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04/11/2015

Sclerosi multipla: ricoscere e trattare le ricadute

 

 

Alcuni studi hanno sottolineato che le ricadute sarebbero generate in aree di infiammazione ben delimitate del sistema nervoso centrale. Attraverso la captazione del mezzo di contrasto l’esame di risonanza magnetica (RM) eseguita in occasione delle ricadute può mostrare, e spesso capita, la presenza di nuove lesioni attive nel cervello, oppure la riattivazione o l’aumento di dimensioni di quelle vecchie. Purtroppo si conosce molto poco su ciò che scatena la formazione di queste aree e quali sono i meccanismi che regolano il livello di recupero. Per fortuna i trattamenti disponibili hanno dimostrato la loro capacità di ridurre di circa un terzo il numero e la gravità degli attacchi nelle persone con SM recidivante-remittente.

 

Al momento, comunque, non esiste una cura in grado di prevenire al 100% le ricadute. Questo perché ancora non si conoscono i principali fattori scatenanti. Probabilmente, come accennato all’inizio, potrebbero avere un ruolo le infezioni sistemiche o lo stress ma, per esempio, su quest’ultimo fattore le idee non sono affatto chiare e mancano le prove scientifiche che testimoniano un coinvolgimento causa-effetto. Trattare con i farmaci una ricaduta può affrettare il recupero e aiutare a migliorare i sintomi più velocemente ma, probabilmente, non ha effetti a lungo termine sulla malattia stessa.

 

Allo stato attuale c’è solamente un trattamento consigliato per le ricadute da SM: la somministrazione di alte dosi di corticosteroidi. Gli steroidi (cortisone, prednisone, decadron, idrocortisone e metilprednisolone) sono versioni sintetiche di un ormone che esiste in natura e che circola nel corpo umano: il cortisolo. Prodotto dalla ghiandola surrenale allo scopo di aiutare l’organismo a gestire le situazioni di stress, il cortisolo e i suoi analoghi corticosteroidi hanno effetti immunomodulanti e antinfiammatori tali da ripristinare l’integrità della barriera ematoencefalica (la barriera che separa sangue e cervello), ridurre il gonfiore e, probabilmente, facilitare la ricostruzione della mielina, migliorando la conduzione dell’impulso nervoso. Inoltre, i corticosteroidi sembrano lavorare anche come immunosoppressori spegnendo l’attività del sistema immunitario scatenato contro il sistema nervoso. In commercio sono disponibili preparati somministrabili sia per endovena sia per bocca. La scelta della modalità di assunzione dipende da diversi fattori e comunque viene stabilita dal neurologo curante.

 

La terapia con steroidi ha dimostrato di riuscire ad accorciare la durata e la gravità delle ricadute e quindi di favorire una ripresa più rapida. Tuttavia, non vi sono evidenze convincenti che il grado generale di recupero sia migliore, o che il decorso a lungo termine della SM venga sostanzialmente modificato con questi farmaci. Alcune persone riferiscono di stare bene già dopo il primo giorno di somministrazione, ma l’esperienza dimostra che la risposta al trattamento non è univoca e varia notevolmente da individuo a individuo, così come l’eventuale comparsa e gravità degli effetti collaterali. Non in tutte le ricadute vengono prescritti gli steroidi. Questa scelta dipende da quanto è grave la sintomatologia che si manifesta; per esempio le parestesie, sintomo scarsamente disabilitante, non vengono trattate. In tutti i casi di ricaduta si consiglia alle persone con SM di stare a riposo. Il dosaggio generalmente prescritto come trattamento di scelta dell’attacco acuto di SM è di 500-1.000 mg al giorno di metilprednisolone endovena per 3-5 giorni. Alcuni neurologi fanno seguire a questa endovenosa anche una somministrazione per via orale con dosaggi a scalare per 1-2 settimane. In passato era impiegato diffusamente nel trattamento delle ricadute l’ormone adrenocorticotropo (ACTH), primo farmaco che avesse dimostrato una qualche utilità nel recupero. Successivamente, però, il metilprednisolone lo ha sostituito nella pratica sia perché avrebbe meno effetti collaterali sia forse per una maggiore e più rapida attività.

 

Nell’ipotesi che la persona con SM abbia più di una ricaduta nello stesso anno, potrebbe essere indicato usare nuovamente i corticosteroidi. Va sottolineato però che, a mano a mano che la SM progredisce, l’effetto degli steroidi diminuisce e che non vi è ancora prova che un trattamento prolungato nel tempo sia in grado di rallentare la progressione della SM o di migliorare i sintomi sul lungo periodo. Col passare del tempo, oltre a quelli precedentemente descritti, si aggiungono altri effetti collaterali che comprendono aumento di peso, osteoporosi e diabete. Nonostante l’attuale impiego di corticosteroidi come trattamento delle ricadute esistono ancora alcune questioni aperte come: • l’efficacia relativa dei diversi steroidi; • il dosaggio ottimale di ciascun ciclo di somministrazione; • se un ciclo breve in endovena debba essere sempre seguito da un trattamento a scalare con costicosteroidi somministrati per via orale. Altri infiammatori non steroidei (FANS) come l’acido acetilsalicilico, il naprossene e l’ibuprofene non hanno mostrato benefic

 

Steroidi: sì, ma sotto controllo
Gli steroidi sono farmaci molto potenti, pertanto possono causare diversi effetti collaterali come: stato di agitazione, insonnia, reazioni allergiche, ritenzione idrica, ulcere, disturbi gastrici, aumento dell’appetito e acne. Nel corso dell’infusione alcune persone riferiscono di avere avuto esperienza di sapore metallico in bocca e, occasionalmente, dolore e gonfiore nella sede di iniezione, aumento della frequenza cardiaca e arrossamento al volto. Molti di questi effetti fortunatamente scompaiono interrompendo il trattamento. In generale gli steroidi non vengono prescritti per un periodo oltre qualche settimana, questo perché nelle terapie a lungo termine possono determinare: • aumento della pressione arteriosa; • indurimento delle arterie; • cataratta; • osteoporosi; • problemi di glicemia; • infezioni pericolose (poiché sopprimono il sistema immunitario). Per tali motivi, prima di prescrivere questi farmaci, la persona con SM viene sottoposta a controlli clinici per valutare la presenza di eventuale patologie (come diabete, disturbi cardiaci e ipertensione) che potrebbero peggiorare con la terapia con steroidi.

 

(tratto dall'inserto di approfondimento di SM Italia 2/2007, scaricabile dal link in fondo a questa pagina)

 

Ultimo aggiornamento novembre 2015