È arrivato il momento di trovare un nuovo linguaggio in grado di interpretare meglio la sclerosi multipla e affrontare le sfide che ci pone. Questo il tema centrale dell’intervento di Timothy Coetzee – CEO della National MS Society, l’Associazione SM statunitense - al Congresso Scientifico Annuale di AISM e la sua Fondazione 2025. Su questo tema e su altri argomenti della ricerca scientifica di oggi, si è concentrata la nostra intervista fatta subito dopo il meeting.
La ricerca lavora sempre più nell’ottica della prevenzione della sclerosi multipla, cambiando i criteri diagnostici e modificando la descrizione della patologia. Come si inseriscono in questo ambito i lavori internazionali che ha presentato al Congresso FISM?
«Ho parlato di due iniziative principali. Una è la revisione dei criteri diagnostici per la sclerosi multipla (SM), in particolare i criteri di McDonald del 2017, e un’altra riguarda l’impegno per rivedere le descrizioni del decorso clinico della sclerosi multipla. Entrambe queste iniziative poggiano su solide basi internazionali. L’International Advisory Committee on Clinical trials in MS (ndr Comitato Consultivo internazionale per i trial clinici nella SM), sostenuto da molti anni dalla National MS Society e da ECTRIMS (European Committee for Treatment and Research on MS), è stato negli ultimi trent’anni responsabile sia dello sviluppo dei criteri diagnostici, sia della definizione del framework per descrivere la malattia. Diagnosi e trattamento della SM sono cambiati radicalmente negli ultimi 30 anni, ma il linguaggio usato per descrivere la malattia, in particolare i termini legati al decorso (sclerosi multipla recidivante, progressiva o secondariamente progressiva), non si è evoluto allo stesso ritmo. Gli sforzi oggi sono focalizzati per renderlo più contemporaneo. Non è un processo semplice: un cambiamento di questa portata ha un impatto sulle persone, su chi vive con la malattia».
Quale sarà l‘impatto di questo cambiamento sulle persone?
«I trattamenti attuali sono molto efficaci nel prevenire le ricadute. Ci sono persone che mi dicono: "Non ho una ricaduta da cinque anni". Quando ho iniziato a lavorare alla National MS Society, era molto comune che le persone avessero più ricadute ogni anno. Oggi non è più così. Ma sappiamo anche che quelle stesse persone diranno: "Non ho una ricaduta da cinque anni, ma cammino più lentamente, sono più affaticato, ho più dolore, qualcosa sta succedendo dentro il mio corpo. Anche se il medico mi dice che è fantastico che non abbia avuto ricadute e che non ci siano nuove lesioni nella risonanza magnetica, io sento comunque che qualcosa sta succedendo”. Oggi ci manca un vocabolario per aiutare queste persone a comprendere ciò che stanno vivendo. Su questo la comunità scientifica, e non solo, è concorde. Su come cambierà il linguaggio c’è molto lavoro da fare. Penso che alla fine questo lavoro consentirà ai medici di gestire i propri pazienti in modo più efficace e preciso. Sarà utile anche per i ricercatori e per le aziende che conducono studi clinici, perché permetterà loro di comprendere meglio le popolazioni di pazienti necessarie per effettuare questi studi. Per le persone, credo che aiuterà a chiarire e offrire un linguaggio più significativo per il loro percorso con la sclerosi multipla».
Come?
«Il linguaggio attuale che usiamo per descrivere la malattia presenta una grossa criticità: è unidirezionale. Sei nella fase recidivante e poi passi alla secondariamente progressiva, e non puoi tornare indietro — è come se la malattia fosse un’autostrada a senso unico. Ma oggi sappiamo che non funziona così. Una persona può attraversare periodi in cui ha ricadute e poi periodi in cui non ne ha, può recuperare e vivere un decorso più dinamico della malattia. In effetti, può cambiare strada lungo il percorso. Questo concetto ha risvolti profondi per la nostra comunità: dice che la sclerosi multipla non ha un’unica traiettoria da un punto A a un punto B. È in realtà una malattia dinamica, che comprende anche la capacità del corpo di recuperare».
