Salta al contenuto principale

27/05/2014

Premio Rita Levi Montalcini alla ricercatrice Silvia Rossi

Nel giorno del Congresso annuale di AISM e la sua Fondazione, e della Giornata Mondiale della SM, va alla neuroscienziata Silvia Rossi il riconoscimento per i giovani ricercatori che si occupano di SM


38 anni compiuti da pochi giorni, laureata in medicina nel 2002 all’Università di Tor Vergata (Roma), con successiva specializzazione in neurologia nel 2008 e dottorato di ricerca in neuroscienze nel 2011, Silvia Rossi è il nuovo Premio Rita Levi-Montalcini, istituito da AISM nel 1999 per dare valore ai giovani ricercatori di eccellenza nel campo della sclerosi multipla. Silvia Rossi è anche responsabile dell’Ambulatorio “Protocolli clinici con farmaci sperimentali” del Centro Sclerosi Multipla del Policlinico Tor Vergata. Ha pubblicato più di 80 studi, per la maggior parte sulla sclerosi multipla, dei quali 34 come «primo nome», ossia come conduttore in prima persona della ricerca, con più di 1500 citazioni dei suoi studi in altre pubblicazioni e un “Indice H” pari a 23.

Un percorso affascinante e semplice a un tempo: «Sono ricercatrice ma anche medico. Al mattino lavoro nell’ambulatorio per i pazienti con SM che partecipano agli studi sperimentali con terapie non ancora approvate– racconta -. E il pomeriggio mi dedico all’attività di ricerca nel laboratorio dell’Università. Ho iniziato a fare ricerca di base sulla plasticità delle sinapsi del sistema nervoso nel laboratorio del professor Calabresi e del professor Diego Centonze, che a sua volta ha vinto il Premio Rita Levi Montalcini nel 2010. Poi sono passata allo studio dei modelli animali di diverse malattie neurodegenerative, appassionandomi alla sclerosi multipla. E, ad oggi, sto studiando anche i meccanismi alla base della patologia direttamente nei pazienti affetti da SM, per comprendere, e nel prossimo futuro contrastare la neurodegenerazione e la progressione di disabilità, ancora oggi prive di risposte terapeutiche specifiche».

Per AISM, dunque, è «da premiare» il percorso di chi ogni giorno abbina l’incontro diretto con le persone che cercano risposte e cure per la SM all’impegno in laboratorio per individuare le risposte che ancora mancano. Ed è altrettanto decisivo che un giovane ricercatore abbia sin dall’inizio visione, desiderio e capacità di percorrere una traiettoria completa, che dal laboratorio lo porti a verificare direttamente con le persone la validità delle sue scoperte, al fine di consentire a ogni persona con SM di vivere la sua vita fino in fondo, senza paura del futuro che la aspetta.

 

Ci spiega da vicino, dottoressa Rossi, il campo di ricerca di cui si occupa e la sua importanza?
«Con il gruppo di Tor Vergata siamo stati tra i primi, circa 8 anni fa, a studiare il ruolo delle sinapsi nella SM. Le sinapsi sono il punto di contatto e scambio di informazioni tra un neurone e l’altro. È un aspetto innovativo. Si è sempre letta la sclerosi multipla come una malattia infiammatoria e autoimmune della sostanza bianca, che cioè colpisce la mielina, che riveste gli assoni, i prolungamenti dei neuroni. Noi abbiamo invece studiato cosa accade nel corpo del neurone, ed abbiamo evidenziato la presenza di alterazioni delle sinapsi [1,2] nei modelli animali di sclerosi multipla».

 

Cosa sono queste alterazioni, come si creano, cosa determinano?
«Abbiamo osservato come la presenza di certi livelli di interleuchina 1, una delle più conosciute citochine infiammatorie, ossia una proteina prodotta dal sistema immunitario, faciliti la trasmissione sinaptica eccitatoria degli impulsi nervosi [3], provocando un’abnorme eccitazione del neurone e un suo successivo danno strutturale, determinando neuro-degenerazione e progressione di disabilità».

 

Questa scoperta vale solo in laboratorio o arriva alla vita delle persone?
«L’abbiamo evidenziata prima sui vetrini degli esperimenti di laboratorio ma poi anche sui modelli animali di SM e, infine, nel liquor cerebrospinale dei pazienti con SM».

