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26/02/2013

Rita Levi Montalcini era una di noi

 Rita Levi Montalcini con Roberta Amadeo e i giovani volontari dell'AISM

Il ricordo dell'ex Presidente onorario, scomparsa alla fine del 2012 all'età di 103 anni. "Una persona capace di amare e di farsi amare". Il suo percorso al fianco e con l'Associazione

 

A poche settimane dalla sua scomparsa, il vuoto lasciato da Rita Levi Montalcini è grande nel mondo della scienza, e soprattutto nell'AISM, di cui è stata Preisdente Onoraria dal 1986. Riportiamo qui, dal primo numero di SM Italia del 2013, un lungo ricordo da parte di chi nell'associazione ha avuto l'onore di consocerla e di lavorarci insieme.

 

"Dico ai giovani: non pensate a voi stessi, pensate agli altri. Pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare, e temete nulla" 

 

Per l’AISM la zia aveva sicuramente un’attenzione particolare». Rita Levi-Montalcini, nelle parole della nipote Piera, ingegnere torinese, è semplicemente «la zia». Un familiare. E questo, essenzialmente, è stata la professoressa Levi-Montalcini per AISM e per molte persone con SM: non solo la prima donna italiana a vincere il Nobel per la Medicina; non solo l’ammirato «Presidente onorario» per lunghi anni ma, prima ancora, «una di noi», una persona capace di amare e di farsi amare, proprio per quella sua «attenzione particolare» di cui resta viva la memoria.

 

Rita Levi-Montalcini aveva ben chiaro cosa sarebbe rimasto di lei: «Quando muore il corpo – aveva detto al compimento dei 100 anni - sopravvive quello che hai fatto. Il messaggio che hai dato». Ora che i suoi occhi chiari si sono chiusi per sempre su questo mondo che ha servito a lungo, cerchiamo anche noi – in punta di piedi – di raccogliere il suo «messaggio», o almeno qualcuno dei semi di futuro da lei lasciati nell’Associazione della quale è stata Presidente dal 1983 al 1989, e Presidente onorario sino al giorno della sua morte.

 

L’ultima volta che è stata presente a un’Assemblea dell’Associazione aveva espresso un desiderio forte come la sua lunga vita: «Spero vivamente di essere tra i viventi quando si potrà annunciare che è stata trovata la cura per la sclerosi multipla, quando tutti quelli che sono stati colpiti dalla malattia si vedranno restituire la propria vita». Dunque, possiamo starne certi: la professoressa Levi-Montalcini, che è nata e vissuta libera anche in mezzo alle peggiori costrizioni, continuerà con la sua tenacia indistruttibile ad accompagnare le persone con SM e la stessa Associazione, in qualche maniera non visibile, fino a quando non sarà compiutamente costruito un mondo libero dalla SM.

 

 

 Rita Levi Montalcini
Nella foto: Rita Levi Montalcini alla consegna del Premio Nobel nel 1986

Il prestigio di Rita Levi-Montalcini, la credibilità di AISM: un binomio vincente
La rivista dell’Associazione, che nella seconda metà degli anni ’80 si chiamava «Di Più», riporta un ricordo della dottoressa Lore Fazio, socio fondatore di AISM e madre dell’ex-Ministro della Salute: «Nel 1983 abbiamo avuto il coraggio di chiederle, seduti vicino a lei sul sofà della sua casa romana, se avrebbe accettato di assumere la presidenza di una associazione di volontari che si occupa di problemi sanitari e assistenziali di certi malati cronici».

 

Era il 1986, l’anno in cui Rita Levi-Montalcini riceveva il Premio Nobel (Di Più 4/1986). Una sfumatura sembra dunque colorare l’origine della Presidenza Levi-Montalcini nell’Associazione: è nata sul sofà della sua casa, in un clima di amicizia, quasi di intimità.

 

Mario Alberto Battaglia, attuale Presidente della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, che in quegli stessi anni era uno dei Vice Presidenti di AISM, ricorda: «Allora la parola sclerosi multipla era sconosciuta alla stragrande maggioranza degli italiani e le Assemblee nazionali dell’Associazione raccoglievano circa 20 persone. Per questo, cercavamo una persona che desse visibilità alla causa della SM. E noi del Consiglio Direttivo, invece che rivolgerci a un personaggio dello spettacolo o a un uomo politico, pensammo di proporre la Presidenza AISM a una donna che era famosa per il suo lavoro di ricerca scientifica: la professoressa Levi-Montalcini. Lei, del resto, già nel 1968 dagli Stati Uniti aveva mandato una lettera autografa con cui aderiva all’AISM appena fondata. Con Lore Fazio e la dottoressa Delfina Amprino, di Bari, la contattammo. E lei prontamente ci invitò a casa sua per parlare della nostra proposta».

