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17/11/2011

Maria Trojano: «un grande fermento nella ricerca sulla SM»

 

È direttore dell'Unità Operativa di Neurofisiopatologia del Dipartimento di Neuroscienze ed Organi di senso dell'Università degli Studi di Bari. Dal 2012 al 2014 sarà la nuova Presidente di l'ECTRIMS. L'abbiamo intervistata in chiusura dell'edizione 2011 del congresso il più importante appuntamento internazionale con la ricerca ed il trattamento della SM

 

A conclusione del Congresso ECTRIMS possiamo tracciare un quadro globale dell’evento?
«Per un’immagine complessiva possiamo rifarci alle statistiche definitive, da poco disponibili: è stato uno dei Congressi più importanti nell’ambito della neurologia in generale e in particolare nell’ambito della SM, anche come numerosità di partecipanti. Quest’anno le presenze hanno raggiunto il numero di 7500, con 1200 relazioni. Un numero superiore addirittura a quello del Congresso dell’American Academy. Questo dato, prima ancora di addentrarci nei contenuti del Congresso, segnala alle persone l’esistenza di un grande fermento nella ricerca sulla SM».

 

Evidenziamo alcuni ambiti determinanti delle ricerche presentate al Congresso
«Un primo ambito che segnalerei è la ricerca di nuovi marker biologici, di risonanza magnetica e di laboratorio, che possano essere di aiuto, nel singolo individuo, nel capire quale trattamento, tra i disponibili sul mercato, possa essere quello più giusto. Molecole biologiche come osteopontina e neurofilamento, marcatori di meccanismi sia di infiammazione che di neurodegenerazione implicati nella patogenesi della malattia, possono essere monitorate anche nel tempo e aiutare a capire se i trattamenti farmacologici utilizzati stanno avendo effetto o meno sull’evoluzione della malattia ed in particolare sulla progressione della disabilità e del deterioramento cognitivo. Uno studio presentato al Congresso dal nostro gruppo di Bari ha dimostrato che il trattamento con Natalizumab può avere effetti positivi sul deterioramento cognitivo, probabilmente attraverso una riduzione dei livelli ematici e liquorali di osteopontina».

 

La conoscenza dell’impatto della malattia sui livelli cognitivi è un altro ambito importante?
«Oggi gli studi, oltre a guardare gli effetti che un trattamento può avere sul ritardare la progressione della disabilità, dedicano molta attenzione nell’osservare il deterioramento cognitivo. Il 60% dei pazienti può avere questa problematica all’esordio o durante il corso della malattia. Quindi andare a guardare come i trattamenti possano modificare questa problematica diventa molto utile».

 

Lei è impegnata anche sul fronte della sicurezza dei farmaci e dei registri di malattia. Di cosa si tratta?
«Questa è una dimensione che interessa molto alle persone con SM. Finalmente ora c’è un ampio numero di farmaci a disposizione dei pazienti. E questo numero dopo il 2012 andrà a raddoppiarsi, grazie a molecole orali e a nuovi farmaci monoclonali. Alcuni di questi farmaci hanno già dimostrato e altri stanno dimostrando negli studi di fase III di essere più efficaci rispetto ai farmaci immunomodulanti che utilizziamo fino a questo momento. I nuovi farmaci, però, hanno anche aperto un grosso problema, che è quello della sicurezza nell’uso. Si sta cercando di vedere se ci siano strumenti per individuare in anticipo per quali pazienti i diversi farmaci siano controindicati o abbiano maggiori possibilità di provocare eventi avversi. Alla fine di uno studio di fase III le informazioni sulla sicurezza non sono ancora complete ed esaustive, perché lo studio dura soltanto due anni e il numero di pazienti studiati è piuttosto piccolo ed è selezionato in base a determinate caratteristiche, che non sono poi quelle della totale popolazione dei pazienti con SM».

 

Da qui si approda all’idea di registri post marketing, ossia del monitoraggio degli effetti dei farmaci dopo che sono stati immessi in commercio?
«Sì, ma anche di più. Al termine dello studio che porta all’approvazione di un farmaco bisogna oggi mettere in moto meccanismi proattivi per conoscere gli eventi avversi che accadono quando la terapia viene somministrata nella pratica clinica ad un ampio numero di pazienti con comorbiditaà e trattamenti concomitanti. Sino a qualche tempo l’unico modo che si utilizzava per conoscere gli eventi avversi di un farmaco nel lungo termine e su vaste popolazioni di pazienti era quello di aspettare eventuali segnalazioni spontanee da parte dei pazienti e dei medici. Ora bisogna attuare strategie più sensibili e precise. Si tratta di mettere in moto meccanismi di monitoraggio del farmaco attraverso registri di malattia che forniscono maggiori informazioni. Quando introduciamo una nuova terapia, noi dobbiamo essere in grado di conoscere la storia di un paziente, di sapere quali sono i trattamenti che ha utilizzato sino a quel momento e se la persona ha comorbidità, se sta effettuando trattamenti concomitanti. Poi, se seguiamo nel tempo cosa accade dopo l’introduzione del nuovo farmaco, se osserviamo quali eventi avversi importanti si verificano, se capiamo che il rischio di eventi seri aumenta rispetto ad alcune comorbidità o alla concomitanza di altri farmaci oppure perché i pazienti sono anziani, allora avremo una informazione che non si può ottenere in nessun altro modo. Questo è il senso vero dei registri di malattia».

 

I registri di malattia vengono realizzati a livello nazionale o può esserci una prospettiva internazionale?
«Esistono diversi registri di malattia nel mondo, che vengono utilizzati anche per monitorare la sicurezza dei nuovi farmaci. Un esempio si chiama TysEDMUS ed è utilizzato in Francia; un altro c’è in Svezia: sono registri di malattia che, attraverso link automatici, sono in diretto collegamento con i registri di farmaci delle Agenzie regolatorie, come la nostra AIFA. È un esempio che anche in Italia potremo cercare di seguire, mettendo in comunicazione reciproca il registro di malattia che esiste già e si chiama iMED con i registri dell’AIFA sui farmaci, come per esempio quello sul natalizumab o quello che è in corso di preparazione per la nuova terapia con fingolimod. Uno degli obiettivi che mi propongo di realizzare durante il mio nuovo mandato di Presidente di ECTRIMS è proprio questo: vogliamo cercare di mettere insieme tutti i registri nazionali di malattia utilizzati nei diversi Stati per farne un unico Registro Europeo, che diventi una fonte straordinaria, sia per il paziente che per i medici, di informazione sulla sclerosi multipla in generale e sull’ efficacia e sicurezza delle terapie utilizzate. La persona con SM si potrà così trovare ad affrontare una nuova terapia sapendo di avere a disposizione una ricca serie di informazioni su quel farmaco e potrà scegliere con maggiore e più fondata tranquillità come curarsi».

 

ECTRIMS - il più importante appuntamento internazionale con la ricerca ed il trattamento della SM - si è svolto dal 19 al 22 ottobre 2011 ad Amsterdam. Per l’occasione AISM ha realizzato uno Speciale di approfondimento con focus e interviste ai ricercatori, che hanno illustrato i loro studi più recenti sulla SM e gli ambiti di ricerca di maggiore interesse, nonché gli effetti che potranno avere sulla vita delle persone con SM.