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08/08/2025

Addio a Gianni Berengo Gardin: le sue foto per la sclerosi multipla

È stato uno dei più grandi fotografi italiani del Novecento. I suoi scatti in una delle prime campagne di sensibilizzazione di AISM.

Ci ha lasciato Gianni Berengo Gardin. È stato uno dei più importanti fotografi italiani del Novecento, ha pubblicato oltre 250 libri e centinaia di mostre in tutto il mondo. È diventato celebre per il suo sguardo unico, per il suo stile inconfondibile legato al bianco e nero, ma soprattutto il suo impegno a dare alle immagini una forza e un valore umano che va oltre la fotografia.

Negli anni Novanta ha collaborato anche con la nostra Associazione realizzando una serie di scatti diventati poi una monografia "La vita nonostante. Sclerosi multipla diario per immagini". Quelle foto hanno avuto un grande impatto allora e mantengono ancora oggi la forza originaria.  

"Ricordiamo la sensibilità e il grande contributo umano e artistico di Gianni Berengo Gardin, nel raccontare la sclerosi multipla in una delle sue prime campagne di sensibilizzazione”, dice Mario Alberto Battaglia, Presidente della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla nonché della Federazione Internazionale delle Associazioni SM.

 

Ricordiamo un grande fotografo, e un grande amico di AISM, riproponendo una bella intervista che rilasciò nel 2002 a Fiorella Boccagni per la nostra rivista SM Italia.

 

Intervista a Gianni Berengo Gardin

 

Incontriamo nel suo studio di Milano Gianni Berengo Gardin, un grande della fotografia, lucido testimone del suo tempo, che ha "guardato" anche la realtà della sclerosi multipla, raccontandola da maestro.

 

Raccontare il disagio di una malattia difficile, che si manifesta in modi tanto diversi, per sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi sociali e umani che le sono legati. 

 

Di fronte a questo compito, che ha sentito impellente negli anni 80/90, quando la sclerosi multipla era ancora poco nota al grande pubblico, l'AISM non ha avuto dubbi: nessun altro avrebbe potuto assolverlo meglio di Gianni Berengo Gardin, maestro dell'obbiettivo e da sempre, per scelta precisa, "reporter" cioè professionista della verità, interprete del suo tempo. 

 

Attraverso l'Agenzia che lo rappresenta, sensibile alla richiesta di un'associazione no profit, che non poteva offrire una committenza generosa, Berengo Gardin ha accettato volentieri. 

 

Più volte le sue fotografie hanno illustrato monografie e riviste AISM, sono state oggetto di mostre, hanno testimoniato sulla stampa la sclerosi multipla. 

Impegnato nel sociale da quando cominciò far scattare la sua Leika, d'istinto interessato, più che al "bello", al "vero", si è imposto presto nel mondo della fotografia per quella capacità straordinaria di sintetizzare in una immagine una denuncia, un problema, una situazione, un cambiamento, una tendenza. Siamo andati a trovarlo per conoscerlo più da vicino e sentire dalla sua voce che cosa ha voluto dire scegliere una professione tanto affascinante.

 

Il suo studio è all'ultimo piano di un palazzo d'epoca della Milano ottocentesca, intorno a Piazzale Baracca: tetto spiovente, grandi spazi aperti, terrazzi con vista sulla città e una gran luce quieta. Il caos metropolitano quassù non arriva, si sta bene. Niente di lussuoso nell'arredamento: scaffali e ordine, poche fotografie alle pareti, qualche locandina di mostre di cui è stato protagonista. Semplicità anche nel tratto, come tra persone che si conoscono da tempo e che hanno in comune certi valori di fondo.

 

"Devo ringraziare il lavoro che ho fatto per l'AISM. Ricordo benissimo per esempio, il servizio in Sardegna, quando ho fotografato la vita di Marigia. Una donna di coraggio, insegnante in una scuola superiore, che si muove sulla sedia a rotelle. Anche il marito è una persona di valore… Conoscerli è stata una lezione, un esempio di volontà, di capacità di superare gli ostacoli…" 

 

Quelle immagini - il profilo di lui che spinge la carrozzella di lei sul lungomare deserto, la Prof. circondata dai suoi ragazzi - sono segni di forza e di speranza.

 

Berengo Gardin ha fotografato la società: in Italia e all'estero - ha viaggiato moltissimo - ha cercato sempre di documentare la vita e gli uomini. E spesso ha focalizzato il suo interesse sui deboli, i meno fortunati, i marginali. Famosi sono i suoi reportage sui malati di mente dopo la legge Basaglia, sulle periferie degradate e sui rom, coi quali ha vissuto nei campi di varie città, da Padova a Palermo, per capirne problemi e abitudini.

 

I suoi reportage nascono da grandi committenze, come quella dello Stato per le forze armate e le ferrovie oppure da realtà più locali, ma come quello, recentissimo, dedicato alle risaie e alle ultime mondine della storia (sì, ci sono ancora alcuni piccoli produttori che lavorano senza macchinari industriali e diserbanti). 

 

In quasi quarant'anni di professione, ha visto l'Italia crescere e il mondo girare…Ma quando e come ha incominciato?