 

Sempre Lore Fazio, su «Di Più», ricorda come si svolse l’incontro da cui cominciò tutto: «Alla sua domanda in che cosa dovesse consistere il suo aiuto rispondemmo che bastava ci prestasse il suo prestigioso nome che avrebbe dato conforto ai malati e credibilità all’Associazione. Accettò, e da allora non solo il suo nome, oggi più che mai prestigioso, ma la sua presenza attiva, permanentemente stimolante e sostanziale ha cambiato la qualità dell’AISM».

 

Da allora, più volte la vita associativa entrò nella casa della professoressa «Negli anni della sua Presidenza, e fino agli anni ’90 – aggiunge Battaglia – siamo poi andati molte volte a casa sua, al di fuori degli incontri formali, per confrontarci, decidere ed aggiornarla su cosa stesse facendo l’Associazione. Diceva la sua, sempre. Domandava, criticava se necessario e forniva con caparbietà il proprio apporto». In fondo, dunque, AISM ha sempre avuto un suo posto nella casa, nel cuore vitale dell’esistenza della professoressa Levi- Montalcini.

 

"AISM non vuole sostituirsi alle istituzioni, ma intende contribuire a un loro adeguato funzionamento affinché tutti i colpiti da SM così come tutti coloro che hanno un handicap, possano esercitare quei diritti che la Costituzione riconosce loro come cittadini di questo Paese"

 

 

 Rita Levi Montalcini

Prima di tutto, le persone
C’è un filo rosso ancora luminoso, quasi incandescente, a unire i lunghi anni che dal 1983 arrivano sino agli ultimi attimi del rapporto tra Rita Levi-Montalcini e l’AISM: «Era molto attenta e disponibile, pronta ad ascoltare e incontrare singole persone. E seguiva tanti casi singoli», come ricorda Battaglia. La stessa Piera Levi-Montalcini, racconta che «la zia manifestava anche a noi familiari un approccio di intensa partecipazione con la persona malata di SM, per cercare di dare un minimo di speranza anche nelle situazioni più complesse».

 

L’ingegner Levi-Montalcini, pur a distanza di anni, ricorda bene nomi, cognomi, luoghi di persone che la zia seguiva. «Era molto amica, per esempio, di C. G. di Pistoia. Un uomo meraviglioso, che ha la SM da quando aveva 32 anni e oggi ha una settantina d’anni. Ricordo un’altra persona con SM, vicino a Missaglia, in Lombardia: ogni volta che arrivavamo da quelle parti la zia chiedeva di andare a casa sua a salutarlo. Aveva una situazione abbastanza grave, era costretto a letto. Lei andava a confortareuna giovane coppia di trentenni. Entrambi avevano la SM e volevano andare a vivere insieme, ma le famiglie si opponevano. La professoressa, la donna che era famosa per aver sposato solamente la scienza, prese a cuore la loro storia: affittò personalmente un appartamento e lo mise a disposizione della coppia. Per quanto breve fosse il loro futuro indipendente, per lei valeva la pena che lo vivessero». 

 

Questa piccola grande storia è arrivata anche a Piera Levi-Montalcini: «Ricordo che la zia parlava spesso di questi due giovani. Da lei ho saputo che, a un certo punto, si sono separati. Allora la zia ha continuato comunque a seguirli entrambi, pur separatamente». Una vera e propria passione, dunque, per la persona, senza pregiudizi, senza voler imporre un destino che non fosse quello che ciascuno desiderava scegliersi. A detta di Piera Levi-Montalcini qui sta il cuore di un lascito da non dimenticare: «Dove tanti vedevano un malato, lei vedeva prima di tutto un essere umano, che va rispettato e difeso per ciò che è».

 

 

 Rita Levi Montalcini
Nella foto: Rita Levi Montalcini al Festival di Sanremo nel 1993

«Abbiamo tanti progetti in cantiere: dateci una mano»
«La prima volta in cui, appena eletta Presidente, partecipò a un incontro del Consiglio Direttivo Nazionale – rammenta Battaglia – la professoressa esordì dicendoci: Bisogna fare raccolta di fondi come la fanno in America, per le strade. Qui in Italia non c’è questa abitudine, dobbiamo attivarci». Non parlò, dunque, di ricerca, come ci si sarebbe aspettati da una donna che era diventata famosa come scienziata, ma di come moltiplicare le risorse per le attività con cui l’Associazione da sempre si impegna per rispondere ai bisogni delle persone con SM.