 

E cosa se ne deduce?
«Possiamo pensare che le alterazioni sinaptiche, riguardanti quella che si chiama sostanza grigia, potrebbero essere il legame tra infiammazione e neurodegenerazione nella SM, senza passare obbligatoriamente per il danno della sostanza bianca. E, infatti, uno studio pubblicato a inizio 2014 sul Journal of Neuroinflammation, mostra che i pazienti con ciopresenza di interleuchina 1 nel liquor hanno nel medio e lungo termine una prognosi peggiore per quanto riguarda non tanto gli indici di infiammazione ma quelli di progressione di disabilità [4]. Inoltre, nel lavoro trasversale che continuamente intreccia le ricerche in vitro con quelle sui pazienti e sui modelli animali, abbiamo osservato che il trattamento con farmaci anti-glutammatergici, che cioè  bloccano la trasmissione sinaptica eccitatoria, riduce la severità del deficit motorio nel modello animale di SM».

 

Dal laboratorio alla clinica, manca forse un passo: individuare nuovi trattamenti non solo nel modello animale ma direttamente per le persone. Come si può fare?
«Continuare a studiare i meccanismi che causano la neurodegenerazione potrà aiutarci ad evidenziare target molecolari nuovi, come potrebbero essere i canali ionici, che consentano la modulazione dell’attività sinaptica o di inibire quelle particolari citochine infiammatorie che causano l’alterazione dell’attività sinaptica. E questo potrà essere importante per lo sviluppo di nuove terapie valide non solo per ridurre l’infiammazione ma anche per avere un effetto di neuroprotezione e quindi per limitare la progressione di disabilità, che oggi è il bisogno clinico della SM ancora maggiormente insoddisfatto».

 

Helder Camara diceva che se un uomo sogna da solo, il sogno resta un sogno, ma quando tanti uomini sognano la stessa cosa quel sogno diventa realtà. Vuole condividere il suo desiderio? Se si potesse guardare tra vent’anni, cosa sognerebbe di poter dire di sé?
«Le grandi scoperte, nella storia della medicina, arrivano da pochissime persone, ma anche poter dire di aver lasciato un piccolo ma reale contributo darebbe senso a quei prossimi 20 anni che penso di dedicare alla ricerca e alla cura della SM. Mi farebbe felice sapere di avere scoperto qualcosa che, insieme ai contributi di tanti altri ricercatori, avesse veramente migliorato la vita delle persone con SM: vorrei vedere che i pazienti affetti da SM possano pienamente ripristinare le funzioni neurologiche perdute e non incorrere nella fase progressiva di malattia. Poi vorrei avere costruito un gruppo di ricercatori ugualmente appassionati: niente si può ottenere da soli e tutto quello che sto scoprendo viene dalla collaborazione di tante persone che hanno iniziato con me e che spero di veder crescere negli anni, diventando ricercatori riusciti e indipendenti. Ho due bambini che mi vedono arrivare sempre tardi la sera e mi accolgono sempre con la stessa gioia e gli stessi abbracci: vorrei scoprire, tra vent’anni, di avere insegnato loro la gioia dell’impegno, di aver lasciato anche per loro un mondo migliore e la voglia di compiere lo stesso percorso di vita che ora ha conquistato me».

[1]: Rossi S, Muzio L, De Chiara V, Grasselli G, Musella A, Musumeci G, Mandolesi G, De Ceglia R, Maida S, Biffi E, Pedrocchi A, Menegon A, Bernardi G, Furlan R, Martino G, Centonze D. Impaired striatal GABA transmission in experimental autoimmune encephalomyelitis. Brain Behav Immun. 2011 Jul;25(5):947-56.
 [2]:Rossi S, De Chiara V, Furlan R, Musella A, Cavasinni F, Muzio L, Bernardi G, Martino G, Centonze D. Abnormal activity of the Na/Ca exchanger enhances glutamate transmission in experimental autoimmune encephalomyelitis. Brain Behav Immun. 2010 Nov;24(8):1379-85.
[3] Rossi S, Furlan R, De Chiara V, Motta C, Studer V, Mori F, Musella A, Bergami A, Muzio L, Bernardi G, Battistini L, Martino G, Centonze D. Interleukin-1β causes synaptic hyperexcitability in multiple sclerosis. Ann Neurol. 2012 Jan;71(1):76-83.
[4] Rossi S, Studer V, Motta C, Germani G, Macchiarulo G, Buttari F, Mancino R, Castelli M, De Chiara V, Weiss S, Martino G, Furlan R, Centonze D. Cerebrospinal fluid detection of interleukin-1β in phase of remission predicts disease progression in multiple sclerosis. J Neuroinflammation. 2014 Feb 18;11:32.

Giuseppe Gazzola