Salta al contenuto principale

05/06/2014

Gravidanza e sclerosi multipla: cosa succede quando il futuro padre assume farmaci per la SM?

Uno studio italiano valuta l'impatto dei farmaci desease modifying sulla gravidanza quando è il maschio della coppia ad assumerli

La maggior parte degli studi condotti fino ad oggi sul rapporto tra gravidanza e assunzione di farmaci in persone con SM si è concentrato sulle donne. Il presente studio italiano pubblicato sulla rivista BMC Neurology 2014, 14: 114 – invece - ha cercato di valutare gli esiti di gravidanze quando è l’uomo con SM ad assumere farmaci disease modifying. Lo studio ha esaminato nel dettaglio 78 gravidanze provenienti da un database italiano (alla cui raccolta dati contribuiscono 21 centri italiani), in cui i padri erano uomini con SM. Questo database è un registro che raccoglie dati anamnestici, demografici, clinici correlati alla SM e non, assunzione di farmaci, oltre al decorso della gravidanza e i primi mesi successivi alla stessa, con valutazione di eventuali malformazioni o problemi importanti dello sviluppo. I dati sono stati raccolti anche nei casi in cui le gravidanze non terminassero con un parto ma con un aborto spontaneo e non, inoltre, i neonati sono stati seguiti fino a due anni dopo la nascita, poiché la maggior parte dei problemi di solito vengono identificati entro questo periodo di tempo.

Le 78 gravidanze sono state suddivise in due gruppi, di cui il primo è stato chiamato “gruppo esposto”  mentre il secondo è stato denominato  ”gruppo non esposto”. Il primo gruppo era costituito da 45 gravidanze di cui il padre era un uomo con SM che assumeva un trattamento disease modifying (in particolare 39 assumevano interferone beta e 6 e glatiramer acetato) al momento del concepimento o che aveva smesso di assumere tale terapia entro 70 giorni dal momento del concepimento. Il secondo gruppo invece era formato da 33 gravidanze i cui padri erano uomini con SM che non stavano assumendo alcun farmaco al momento del concepimento, o avevano smesso di prendere un trattamento disease modifying almeno 70 giorni prima del concepimento o infine non era mai stato trattati con un trattamento disease modifying.

L’analisi dei dati derivanti sia dal confronto tra i due gruppi, sia dal confronto con la popolazione generale, non ha evidenziato alcuna associazione tra l'uso di questi trattamenti disease modifying da parte del padre al momento del concepimento e il rischio di aborto spontaneo, o complicazioni o difetti di nascita.

Una volta confrontate le gravidanze del gruppo esposto con quello non esposto, non sono state riscontrate differenze nel rischio di aborto spontaneo, malformazioni, durata della gravidanza, numero di parti cesarei, peso alla nascita e lunghezza alla nascita. Infine anche rispetto alla popolazione generale non si sono riscontrate differenze significative, anche se vi era un maggior numero di  nati prematuri nel gruppo esposto.

A tale proposito però gli autori precisano che questo dato potrebbe non essere rappresentativo, poiché il campione studiato è numericamente piccolo e che certamente tale aspetto va ulteriormente approfondito.

In conclusione lo studio dimostra che non vi è alcuna associazione tra un padre che assume interferoni beta o glatiramer acetato al momento del concepimento e problemi con la gravidanza, malformazioni o difetti di nascita. Questo studio ha preso in esame solo gli interferoni beta e il glatiramer.

Gli autori concludono che sono necessari ulteriori studi che esaminano l'uso dei  trattamenti disease modifying nei padri prima e durante il concepimento, allo scopo di stilare delle  linee guida ufficiali per aiutare  i medici specialisti , quando  si trovano nella situazione di consigliare   uomini con SM che stanno pensando di diventare padre.