 

In un editoriale del 1986 per la rivista AISM firmò questa dichiarazione di intenti: «Oggi, pur continuando ad occuparmi della ricerca, voglio dedicare questi anni della mia vita agli ammalati di sclerosi multipla ... condividendo l’impegno di AISM di imporre all’attenzione di tutti la diffusione della malattia, l’importanza dei problemi sociali e sanitari che essa comporta…». Al di là delle parole, si impegnò intensamente per questo scopo. Sempre il Presidente FISM Battaglia conferma che «nei primi tempi bisognava andare a raccontare agli italiani chi eravamo e cosa facevamo. Da un’indagine Doxa che AISM aveva promosso nel 1983, risultava che solo il 5% dei potenziali donatori italiani era a conoscenza di cosa fosse la sclerosi multipla. Allora, Rita Levi-Montalcini si prestava volentieri per le interviste in radio o in televisione.

 

Nell’84, per esempio, partecipò con numerose interviste su radio e giornali a una campagna con cui si sollecitava il Servizio Sanitario Nazionale a mettere a disposizione le risonanze magnetiche nei principali ospedali. Allora venivano effettuate in pochissime strutture. Averle a disposizione in tanti Ospedali significava per le persone poter accelerare la diagnosi di sclerosi multipla».

 

Comunicazione e raccolta fondi era il binomio d’oro per cui Rita Levi-Montalcini si spendeva senza riserve. Per ricordare un altro esempio nel 1986, in occasione della prima Giornata Nazionale della SM, attraverso nuove interviste sui principali media Levi-Montalcini amplificò l’appello AISM che chiedeva ai cittadini sostengo per raccogliere un miliardo di lire a sostegno della ricerca scientifica. E in quell’anno AISM mise a disposizione dei ricercatori i primi 300 milioni di lire con il primo bando per la ricerca.

 

Questa attenzione a diffondere conoscenza sulla SM e a sostenere i progetti e le attività dell’AISM continuò a essere un richiamo forte per Rita Levi-Montalcini anche dopo gli anni della sua Presidenza. Per esempio, nel 1992, la professoressa comparve in un video mentre, alla sua veneranda età, spingeva una carrozzina e dava voce a una nuova campagna di sensibilizzazione: «Di sclerosi multipla non si muore. Ma senza assistenza non si vive» (Di Più 2/1992).

 

Ancora nel 1994, una Rita Levi-Montalcini elegantissima, in tailleur grigio e scarpe col tacco, appoggiava la sua mano di ottantacinquenne ancora attiva sull’impalcatura di un cantiere e rivolgeva il suo sorriso a tutti gli italiani: «Per i malati di sclerosi multipla abbiamo tanti progetti in cantiere. Ma le nostre forze non bastano, dateci una mano» (Di Più 1/1994). Forse, il documento più significativo a testimonianza della passione di Rita Levi-Montalcini per la promozione della causa della SM si trova ancora negli archivi RAI, quando, nel 1993, andò al Festival di Sanremo. «Per sconfiggere la sclerosi multipla servono molti fondi» disse in mondovisione, in un’Italia interessata a distrarsi con le canzoni più che a lasciarsi interpellare da una malattia poco conosciuta. E aggiunse: «Spero davvero che milioni di italiani rispondano al nostro appello con generosità».

 

E molti risposero davvero, a quel Premio Nobel non si poteva dire di no. Battaglia ricorda: «Allora per effettuare una donazione bisognava scriversi il numero di conto corrente che veniva letto in TV, andare in posta, fare la coda e pagare un bollettino. Era faticoso, non c’era ancora l’SMS solidale. Eppure raccogliemmo 600 milioni di lire in quattro giorni. Non era mai successa una cosa simile. E pensare che, quando la accolsi all’aeroporto di Genova per andare a Sanremo, la professoressa stava male, aveva un raffreddore così potente che dovemmo fermarci in autogrill a comprare un pacco enorme di fazzoletti di carta. Poi andò in TV e fu un successo».

 

 Rita Levi Montalcini

La felicità è nella ricerca
Un giorno del 1986, Rita Levi-Montalcini firmò un editoriale per la rivista «Di Più» di AISM (4/1986): «Laureandomi in medicina nutrivo la speranza di dedicare la vita a quelli che soffrono, come il dottor Schweitzer. Ma, per ragioni al di fuori della mia volontà, in quanto impedita dalle questioni razziali di esercitare la professione, mi sono dedicata alla ricerca scientifica e ne sono stata felice». Uno dei segreti del successo di questa donna schiva sta qui: la felicità per il tipo di vita che si trovò a dover scegliere.

