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17/09/2009

Insufficienza cerebrospinale venosa cronica (CCSVI) e sclerosi multipla


La causa o meglio le cause della SM sono ancora in parte sconosciute, tuttavia la ricerca ha fatto grandi passi avanti per chiarire il modo con cui la malattia agisce e quindi rendere possibile una diagnosi e a un trattamento precoce per permettere alle persone con SM di mantenere una buona qualità di vita.
Identificare il fattore o l’evento scatenante che innesca il primo episodio di malattia e comprendere se esistono dei fattori di rischio che, al di là della genetica, predispongano allo sviluppo della SM sono tra gli obiettivi della ricerca scientifica, fondamentali per individuare nuovi approcci terapeutici e intervenire anche a livello di prevenzione.
In questo ambito si colloca il filone di ricerche condotte dal professor Paolo Zamboni, direttore del Centro Malattie Vascolari dell'Università di Ferrara. In occasione di una conferenza scientifica, organizzata a Bologna dalla Fondazione Hilarescere che si è svolta l’8 settembre 2009, il professor Zamboni ha presentato i risultati di uno studio sul tema "Venous Function and Multiple Sclerosis" che sono stati ripresi da diverse testate giornalistiche e siti web.
Si tratta di ricerche già oggetto di pubblicazioni dal 2006 come per esempio l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Journal of neurology, neurosurgery e psychiatry, "Chronic cerebrospinal venous insufficiency in patients with multiple sclerosis". P.Zamboni, R.Galeotti, E.Menegatti, A.M.Malagoni, G.Tacconi, S.Dall’Ara, I.Bartolomei, F.Salvi, 2009, Aprile 80(4): 392-399) e la review pubblicata al momento solo online sul Journal of Cerebral Blood Flow & Metabolism (2009, Settembre), "Anomalous venous blood flow and iron deposition in multiple sclerosis" Ajay V. Singh and Paolo Zamboni.

Il lavoro pubblicato ad aprile di quest’anno ha coinvolto 65 persone con SM clinicamente definita e 235 controlli che comprendono sia soggetti sani che affetti da altre patologie neurologiche diverse dalla SM. Lo studio è stato condotto con metodiche ad ultrasuoni e sono stati valutati alcuni parametri per valutare la funzionalità delle vene giugulari interne, delle vene vertebrali e delle vene cerebrali profonde. 

Lo studio ha affermato una possibile correlazione tra l’insufficienza cerebrospinale venosa cronica (Chronic cerebrospinal venous insufficiency, CCSVI) che colpisce le vene cerebrali, e la possibilità che chi ne soffre possa sviluppare la sclerosi multipla. Gli autori concludono il lavoro ipotizzando che una malformazione venosa di origine congenita associata alla SM possa essere plausibile. Ulteriori dati sono stati anche riferiti in due poster presentati durante l’ultimo congresso ECTRIMS (European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis) che si è svolto in Germania dal 9 al 12 settembre 2009.

Per poter confermare questa ipotesi, gli autori affermano che sono necessari ulteriori e maggiori studi che permettano di comprendere il possibile ruolo dell’insufficienza venosa cronica  sul processo infiammatorio e neurodegenerativo della malattia.

Il presidente della Fondazione Hilarescere professor Fabio Roversi-Monaco, che ha organizzato la conferenza tenuta a Bologna lo scorso 8 settembre, ha affermato: “Ci vuole grande rigore, per questo al congresso abbiamo invitato anche alcune voci critiche. Il rischio che non vogliamo correre è di illudere i malati e le famiglie. Bisogna andarci coi piedi di piombo.”

A tale proposito il professor Marco Salvetti dell’Università “La Sapienza”, Centro neurologico e Terapie Sperimentali (CENTERS) di Roma, membro del comitato scientifico AISM e FISM, che ha partecipato personalmente alla conferenza ha commentato : “I dati presentati colpiscono tanto per la loro significatività quanto per la difficoltà di conciliarli con quanto sappiamo già sulla SM: bande oligoclonali, decorso remittente, variazioni di prevalenza in diverse popolazioni, ecc. Il prossimo, importante passo potrebbe essere il riuscire a trovare un punto di contatto fra queste osservazioni e risultati già consolidati in ambito epidemiologico ed immunogenetico.”

Il professor Gianluigi Mancardi, Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Genova e Presidente del Comitato Scientifico dell’AISM, ha affermato che “Considerata l’alta variabilità individuale del circolo venoso è necessario che i dati, peraltro interessanti dei colleghi di Ferrara, vengano innanzitutto confermati da altri laboratori con consolidata esperienza sullo studio della circolazione venosa. Non è comunque affatto chiaro se tali eventuali anomalie siano primarie o eventualmente solo secondarie ad altre patologie, verosimilmente infiammatorie, del sistema nervoso centrale.”

Il professor Jerry Wolinsky della Scuola di Medicina dell’Università del Texas a Houston nel sintetizzare le presentazioni scientifiche al recente congresso ECTRIMS, ove sono stati presentati sul tema due poster del professor Zamboni, ha sottolineato che “Già 35 anni fa si era valutato questo aspetto patologico nella SM e mentre dovranno proseguire le ricerche dobbiamo avere un approccio clinico molto attento e fare ricerche approfondite e corrette perché non sappiamo se, come conseguenza di queste conoscenze, ci potrà essere un trattamento, e se si, debba essere per pochi o per tanti, e non dobbiamo trattare troppe persone inutilmente”.

In conclusione il professor Mario Alberto Battaglia, presidente della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, afferma: “Questa ricerca si va ad aggiungere ad altre che hanno l'obiettivo di individuare i possibili fattori di rischio associati allo sviluppo della SM. Il vero problema in realtà sarà sia chiarire se le anomalie venose riscontrate dal presente studio rivestano un ruolo nella patogenesi della malattia o siano un fattore non associato e sia valutare con trial clinici le possibili conseguenze (anche a lungo termine) di interventi correttivi. Queste ulteriori valutazioni devono essere fatte tenendo conto che nel 70% dei casi il placebo ha un effetto positivo sul decorso della malattia e che sia la storia naturale sia l’evoluzione della SM trattata con le terapie attuali, spesso mostrano miglioramenti nelle manifestazioni della malattia e nella qualità di vita”.

Come sempre l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla raccomanda alle persone con SM di seguire le terapie ufficiali che per ciascuno di loro si sono già dimostrate efficaci e di consultare il loro medico di fiducia per scegliere il miglior percorso terapeutico.

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