Questo lavoro coinvolge molti stakeholder. Quali sono e come vanno coinvolti?
«Lo vedrei come una serie di cerchi concentrici. Al centro assoluto ci sono le persone con sclerosi multipla. Loro devono essere il fulcro, i principali portatori di interesse. Nel cerchio immediatamente successivo ci sono i caregiver, gli amici, i familiari — coloro che sono vicini a chi convive con la sclerosi multipla. Il cerchio seguente comprende i medici, i clinici e i ricercatori, che sono fondamentali per portare avanti questo lavoro. Più all’esterno ci sono altri portatori di interesse: industria, autorità sanitarie, EMA, enti finanziatori e, naturalmente, le organizzazioni di pazienti, che sono anch’esse cruciali — insieme ai ricercatori. Serve un approccio integrato tra tutti questi attori per poter generare un impatto reale».
Le persone, per esempio, hanno sempre più voce nei processi della ricerca.
«Il ruolo delle persone che vivono con la malattia è fondamentale per definire la strategia scientifica. In fin dei conti chi conosce meglio la malattia sono proprio loro. E credo che questo sia l’aspetto più importante: creare rispetto per l’expertise di ciascun portatore di interesse. La competenza di chi vive con la malattia ogni giorno — con il dolore, la fatica, e tutte le dimensioni che essa comporta — deve essere rispettata e valorizzata da chi fa ricerca scientifica, allo stesso modo in cui va rispettato il ruolo di scienziati e altri attori».
La ricerca sui big data è stato il tema centrale del Congresso FISM. Quali sono le sfide principali in questo ambito?
«I big data sono di importanza fondamentale oggi. Sappiamo che la generazione dei dati non è un problema: abbiamo terabyte di dati di ogni tipo e in ogni formato. La nostra sfida è: come metterli insieme? Come analizzarli? Come pensare in modo creativo per capire cosa ci stanno dicendo i dati? E poi la vera questione: come possiamo accedere ai dati a livello globale? Personalmente, non credo sia realistico creare un archivio centrale dove far confluire tutto. Dobbiamo consentire diversi modi di accedere ai dati: e io mi trovo a New York, devo poter consultare dati che si trovano a Milano o Sydney, senza dover necessariamente trasferire tutto a me. È poi fondamentale che tutto questo venga fatto con rigore. La qualità dei dati è importante quanto gli strumenti analitici: analizzare dati di bassa qualità porta a conclusioni errate».
Timothy Coetzee proprio al Congresso FISM ha lanciato una nuova iniziativa di ricerca che entra perfettamente nel tema del meeting, A data-driven future to cure MS and related disorders. Con il progetto Community Data Resource, infatti, la International Progressive MS Alliance – di cui AISM è un membro fondatore - sta per mettere a disposizione dei ricercatori di tutto il mondo una grande base dati per fare ricerca.
In quanto veterano del movimento, come è evoluta la collaborazione internazionale delle Associazioni SM?
«La collaborazione globale del movimento c’è sempre stata, direi fin dagli inizi, negli anni ’50 e ’60. Credo fermamente che i progressi arrivino molto più velocemente quando ci muoviamo insieme, sfruttando i punti di forza reciproci per fare ciascuno ciò che può fare in modo unico. In questo percorso, storicamente, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla è sempre stata un partner forte e attivo. La collaborazione è fondamentale, ma la leadership è essenziale. Non si tratta solo di collaborare, ma anche di assumersi la responsabilità e dire con convinzione: “Dobbiamo fare queste cose per ottenere l’impatto che vogliamo per le persone che vivono con la malattia”».
Chi è Timothy Coetzee
Presidente e Chief Executive Officer della National SM Society - dove lavora da 25 anni e dove ha ricoperto in precedenza la carica di Direttore Advocacy, Servizi e Ricerca - Timothy Coetzee è anche membro del Comitato Scientifico della International Progressive MS Alliance. La sua carriera è iniziata come ricercatore proprio nel campo della sclerosi multipla, oggi è uno dei leader globali del movimento.
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