 

Mario Battaglia non può dimenticare che «la professoressa si illuminava quando parlava di ricerca. Era felice quando parlava di prospettive nuove che dovevano ancora essere verificate ed erano intuizioni, sue o di altri. Era felice quando arrivavano risultati promettenti. Lì si entusiasmava in modo totale». Anche Piera Levi-Montalcini è su questa lunghezza d’onda: «Era felice di fare lavorare il cervello per trovare soluzioni capaci di collegare le conoscenze e ottenere un miglioramento nella scienza per la vita delle persone».

 

Anche in AISM Rita Levi-Montalcini diede il proprio contributo per rafforzare in modo decisivo la ricerca scientifica. Mario Battaglia torna volentieri a quei giorni in cui fu seminato il futuro che oggi vediamo: «Il primo incontro del comitato scientifico dell’AISM, che doveva decidere come erogare i fondi con il nuovo Bando di ricerca, si tenne a Roma. Era il 1986. Lei aveva 76 anni e guidava un’auto sportiva. In quell’occasione andammo insieme, con la sua auto, a prendere all’albergo Byron Waksman, figlio di quel Selman Waksman che aveva vinto il Nobel per la scoperta della streptomicina. Byron era un bio-immunologo, professore dell’Università di Yale. Ed era il direttore scientifico dell’Associazione americana della SM. Insieme abbiamo presentato per la prima volta ai ricercatori, ai neurologi italiani come volevamo che funzionasse il Bando dell’Associazione e il Comitato scientifico, con l’utilizzo della peer review, la revisione tra pari per la selezione dei progetti meritevoli. Uno strumento che in Italia non applicava ancora nessuno».

 

La via che Rita Levi-Montalcini condivideva con il Comitato scientifico AISM era tanto semplice quanto rivoluzionaria: i fondi andavano messi a disposizione su criteri meritocratici, ossia assegnati a quei progetti e ricercatori di eccellenza che potevano fare la differenza per la vita delle persone. Rita Levi-Montalcini, pur essendo coinvolta personalmente in un particolare ambito di ricerca, non aveva preclusioni e, anzi, si informava e si appassionava a ogni campo di ricerca.

 

Anche da scienziata appassionata di ricerca la professoressa manteneva una nota particolare, come ama ricordare lo stesso Mario Battaglia: «Riservava un’attenzione personale ai ricercatori AISM e ai giovani che ottenevano una Borsa di studio dell’Associazione. Ha sempre mostrato un’autentica disponibilità ad ascoltare e indirizzarli. Andavano da lei, e la professoressa li affiancava, li consigliava, forniva anche contatti all’estero se dovevano studiare aspetti nuovi o pubblicare su riviste internazionali. Lei, che tutti conoscevano come persona rigorosa, austera, puntigliosa, con i ricercatori si dimostrava estremamente affettuosa, disponibile».

 

Per questo legame forte di Rita Levi-Montalcini con i giovani ricercatori sulla sclerosi multipla l’Associazione ha scelto nel 1999 di dare vita a un prestigioso Premio scientifico a lei intitolato. Ogni anno, una giuria internazionale conferisce il premio a un giovane ricercatore, scelto tra una rosa di candidati, per la rilevanza del suo contributo alla ricerca sulla sclerosi multipla. Non è casuale, allora, che l’ultima lettera che Rita Levi-Montalcini ha inviato ad AISM, il 30 maggio 2012, fosse destinata a salutare i circa 200 ricercatori scientifici raccolti al Congresso annuale della Fondazione di AISM: «Ancora una volta desidero congratularmi per il lavoro che la FISM continua a svolgere a livello di ricerca ma soprattutto per la salute delle persone con SM. Mi rammarico vivamente di non poter essere presente al Congresso scientifico e, in particolare, di non poter consegnare personalmente il Premio, intitolato al mio nome, al giovane Dottor Giulio Disanto. Spero che molti altri giovani ricercatori possano seguire il suo esempio, e che possano farlo in Italia».

 

Nessun rammarico, Presidente Rita Levi-Montalcini: l’esempio che lei ha seminato con generosità in AISM rimane vivo. L’Associazione continuerà ad attingervi, giorno dopo giorno, come a una fonte limpida in cui continuare a cercare e trovare le risposte alla sete di vita di tutte le persone con SM, dei loro familiari, dei volontari, di tutti coloro che oggi amano AISM come l’ha amata lei, con discrezione e tenacia, con passione e fiducia.

 

 Rita Levi Montalcini
Nella foto: Rita Levi Montalcini con Mario Alberto Battaglia, Presidente FISM