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24/08/2014

Scrivere ci fa bene

Raccontare ha a che fare con l'antica pratica della cura di sé. Ma funziona anche nell'epoca dei social network? L'abbiamo chiesto a Emanuela Mancino, esperta di narrazione autobiografica

Emanuela MancinoDa qualche anno, il blog giovanioltrelasm.it è diventato una vera e propria piazza virtuale in cui si ritrovano giovani con SM, amici e simpatizzanti del movimento della sclerosi multipla, raccontando i propri percorsi e confrontandosi.
Per capire cosa significhi, nell’epoca dei social network, imparare a raccontare la propria storia e a raccogliere i frammenti di bellezza e fatica delle storie altrui, abbiamo parlato con Emanuela Mancino, docente di Filosofia dell’Educazione all’Università degli studi di Milano Bicocca ed esperta di ‘narrazione autobiografica’.

Dottoressa Mancino perché, a suo avviso, per una persona con SM e per tutti è importante ‘imparare il gusto’ di prendere la parola e raccontarsi sui nuovi media, invogliando anche altri a farlo? Cosa è in gioco?
«Dare voce al proprio mondo interiore è un gesto di grande responsabilità e attenzione verso noi stessi che, subito, ci posiziona rispetto agli altri e diventa comunicazione. È un gesto che potenzialmente ci fa bene, perché ha a che fare con l’antica pratica della cura di sé. Significa riconoscere il proprio sguardo, percepire in modo quasi materico che la propria avventura personale esiste, è unica, inalienabile. E che vale la pena raccontarla. Questo ci distingue da tutti gli altri ma, nello stesso tempo, ci accomuna».

Perché dovremmo avere voglia di esporci e vedere se qualcuno ci ascolta, in un mondo di social network sovrappopolato di intimità rese pubbliche?
«Maria Zambrano, filosofa, dice che la scrittura è un modo per difendere la propria solitudine. Nasce nel momento in cui si custodisce il proprio silenzio, in cui si sta con se stessi. Però, anche quando è intima, porta con sé un segno di  contraddizione, perché è sempre in cerca di un interlocutore cui rivolgersi. Quel qualcuno, nel caso di Facebook, è un tu indistinto. Nel caso dei social network di altro tipo quell’interlocutore atteso è un tu che può avere volti e nomi con cui dialogare. Di certo, chi ha voglia di cercare dove si trova con la propria vita non può fare a meno di scrivere, per sé e per gli altri».

Da dove partire per raccontarsi?
«Tutte le parole che scegliamo raccontano una storia: dove le abbiamo imparate, chi ce le ha insegnate, perché non le abbiamo scordate. Proviamo, per gioco, a immaginare le parole che non vogliamo più usare. Scartiamole. Scegliamo poi con cura le parole che vogliamo usare più di quanto facciamo esperienza, allora cambierà anche la percezione che abbiamo della nostra vita. C’è una circolarità molto forte tra la persona che siamo e quella che costruiamo attraverso la nostra scrittura».

Giuseppe Gazzola

Questa intervista è stata pubblicata su Sm Italia 4/2014, dove puoi leggerla in versione completa. Scaricala dal link qui sotto.

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SM Italia 4/2014