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27/05/2014

INNI per la voglia di vivere oltre la sclerosi multipla

 

Il professor Massimo Filippi è uno dei principali esperti a livello internazionale per la ricerca con le tecniche di risonanza magnetica sulla sclerosi multipla. Al Congresso FISM del 28 maggio propone un intervento intitolato: Dagli studi monocentrici con tecniche avanzate di RM in pazienti con SM al Network Italiano di Neuroimaging (INNI) per una migliore definizione della fisiopatologia della malattia e per la validazione di marker per il suo monitoraggio. Gli abbiamo chiesto di presentarci in anteprima in cosa consista il network di INNI, quale siano i motivi che lo rendono necessario, quali i suoi obiettivi, a che punto sia la sua realizzazione e dove potrà portare la ricerca e la presa in cura della sclerosi multipla.
«Il Progetto INNI – spiega Filippi – nasce dall’intenzione di creare un ampio archivio organizzato, la più vasta banca dati di immagini di risonanza magnetica sulla sclerosi multipla in Italia. Sarà, infatti, il primo network italiano di questo tipo, un ulteriore progetto innovativo che FISM ha scelto di finanziare. Questo tipo di database con un grande numero di pazienti si è rivelato vincente per dare impulso alla ricerca scientifica in malattie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer, ma ancora non è stato realizzato per quanto riguarda la sclerosi multipla».

 Perché è così importante avere tante immagini di risonanza magnetica per la SM? Come è la situazione attuale?
«Oggi ciascun centro o gruppo di ricerca segue un proprio gruppo di pazienti e per ciascuno ha ottenuto immagini di risonanza magnetica. Questi, però, sono tutti  campioni di soggetti relativamente piccoli, se presi singolarmente: è il momento in cui sono possibili e necessari studi di ampie dimensioni per giungere a definire con una forte potenza statistica aspetti ormai ritenuti rilevanti per la comprensione della SM».

Quali i principali risultati che ci si aspetta dalla banca dati di INNI?
«Anzitutto ci aspettiamo un risultato indiretto ma determinante: se il progetto si svilupperà, si potrà arrivare a una forte omogeneità sul territorio nazionale nella raccolta dei dati di risonanza magnetica per la SM: al momento i diversi centri di ricerca tendono a seguire protocolli “locali”. La risonanza magnetica non è una singola tecnica, comprende diverse tecniche che consentono di studiare i complessi fattori che conducono a disabilità locomotoria e impairment cognitivo nella SM. Spesso è difficile mettere in sintonia dati che sono stati acquisiti in maniera differente e analizzati in modo differente. In questo senso, il gruppo promotore del Progetto INNI ha di recente realizzato, in collaborazione con altri neurologi e neuroradiologi, due pubblicazioni, sia su Neurological Sciences[1], organo ufficiale della Società italiana di Neurologia come sul corrispettivo organo di informazione scientifica in ambito neuroradiologico, in cui si è proposto un protocollo di acquisizione, refertazione e analisi dei dati di risonanza magnetica che sia condivisibile sull’intero territorio nazionale».

Quali Centri popoleranno di immagini la banca dati di INNI e chi poi potrà utilizzarle?
«Al momento INNI verrà popolato dai quattro gruppi di ricerca che hanno proposto l’iniziativa. Oltre al nostro dell’Università Vita e Salute, Ospedale San Raffaele di Milano, il gruppo della professoressa Pantano a Roma, il gruppo del Professor De Stefano a Siena e il gruppo del professor Tedeschi a Napoli. Poi la struttura di INNI è aperta: tutti gli altri centri che accoglieranno le regole stabilite e la qualità richiesta per il materiale da inviare, potranno accedere al database, ampliarlo con i propri dati e nello stesso tempo usufruirne per i propri studi. È infatti nostra intenzione mettere questa banca dati a disposizione dell’intera comunità scientifica per consentire a ogni gruppo di ricerca di effettuare progetti sui dati disponibili».

Sarà dunque un database complesso, quanto a tipologie e qualità delle immagini che intende inserire?
«INNI non sarà solo un database di immagini di risonanza magnetica tradizionale, ma comprenderà anche tecniche avanzate, dove è maggiore la necessità di effettuare studi e dove è più difficile oggi, per i singoli centri, effettuare studi isolati, perché le metodiche sono più nuove, ci sono meno dati a disposizione, è più complesso acquisirle ed analizzarle. Una struttura di questo tipo dovrebbe facilitare la possibilità di effettuare studi utilizzando applicazioni più avanzate e, dunque, capaci di fornire indicazioni più raffinate sull’andamento della malattia. In più nel nostro data-base è prevista anche una parte neuropsicologica di test cognitivi».

