Salta al contenuto principale

18/10/2011

Verso nuove terapie con le cellule staminali: parla Gianvito Martino

Gianvito Martino 
Nella foto: Gianvito Martino

 

Gianvito Martino, neurologo, dirige la Divisione di Neuroscienze dell'Ospedale San Raffaele di Milano. È presidente e fondatore dell’Associazione Italiana di Neuroimmunologia, coordinatore scientifico dell’European School of Neuroimmunology, nonché membro del Comitato Scientifico FISM (Fondazione Italiana Sclerosi Multipla). Partecipa all'ECTRIMS 2011 organizzando un corso di approfondimento sugli ultimi sviluppi della ricerca sulla terapia cellulare a case di cellule staminali nella sclerosi multipla. Lo abbiamo intervistato per l'occasione.

 

 

Come si collocano gli studi che presenta all'ECTRIMS nel quadro globale della ricerca sulla SM?
«Per ECTRIMS mi è stato chiesto di organizzare un corso rivolto a persone che vogliono approfondire in particolare la terapia cellulare a base di cellule staminali nella sclerosi multipla. Questo corso vedrà tre contributi: quello di Marc Friedman, canadese, che parlerà delle staminali ematopoietiche nella SM; quello di Antonio Uccelli, che parlerà del ruolo delle cellule staminali mesenchimali; e il mio contributo, che riguarderà il ruolo delle cellule neurali, cioè del cervello. Presento anche una relazione sul significato della terapia a base di staminali nella SM».

 

Dal punto di vista scientifico qual è il contributo di questo corso?
«Parleremo di come i dati preclinici e alcuni dati clinici, sia nell’ambito delle cellule staminali ematopoietiche sia quelle mesenchimali, potranno essere tradotti in terapie, e ci confronteremo sui tempi, sulle modalità, i limiti e le potenzialità di queste possibili terapie. Durante quella relazione cercherò di spiegare che le cellule staminali ormai utilizzabili nell’ambito della SM sono di diverso tipo, in particolare quelle del sangue, del midollo e del cervello: tutte queste cellule hanno delle potenzialità. In particolare sono in grado di indurre neuro protezione, cioè di stimolare l’autoriparazione del cervello e del midollo attraverso un’azione che è basata sul rilascio di sostanze immunoprotettive, fattori trofici, antiinfiammatori e immunomodulanti. Se dieci anni fa pensavamo che le cellule staminali potessero essere usate solo per sostituire le cellule danneggiate, oggi sappiamo che le possiamo usare anche per stimolare la risposta dell’organismo ad autoripararsi. Questo è sostanzialmente il contributo e il valore della ricerca: da un lato ha ridotto le aspettative di utilizzo delle staminali per riparare loro stesse il tessuto, sostituendosi direttamente ai neuroni e alla mielina danneggiata nella SM. Anche se in parte le staminali svolgono questa azione, in questa fase è più rilevante il fatto che le cellule staminali possono essere neuro protettive, cioè rappresentare la prima terapia o una delle poche terapie che una volta raggiunto il sistema nervoso stimola un’autoriparazione. Oggi non si vede più, a distanza di tempo dal danno subito, la potenzialità di autoriparazione che il tessuto ha quando è appena danneggiato. Una volta che la cicatrice si è consolidata, poi resta, con tutte le conseguenze che comporta, e neppure una terapia basata sulle staminali può cancellarla. Questa è oggi la realtà delle staminali. Mai dire mai, ovviamente, però questo è il dato di realtà. Però la realtà ci indica appunto la possibilità di usare le staminali anche con altre indicazioni, come farmaci antiinfiammatori e magari anche un giorno nelle fasi iniziali di malattia per attenuarne le conseguenze».

 

La ricerca inizia in laboratorio e arriva a migliorare la vita delle persone: il ritorno sulla qualità di vita delle persone con SM  delle ricerche sulle staminali è dunque la realizzazione di nuove terapie neuro protettive?
«È la possibilità di terapie che stimolano l’autoriparazione. È soprattutto la possibilità da parte delle staminali, a differenza dei farmaci attuali, di utilizzare diverse strategie in base al tessuto danneggiato con cui si trovano a confrontarsi. Questo è il vero valore delle terapie cellulari: possono modulare il tipo di sostanze che vanno a produrre nell’organismo. Producono centinaia di sostanze diverse in base al tipo di lesione, al tipo di stato, alla cronicità, alla localizzazione e così via. Il farmaco classico fa una cosa sola, ha un solo bersaglio. Invece qui il tessuto danneggiato manda dei messaggi che la cellula staminale è in grado di recepire e di rispondere specificamente».

