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13/09/2016

«La risonanza per predire l'evoluzione della sclerosi multipla»

«Le nuove teniche possono aiutare ad individuare prima e con maggiore efficacia i trattamenti da utilizzare». In questi giorni sull'argomento il team del Prof. Filippi e della dott.ssa Rocca presenta diversi studi in occasione di ECTRIMS, il più grande meeting internazionale della comunità scientifica della SM. La nostra intervista

Mara A. Rocca

 

Inizia oggi a Londra ECTRIMS (European Committee for Treatment and Research on Multiple Sclerosis) il più importante meeting della comunità scientifica internazionale che studia la sclerosi multipla. Migliaia di ricercatori provenienti da tutto il mondo si riuniscono per presentare le proprie ricerche, gli ultimi risultati, i progetti più promettenti per trovare trattamenti e una cura definitiva per la malattia. In questo contesto il gruppo di ricercatori italiani del professor Massimo Filippi e della dottoressa Mara A. Rocca porta ben 13 poster di studi co-finanziati dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla. Il Prof. Filippi è uno dei massimi esperti di tecniche di risonanza magnetica per lo studio della sclerosi multipla. È legato ad AISM da diversi anni, aggiudicandosi il Premio Rita Levi-Montalcini 2001 - così come la dott.ssa Rocca nel 2013. Il loro team opera presso l’Unità di Neuroimaging Quantitativo, Divisione Neuroscienze, Ospedale San Raffaele di Milano. Abbiamo intervistato la dott.ssa Rocca, per farci raccontare i loro ultimi studi e il percorso che li ha portati a diventare un team di eccellenza in questo campo.

 

A quali risultati state pervenendo con la vostra ricerca?
«A ECTRIMS presentiamo una serie di lavori metodologici su nuove tecniche per la misurazione del danno del midollo spinale e del sistema nervoso centrale, per l’identificazione automatica delle lesioni, individuando misure un po’ più avanzate di quelle maggiormente utilizzate sinora. Inoltre, siamo riusciti a concludere una serie di studi attraverso cui presentiamo dati interessanti, ancora carenti in letteratura, sulla progressione del danno strutturale e di quello funzionale del sistema nervoso correlati all’andamento della sclerosi multipla. Ci sembra, in questo modo, di consolidare l’utilità effettiva delle tecniche di risonanza magnetica per monitorare l’andamento di malattia e, soprattutto, per individuare fattori prognostici, in grado di predire con significativo anticipo la possibile evoluzione di malattia nelle singole persone con SM».

 

Presentate diversi studi al congresso, da quale iniziamo?
«Un primo studio [1] valuta, in un periodo di circa 4 anni su un gruppo di 56 persone con SM e 24 controlli sani, i cambiamenti riscontrabili attraverso alcune misurazioni di risonanza magnetica sulla funzionalità e sulla struttura del sistema nervoso, individuandone la relazione con la progressione della disabilità fisica, misurata con scala EDSS, ma anche con la comparsa e il peggioramento di deficit cognitivi misurati con una serie standard di test, quelli della cosiddetta “Batteria di Rao”. Anche se un monitoraggio di 4 anni potrebbe essere ancora limitato per verificare una effettiva progressione del danno strutturale, dallo studio risulta che sono le modifiche di connettività funzionale (Resting State Functional Connettivity) quelle che si correlano al peggioramento clinico dei pazienti».

 

La risonanza può avere un valore prognostico, ossia aiutare in anticipo a capire cosa succederà nella vita delle persone con SM?
«Sul valore prognostico della risonanza magnetica funzionale e strutturale presentiamo un altro studio a nostro avviso importante, perché ha sempre un periodo di follow up di circa 4 anni ed è stato svolto su un gruppo molto ampio di 258 persone con SM, 132 con SM a ricadute e remissioni, 63 con SM secondariamente progressiva, 19 con SM primariamente progressiva e 44 con una forma benigna di malattia [2]. Queste persone sono state inizialmente sottoposte a risonanza con l’applicazione delle principali metodiche avanzate che si possono oggi utilizzare. Hanno inoltre ricevuto una valutazione clinica della loro condizione fisica e una cognitiva. A distanza di circa 4 anni, abbiamo poi cercato di identificare quali misure di risonanza predicessero il peggioramento clinico e cognitivo».

