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18/11/2015

I PDTA come approccio per migliorare le condizioni dei pazienti e risparmiare

Definire precocemente i percorsi diagnostici e terapeutici per le persone con SM migliora la qualità di vita del paziente grazie a un’appropriatezza delle prestazioni. E riduce i costi di assistenza sanitaria. Come lo racconta ad AISM Francesco Saverio Mennini, Università “Tor Vergata” intervenuto a Roma durante il convegno “Percorsi diagnostico terapeutico assistenziali nella Sclerosi Multipla: confronto tra esperienze e modelli”  

 Mennini
Nella foto: Francesco Saverio Mennini, ricercatore dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, intervenuto al Convegno organizzato da AISM lo scorso 13 novembre.

 

Venerdì 13 novembre a Roma si è tenuto il convegno organizzato da AISM e la sua Fondazione dal titolo “«Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali nella Sclerosi Multipla: confronto tra esperienze e modelli». Nell’occasione, per la prima volta, si sono riuniti i molti interlocutori con i quali l’Associazione sta lavorando per dare concretezza ai diritti delle persone con SM attraverso una presa in carico integrata, unitaria, efficace, in grado di dare centralità e dignità ai progetti di vita delle persone. Francesco Saverio Mennini, ricercatore presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, esperto in temi di economia sanitaria, è intervenuto sui benefici che il PDTA può portare sia in termini di ottimizzazione delle risorse pubbliche, di gestione della patologia, ma anche per la realizzazione concreta dei diritti delle persone con SM negli aspetti non solo sanitari della loro vita. 

 

Professor Mennini, quali sono i benefici dei Percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (PDTA)?
«I principali benefici dei PDTA, in generale, sono quelli di riuscire in maniera molto attenta a definire quali sono i percorsi che i pazienti devono seguire sia in merito ai trattamenti farmacologici quanto a tutta l’assistenza sanitaria. Nello specifico, per quanto riguarda la SM, l’auspicio è che si sviluppino i PDTA perché la SM è una patologia che se presa a livello precoce può aiutare il paziente a rallentare la progressione della malattia. Questo vuol dire in primo luogo beneficio per il paziente, perché migliora la sua qualità di vita e perché la malattia progredisce molto più lentamente, ma ci sono anche dei vantaggi dal punto di vista economico-finanziario. Avere un paziente con una malattia che non sta progredendo o che progredisce molto lentamente vuol dire per il Sistema sanitario ridurre una parte importante dei costi diretti sanitari. Se una malattia progredisce, infatti, il paziente ha bisogno di maggior assistenza sanitaria accompagnata da più cure. Tutto questo si traduce, oltre che in un forte disagio per il paziente, anche in un esborso economico e finanziario molto elevato da parte del sistema sanitario. Quindi, i PDTA vanno visti come uno strumento che può aiutare a prendere in carico precocemente il paziente, per intercettarlo prima che si manifestino delle progressioni gravi della patologia».

 

Come si misurano i benefici dei PDTA?
«Possiamo misurare i benefici dei PDTA in diversi modi. In primo luogo in termini di riduzione dei costi diretti, andando a vedere la riduzione dell’utilizzo dei farmaci, delle ospedalizzazioni, delle prestazioni erogate e dell’utilizzo dei dispositivi medici. Ma per stimare l’efficacia e l’efficienza di un PDTA si può misurare anche la riduzione dei costi diretti non sanitari, quali sono per esempio i costi relativi al tempo di lavoro che i parenti delle persone con SM spendono per assisterle, ma ancora di più in termine di costi indiretti visti come spesa previdenziale». 

 

A questo proposito, come il PDTA aiuta a tutelare il diritto a lavoro?
«Sappiamo bene che un paziente con una patologia in progressione avanzata ha diritto a una serie di prestazioni previdenziali e assistenziali fornite dall’Inps. Questo va anche a incrementare la spesa dell’Inps e quindi la spesa pubblica. Riuscire ad avere dei percorsi diagnostici terapeutici che permettono di catturare prima il paziente, di fare degli interventi precoci e appropriati – sappiamo per esempio, che non tutti i farmaci, per quanto efficaci, vanno bene per tutte le tipologie di pazienti con SM - può ridurre le giornate perse di lavoro (con notevole risparmio da parte dell’Inps) e anche l’impatto degli assegni di invalidità e inabilità. Tutto questo però considerando che, come nei principi dell’Agenda della SM promossa da AISM, lo scopo principale è quello di garantire un lavoro, anche part-time, per le persone con SM. Si potrebbe prevedere una forma particolare di contratto di lavoro che faccia sì che il paziente continui a essere impiegato nella sua attività. Questo rappresenta un vantaggio enorme dal punto di vista della qualità di vita del paziente, dal punto di vista psicologico ma anche un vantaggio in termini di riduzione dei costi a carico dei sistemi previdenziali e della spesa sociale».

 

Abbiamo già dei dati relativi agli effetti dell’implementazione dei PDTA?
«In realtà per stimare il vero impatto dei PDTA dovremo aspettare, visto che parliamo di approcci introdotti da poco. Anzi il percorso che si dovrebbe fare è magari quello di istituire un gruppo di lavoro che raccolga tutti i dati dalle 5 Regioni che hanno già introdotto i PDTA (Sicilia, Lazio, Veneto, Emilia Romagna e Toscana) e iniziare a misurare i primi effetti. Ovvio che questo approccio non si può risolvere nel giro di un anno, perché sappiamo bene che gli effetti della malattia si protraggono per tutta la vita del paziente, e quindi bisognerebbe continuare a monitorare ogni anno quali possono essere i vantaggi. Vantaggi in prima battuta i termini di miglioramento della qualità di vita del paziente, poi anche economici e finanziari. Sarebbe molto importante, per esempio, istituire un questionario per i pazienti che vengono trattati in queste regioni e che seguono i PDTA al fine di iniziare a raccogliere e stimare i valori di qualità della vita espressi da questi ultimi. Questo indicatore potrebbe tornare utile non solo per valutare l’utilità che acquisisce il paziente ma anche per stimare gli anni di vita guadagnati pesati per la qualità di vita grazie un percorso diagnostico terapeutico corretto e quindi grazie a un’appropriatezza della prestazione che viene fornita alla persona con SM.  Infine sarebbe auspicabile avere a disposizione un unico PDTA condiviso da tutte le regioni così da garantire un percorso virtuoso a tutti i pazienti indipendentemente dalla Regione in cui vivono».