Se INNI fosse pronto, oggi, che tipo di studi farebbe, professore, tra quelli che le sembra ancora manchino siano importanti per capire oggi la sclerosi multipla? In altre parole, ci può dare una prospettiva di futuro? A cosa servirà INNI, quando sarà pronto?
«Per esempio, con INNI potremo finalmente individuare quali fattori di risonanza magnetica abbiano un importante valore prognostico, ossia quanto siano in grado di predire la successiva evoluzione di malattia. Un primo quesito per cui INNI potrà consentire un grande avanzamento nelle conoscenze è individuare i meccanismi capaci di permettere una ragionevole previsione di cosa potrà accadere, per ipotesi, nei 5-10 anni successivi in termini di accumulo di disabilità locomotoria o di deficit cognitivi, indirizzando così il singolo paziente al trattamento più idoneo, tra quelli disponibili, per contrastare l’aggravamento di malattia. Non si tratterà di un vantaggio immediato come avere un centro di fisioterapia sotto casa, ma se si potessero finalmente definire, con attendibilità e sufficiente potenza statistica, i fattori sottesi all’accumulo di disabilità motoria o cognitiva, a medio e lungo termine si produrrà un notevole vantaggio proprio per il trattamento farmacologico e riabilitativo di cui necessariamente fruiranno i singoli pazienti».

Uno dei problemi irrisolti è riuscire a prevedere ed eventualmente bloccare il passaggio dalle forme a ricadute e remissioni a quelle secondariamente progressive. INNI potrà offrire un contributo in questa direzione?
«Sì, sarà importante nel prossimo futuro determinare con maggiore certezza quali siano i fattori prognostici di risonanza magnetica che più direttamente si associano alla transizione della malattia dalla forma a ricadute e remissioni a quella secondariamente progressiva, che si verifica nell’85% circa delle persone con SM con esordio a ricadute. Individuare quali siano i campanelli d’allarme più attendibili che segnalino il rischio di passare entro un determinato periodo di tempo alla fase progressiva di malattia, potrebbe tradursi nell’instaurazione di terapie più potenti ed efficaci nel momento più opportuno».

L’orizzonte ultimo cui INNI intende dare consistenza reale, dunque, è quello della personalizzazione della diagnosi, della prognosi e del relativo trattamento farmacologico o riabilitativo delle funzioni motorie e cognitive. Dove è giunto sinora il percorso di questa banca dati in costruzione?
«C’è voluto tempo per costruire l’architettura del database e per definire gli aspetti organizzativi, dai contratti alla suddivisione del lavoro tra i gruppi partecipanti, dall’individuare la società con la più adeguata expertise informatica per la realizzazione del database all’approvazione del progetto da parte dei vari comitati etici. Insomma abbiamo completato, per così dire, la costruzione dei muri della casa. Ora siamo pronti ad arredarla, e cioè a riempire di contenuti il database: i quattro centri attualmente partecipanti al Progetto hanno assunto l’impegno di inserire il materiale a cavallo dell’estate: presto dovremmo arrivare a circa 1000-1500 pazienti. Nel frattempo, con la presentazione al Congresso FISM e con i vari contatti che stiamo aprendo con altri centri, ci aspettiamo che a tempi brevi il quadro si arricchisca ulteriormente. Ovviamente, a questa prima fase ne seguirà un’altra in cui verranno inseriti i dati di follow up, aspetto questo centrale per raggiungere gli obiettivi elencati. Altrettanto importante sarà far “dialogare” questo data base di RM con quelli clinici già esistenti sul territorio. Il progetto è aperto anche alla partecipazione delle case farmaceutiche, se fossero disponibili a donare i dati che hanno acquisito nella realizzazione dei propri trial. Inoltre, quando il database italiano sarà adeguatamente strutturato, intendiamo aprirlo a gruppi di ricerca internazionali e, in particolare, a quelli impegnati nella nuova «Alliance» internazionale per la cura delle forme progressive di SM».

 

Chi è Massimo Filippi
Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1986, specializzato in Neurologia (1990) e in Neurofisiologia (1994), Massimo Filippi è attualmente Professore associato di Neurologia presso l’Università Vita e Salute, San Raffaele, Milano. È responsabile dell’Unità di Neuroimaging Quantitativo e Direttore del programma interdipartimentale “BrainMap” dello stesso Istituto. È autore di oltre 800 articoli su riviste internazionali indicizzate e dal 2011 è Editor-in-Chief della rivista Journal of Neurology.

Il professor Filippi ha vinto il Premio Rita Levi-Montalcini nel 2001. Del suo gruppo di ricerca fa parte anche la dottoressa Mara Rocca, vincitrice del Premio RLM nel 2013.

[1] Filippi M, Rocca MA, Bastianello S, Comi G, Gallo P, Gallucci M, Ghezzi A, Marrosu MG, Minonzio G, Pantano P, Pozzilli C, Tedeschi G, Trojano M, Falini A, De Stefano N. Guidelines from The Italian Neurological and Neuroradiological Societies for the use of magnetic resonance imaging in daily life clinical practice of multiple sclerosis patients. Neurol Sci. 2013 Dec;34(12):2085-93. doi: 10.1007/s10072-013-1485-7. Epub 2013 Jul 5.