 

risonanza magnetica
Nella foto: un'immagine del reportage Under Pressure - Living with MS in Europe. © 2012, Carlos Spottorno - UNDER PRESSURE

 

C’è qualche risultato particolarmente promettente per chi ha la SM?
«Vista l’ampia casistica, abbiamo identificato una misurazione in grado di prognosticare in anticipo un possibile andamento clinico migliore. Una visione per certi versi innovativa, che dimostra se e come si possa anche pensare che le persone possano vivere meglio, invece che peggiorare. Si tratta di una misurazione legata a una maggiore integrità strutturale della sostanza bianca. Avere, all’esame iniziale, un valore più alto di quella che si definisce “anisotropia frazionaria della sostanza bianca” significa che nel tempo si andrà meglio in termini di funzionamento fisico e cognitivo».

 

Invece, quali misure individuano in anticipo il possibile peggioramento?
«Le due misure che maggiormente predicono il peggioramento sia clinico/motorio che cognitivo sono l’atrofia della sostanza grigia – che si conferma come elemento chiave da monitorare – e una ridotta connettività funzionale a riposo».

 

Anche sapendo prima chi peggiorerà e chi potrà andare meglio, che cosa potrà cambiare per la storia delle persone con SM?
«Si può individuare e utilizzare con migliore efficacia e in anticipo, per esempio, quelle tecniche riabilitative che fanno aumentare la connettività funzionale a riposo. L’atrofia, invece, è un fenomeno terminale: quando viene misurata in risonanza, non si può restituire alla persona la sostanza bianca o grigia che si è atrofizzata. L’atrofia cerebrale è un fenomeno che, in misura diversa, accompagna la vita di ogni persona, anche di chi è perfettamente sano. Nel caso delle persone con SM bisognerà individuare e utilizzare quei trattamenti in grado di rallentare al massimo la progressione di atrofia».

 

Al Congresso FISM 2016 avete presentato la conclusione di uno studio sperimentale sull’action-observation therapy, che proponete anche a ECTRIMS [3]. Ci spiegate di cosa si tratta?
«Con questo primo studio, che ha richiesto cinque anni, abbiamo proposto una terapia inizialmente sperimentata nei pazienti con ictus, poi tentata nei pazienti con malattia di Parkinson. Noi l’abbiamo sperimentata con 40 persone con SM con deficit motorio alla mano destra e valutata anche con 46 controlli sani. Si chiama terapia dell’action - observation perché, nel nostro caso, propone un training riabilitativo per la mano destra dopo l’osservazione di filmati brevi nei quali viene proposta in anticipo l’azione che dovrà poi essere eseguita dalla persona. Si pensa che questo tipo di intervento vada a stimolare il sistema dei neuroni a specchio, quei neuroni che sono alla base dell’apprendimento motorio per imitazione».

 

Risultati?
«Tutti sono migliorati. Sulle prove di forza e di manualità sono migliorati maggiormente i pazienti che hanno visto i video che rappresentavano azioni finalizzate della mano destra. Questi miglioramenti clinici nei movimenti richiesti si associavano, a livello di risonanza, a un’attivazione maggiore e selettiva di alcune aree cerebrali che fanno parte del sistema dei neuroni a specchio».

 

 

Note


[1] Longitudinal assessment of large-scale brain functional networks in patients with MS: relationship with clinical disability and cognitive impairment

[2] Functional and structural MRI predictors of disability worsening in multiple sclerosis: a 4 year follow-up study

[3] Action observation therapy modifies brin functional riorganization in MS patients with right upper limb motor deficits