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01/12/2014

Diversi ma uguali. Come educare un bambino alla disabilità?

Un viaggio tra scuola, formazione e letteratura per capire dove nascono gli stereotipi e soprattutto come farli cadere

SM Italia 5

«Non sono mai entrata nella classe di Francesco per spiegare la sindrome di Down. Sono state le maestre a fare tutto. Probabilmente, se mi fossi messa in mezzo i compagni di classe avrebbero pensato che qualcosa in lui non andasse. Invece ho fatto come tutte le altre mamme: ho lasciato che la vita facesse il suo corso. Ho lasciato che mio figlio si integrasse con le dinamiche comuni a tutti gli altri bambini».

 

La storia di Francesco comincia 12 anni fa: solo con la nascita i familiari scoprono che è affetto da sindrome di Down. A raccontarla è la mamma, Federica Chittò, presidente dell’associazione ‘Amici team Down’ di Castellanza, in provincia di Varese: «Ovviamente, al momento della scoperta un attimo dismarrimento c’è stato, ma siamo andati avanti». «A me, invece, quando ho saputo che Tommaso era affetto da sindrome di Down – un paio d’ore dopo il parto – è sembrato di andare a sbattere contro un treno in corsa»: lo confida Gianna Leo, un’altra delle mamme dell’associazione.

 

«La prima volta che ho visto Tommaso ho esclamato: ‘che brutto!’. Cosa ho pensato? ‘Che vita avremo adesso? Cosa ne sarà di lui quando non ci sarò più?’». Oggi Tommaso ha 8 anni, un fratello di 21 e una sorella di 14. È stato promosso con ottimi voti, l’anno prossimo andrà in terza elementare: «Ho imposto alle maestre di non regalargli nulla, di non assecondare i suoi capricci. Deve avere quello che si merita e deve imparare a meritarsi i bei voti. Voglio che abbia una vita come tutti gli altri: fatta di sacrifici, dove non esiste nessun ‘poverino’». Gianna ammette che spesso a Tommaso è chiesto addirittura qualcosa in più: «Da grande dovrà farcelo da solo. Vogliamo crescere una persona il più autonoma possibile. Vogliamo insegnargli la voglia di indipendenza».

 

L’integrazione, per lui, è stata un successo: «I compagni non hanno la percezione di un bambino disabile, ma di un bambino: perché è così che tutti lo hanno sempre presentato loro. È ovvio che lo vedono diverso: spesso con lui sono più tolleranti, ma è tutta farina del loro sacco. Voglio che ognuno si comporti con lui come meglio crede. Non voglio che nessuno si senta obbligato ad accettarlo: piuttosto, preferisco che non lo consideri. Non succede così, di solito, tra persone ‘normali’?». Le storie di Francesco e Tommaso – raccolte nel libro Che vita è? dell’associazione Amici team Down – sono le storia di tante famiglie che si trovano a convivere con una delle mille sfumature della differenza: la disabilità fisica, il deficit mentale, il non essere nati in Italia o il non avere la pelle chiara.

 

Leggi la versione completa dell'inchiesta Diversi ma uguali. Come educare un bambino alla diversità? su SM Italia 5/2014, sfogliabile online o scaricabile in versione pdf qui sotto.

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SM Italia 5/2014