 

Come dire che il farmaco classico è un singolo file e la terapia cellulare è un intero PC con molti programmi diversi in base all’utilizzo che la singola persona ne deve fare.
«Esattamente. Questo è il vero vantaggio potenziale delle staminali e delle terapie con cellule staminali. È già un vantaggio reale, che tra l’altro è il frutto in particolare della ricerca italiana».

 

Dovesse mandare un messaggio alle persone sullo stato globale della ricerca nella SM e sulle principali conquiste che ci possiamo aspettare nei prossimi anni, cosa direbbe?
«Negli ultimi vent’anni sono stati messi a punto farmaci che funzionano nelle fasi iniziali di malattia, nelle fasi ricorrenti e remittenti. Ora la percezione è che l’attenzione si sta focalizzando sulle fasi progressive, dove c’è veramente un reale bisogno di terapie efficaci, che ancora mancano. Sensazione è che nei prossimi anni vedremo un fiorire di tentativi di curare le forme progressive, che è l’aspetto più carente ed è quello che i pazienti si aspettano. Ci abbiamo messo vent’anni per trovare oramai un buon numero di farmaci approvati per curare le forme remittenti della malattia, dobbiamo darci gli stessi tempi, magari meno, per trovare farmaci per le forme progressive. Dunque il messaggio è quello di curarsi, curarsi bene e soprattutto all’inizio. Così facendo, anche se i primi farmaci utilizzati non funzionassero al meglio, si potrebbe accedere ai nuovi farmaci ormai pronti in una condizione fisica e psichica ancora accettabile».

 

E le terapie con cellule staminali a che punto sono?
«Dieci anni fa eravamo nella preistoria, con le staminali. Allora abbiamo detto che ci sarebbero voluti dieci anni per arrivare a risultati, ed effettivamente l’anno scorso e quest’anno sono iniziate le prime sperimentazioni serie e rilevanti con le mesenchimali in Inghilterra, Israele, Libano e Iran. Anche in Italia Antonio Uccelli, coordinatore internazionale dello studio FISM di terapie per l’uomo, ha già richiesto al Ministero l’autorizzazione a iniziare e siamo al via. Anche le terapie con cellule staminali neurali è possibile che arrivino nei prossimi anni: le staminali neurali sono molto più complicate da tradurre in farmaco, proprio dal non semplice punto di vista della produzione di queste cellule. Ma stanno arrivando anche loro, nei prossimi anni. Le ematopoietiche già si usano soprattutto nelle forme più maligne e aggressive, quindi sbaglia chi dice che le cellule staminali nella sclerosi multipla non arrivano mai. Sono già arrivate, hanno dato risultati importanti, arriveranno sempre di più. Non saranno la soluzione definitiva per la cura della malattia, ma saranno una possibilità da consigliare ai pazienti per il trattamento. Come la scienza vuole queste terapie prima di essere approvate o consigliate devono essere testate. Sono test lunghi e complicati ma necessari, perché usare indiscriminatamente queste cellule vorrebbe dire mettere a rischio la vita dei pazienti e non garantire quei benefici che invece ogni terapia deve garantire».

 

Se dovesse dare un titolo "giornalistico" alla ricerca di terapie basate sulle cellule staminali, quale sceglierebbe?
«Direi: "Ci siamo". Una speranza realizzata. Per chi come me ha iniziato a studiare le staminali tanti anni fa questo è un periodo di particolare gioia: ci rendiamo conto che ci siamo, che la gente ha capito che è una reale possibilità, che c’è chi come FISM (Fondazione Italiana Sclerosi Multipla ndr) in particolare ha voglia di investire per la realizzazione di queste nuove terapie. Davvero, non è solo un titolo giornalistico, ma una possibilità reale e seria: abbiamo contribuito a poter provare nuove terapie».

 

frecciaGuarda la videointervista di Gianvito Martino in occasione dell'ultimo Congresso FISM (maggio 2011)