"Nel '43, ero un ragazzo. A Roma, durante l'occupazione tedesca, fu fatto obbligo a tutti i cittadini di consegnare al Commissariato di Polizia le macchine fotografiche che si possedevano. Prima di obbedire - mi ribellavo istintivamente all'imposizione - decisi di usare quell'apparecchio che non avevo mai considerato e uscii per la città con un rotolino o due… Ricordo in particolare che ripresi le Terme di Caracalla. Poi, per alcuni anni, non accadde niente. Ero uno studente svogliato, nel senso che rifiutavo il nozionismo, il metodo di studio che mi veniva richiesto, non avevo memoria… Ma leggevo moltissimo e avevo sete di conoscere, di fare. Cominciai presto a lavorare, facendo un po' di tutto, in Italia e fuori. A un certo punto mi interessavo di aviazione. Ci eravamo trasferiti a Venezia e per illustrare un articolo tecnico, scattai qualche fotografia. Scoprii che esisteva un Circolo fotografico dove ci si dedicava a foto più artistiche delle mie. Mi si aprì un mondo. Conobbi il Presidente, Paolo Monti, che è stato il più grande fotografo italiano, e mi appassionai sempre di più.”

 

Intanto col matrimonio era entrato a lavorare nella bottega di famiglia di vetri artistici a Venezia. Il grande passo - dedicarsi completamente alla fotografia, farne una vera professione - venne negli anni Sessanta.

 

"Avevo due figli piccoli e non era facile prendere questa strada, che mi avrebbe anche portato lontano da casa per lunghi periodi. Mia moglie per fortuna mi appoggiò, allora e sempre. Il periodo di Parigi fu fondamentale, per imparare. Incontrai i più importanti fotografi, francesi e non solo. È andata bene. Certo, se avessi scelto un altro genere di fotografia, la pubblicità o la moda, avrei fatto fortuna, nel senso di guadagnare molto ma molto di più. Invece il mio interesse è il reportage, che è anche un modo di intervenire sulla società, di schierarsi da una parte. Non puoi essere neutro, di fronte alle ingiustizie, alle guerre, alle sofferenze. Non per niente ero stato un lettore accanito di scrittori americani come Faulkner e Steinbeck, e ancor più di Dos Passos che era anche un sociologo oltre che romanziere.”

 

Il primo successo di Berengo Gardin fu la collaborazione con  il mitico settimanale Il Mondo diretto da Pannunzio, negli anni Cinquanta e Sessanta: le sue immagini scarne e forti, erano perfette per lo stile del giornale, che riuniva le firme di avanguardia e gli interventi degli intellettuali più impegnati dell'epoca. 

 

Poi vennero foto politiche, sui comitati di quartiere, le lotte sindacali, i movimenti degli anni Settanta. E grandi inchieste come quella sulle case e il lavoro degli italiani, realizzata con l'amico napoletano Luciano d'Alessandro, riunite in un due volumi oggi esauritissimi: "dovevano essere dieci volumi, ma il progetto non trovò i fondi per continuare." 

 

Mentre parliamo, passano indaffarate e silenziose la signora Berengo Gardin e Susanna che aiuta il padre in studio. Si sente che è una bella famiglia. Le pause dal lavoro, che ormai si svolge più in Italia che fuori, vengono trascorse quasi sempre a Camogli, dove Berengo Gardin ha una piccola casa e un pezzettino di terra da zappare, sarchiare, seminare - "è la mia passione" -, dove i suoi limoni e gli aranci profumano l'aria …  e dove ritrova il piacere del mare, grande amore. Non a caso nacque a Santa Margherita Ligure da padre veneziano (e madre svizzera), e là trascorse l'infanzia. Il paesaggio della Liguria di Levante si è inciso sulla lastra, tanto impressionabile, della memoria della prima età ispirandogli fotografie di rara sintesi, lontanissime da quelle delle riviste patinate.

 

Da sempre le sue fotografie sono in bianco e nero e solo in bianco e nero. Perché?

"È il modo espressivo che corrisponde al mio modo di guardare la realtà. Il colore distrae, sempre, sia il fotografo sia chi guarda la fotografia. Io al contrario voglio concentrare al massimo l'attenzione sul contenuto dell'immagine. Graficamente, così come per la materia del mio lavoro, il bianco e nero ha un'efficacia unica. E poi, il bianco e nero è anche colore: la gamma dei grigi è infinita e consente di ottenere una infinita serie di toni, di dire tutto.

 

Che cosa consiglia ai giovani di oggi che volessero intraprendere la sua strada?

"Di pensarci bene. Col reportage non si diventa ricchi. D'altra parte, in questo modo si possono dire cose forti e chiare, esprimere idee e valori che si sentono, dare un aiuto a chi ne ha bisogno. Una fotografia riuscita, riuscita dal mio punto di vista, è forse una goccia nel mare, ma è qualcosa, dice qualcosa, può servire. Io ho questa soddisfazione, di aver lavorato anche per aiutare gli altri: non sono credente e certo non lo faccio per spirito religioso, ma credo nella solidarietà, nella partecipazione. Il mondo di oggi per molti versi non mi piace affatto, lo trovo altamente volgare e sono in pensiero per quello che potrà accadere anche da noi, ma non è giusto neppure dire che niente funziona: sono stato recentemente a farmi operare in una grande struttura pubblica, l'Ospedale San Martino di Genova, e ho trovato efficienza, umanità, grande professionalità… nulla da invidiare alle cliniche svizzere, tanto famose, che peraltro conosco. Lo scriva, lo scriva.”

 

Fiorella Boccagni

SM Italia n. 2/2002

 

Foto di Berengo Gardin per AISM
Immagine realizzata da Berengo Gardin per Associazione Italiana Sclerosi Multipla