazzi sbagli i verbi e la punteggiatura. Provo tristezza, sconforto, rabbia. Però continuo a cercare di fare il massimo. Non voglio perdere contatto con ciò che mi fa stare bene».

 

Come ci riesci?

«Da quando sono stato ricoverato e ho avuto la diagnosi, l’anno scorso, ho cambiato i criteri di riferimento. Prima dovevo performare per gli altri Ora, forse con più egoismo, penso prima di tutto a fare quello che fa stare bene me in quel momento. Il mio corpo sta bene anche in base al mio umore. Se ho un pessimo umore anche il mio fisico ne risente. Di conseguenza voglio essere sempre felice, perché così anche il mio corpo starà meglio».

 

Come trovi la felicità?

«Non mi metto a fare progetti a lungo termine. Siccome non so come sarò domani, penso ad oggi, vivo per oggi e non faccio progetti a lungo termine».

 

Davvero non pensi mai al futuro?

«Guarda, solo mentre dicevi la parola futuro, posso dirtelo sinceramente, mi sono scese delle lacrime, in automatico».

 

Allora guardiamo negli occhi il presente: da poco sei andato a Parigi a festeggiare il compleanno.

«Sì, è stato un regalo di mia moglie».

 

Come si chiama?

«Mariem. Siamo entrambi di origine tunisina e ci siamo conosciuti quando lei è venuta a Bologna per studiare. Ci siamo sposati il 3 gennaio 2020».

 

Lei c’era quando hai avuto la diagnosi: come l’ha vissuta?

«È stata male, anche se non me lo fa notare. Da quando poi mi hanno dimesso fa del suo meglio perché il mio umore sia buono. Ce la mette tutta per non farmi arrabbiare o deprimere. Cerca sempre di fare quello che può rendermi felice e farmi stare bene».

 

E tu cosa fai per renderla felice?

«Io la amo, tantissimo, e anche io cerco di fare di tutto per farla felice e farla vivere contenta. Da un po’ di tempo, poi, quando torna dal suo lavoro di impiegata viene con me in palestra e partecipa ai miei corsi: mi sembra che anche questo la renda felice, le piace molto. Certo, senza indorare troppo la pillola, devo anche dire che quando sto male mi chiudo in me stesso, smetto del tutto di parlare. E non sempre è facile stare vicino a una persona come me, senza avere spiragli per poterla aiutare. Anche questo è amore. Il suo, dico. Io sono consapevole di essere a volte troppo concentrato su me stesso».

 

A proposito di pillola, tu come curi la sclerosi multipla?

«Ogni giorno prendo una pastiglia di dimetil fumarato. Uso anche il pregabalin per contenere i dolori alle gambe. Sono come un cellulare che non si ricarica: vado a dormire al 2% e dopo una notte in carica mi sveglio con la batteria al 10%. Ho energia fino alle due del pomeriggio, poi l’unico desiderio sarebbe di starmene sdraiato a letto. Sono stato benissimo in primavera e in estate. Poi a dicembre, per l’anniversario della diagnosi, ho ricominciato a sentirmi come un anno fa. A marzo andrò a fare risonanza e visita di controllo e vedremo come va la sclerosi multipla».

 

Mouhaned sul tatami

 

Riesci a fare capire alle persone che incontri cosa voglia dire affrontare la sclerosi multipla?

«Ma no! Io, certo, non vado in giro a ogni minuto a sbandierare il fatto che ho la SM. Voglio evitare in ogni modo di fare pena.Vivo la mia vita, mi alleno, gareggio, viaggio quando posso. Tante persone nemmeno sanno cosa sia la sclerosi multipla. Qualcuno mi guarda come se avessi il Covid, come se la SM fosse contagiosa. Mi fanno arrabbiare anche quelli che mi chiedono come faccia a camminare, perché nel loro immaginario sclerosi multipla vuol dire sedia a rotelle».

 

Cosa diresti invece a chi condivide la tua condizione, alle tante persone che invece sanno benissimo cosa voglia dire vivere con la sclerosi multipla?

«Non dobbiamo mai mollare ed è importante vivere al meglio ogni giorno, senza pensare troppo a un futuro che non dipende del tutto da noi».

 

 


 

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