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06/06/2016

«Sostenere la collaborazione è il miglior modo per massimizzare l'impatto della ricerca»

Parole del Prof. Giancarlo Comi dell’Università Vita-Salute San Raffaele. La Progressive MS Alliance, l'importanza di coinvolgere tutti gli attori e le principali industrie operanti nel campo della SM per trovare una soluzione per le forme progressive. L'intervista

 

AISM con la sua Fondazione è tra i promotori di una delle iniziative più innovative nel campo della ricerca sulla sclerosi multipla a livello mondiale: la Progressive MS Alliance, un'alleanza internazionale avviata per accelerare la scoperta di trattamenti per le forme progressive di SM, ancora senza cura.

 

Tra gli organismi che caratterizzano la compiuta dimensione ‘multistakeholder’ della Progressive MS Alliance (PMSA) c’è un organo che si chiama Industry Forum. Il professor Giancarlo Comi dell’Università Vita-Salute San Raffaele è uno dei due Presidenti di questo Forum - l’altro è Mike Panzara, Capo dell’ Area terapeutica sclerosi multipla e Neurologia presso Sanofi Genzyme - di cui fanno parte i rappresentanti di tutte le principali industrie farmaceutiche operanti nel campo della SM: Biogen, EMD Serono, Genentech, Roche, Sanofi Genzyme, Novartis AG, Teva. [vedi  www.progressivemsalliance.org]. Per capire bene di cosa si tratta e qual è il ruolo di questo Forum all’interno della PMSA abbiamo intervistato proprio il professor Giancarlo Comi.

 

Professore, lei è stato sin dall’inizio tra i promotori dell’Industry Forum e anche di recente, a San Francisco, ha organizzato una tavola rotonda con tutti i suo i membri. Quale compito avete all’interno di un’Alleanza internazionale nata dalle Associazioni delle persone con SM?
«Questo Forum è un organismo consultivo del Comitato scientifico della PMSA, per contribuire all’individuazione e alla messa a punto di nuove terapie per le forme progressive di SM. Sin dai primi passi di questa iniziativa, infatti, è stato chiaro che il suo successo richiedeva coinvolgimento l’industria farmaceutica e una sinergia piena tra il mondo della ricerca accademica e quello di chi poi produce i trattamenti. Già a inizio 2014 abbiamo avuto il primo incontro a New York con un gruppo di rappresentanti delle principali aziende farmaceutiche e di alcune compagnie biotecnologiche, cui ne ha fatto seguito un secondo, più formale, che si è tenuto a Londra, che in qualche modo è stata la base di partenza operativa dell'Industry Forum. Lì sono state individuate le esigenze e le strutture adeguate per la costituzione di questo Industry Forum».

 

Cosa fate, concretamente?
«L’Industry Forum, anzitutto, costituisce un tavolo presso cui siedono e si confrontano insieme tutti i rappresentanti delle aziende coinvolte nella SM. Poi abbiamo costituito due gruppi di lavoro dediti all’elaborazione di contributi sugli aspetti patogenetici e fisiopatologici della SM (Fisiopatplgy Working group) e un secondo gruppo (data sharing working group) che intende collaborare per una più adeguata conoscenza sulla storia naturale della malattia: gli elementi che possono essere già estratti da una serie di database esistenti sono in grado di fornire elementi informativi importanti per il disegno di futuri trial clinici che sappiano mirare bene il proprio bersaglio e fare tesoro dei fallimenti del recente passato. Una terza azione dell’Industry Forum è l’apertura di un’interazione con le autorità sanitarie regolatorie, l’EMA (European Medicine Agency) europee e la FDA (Food and Drug Administration) americana, al fine di condividere precise visioni su quelli che devono essere i “primary endopoints”, le misure di esito che devono avere i trial, sui disegni degli studi clinici, per fare in modo che lo sviluppo di nuove terapie avvenga con percorsi accelerati e facilitati dal fatto di essere in partenza d'accordo con le autorità regolatorie su metodi e obiettivi e contenuti degli studi clinici».

 

Insomma, questo Forum serve a decidere prima insieme a tutte le aziende e alle autorità regolatorie quali possono essere gli studi di maggiore impatto?
«Industry Forum vuole cercare di facilitare da parte dell'industria la scelta di investire nella ricerca sulle forme progressive di SM. Un compito decisivo e non facile, perché c'è stato negli ultimi anni il fallimento di molti tentativi di trial clinici e sappiamo tutti che questi tentativi non riusciti hanno assorbito enormi investimenti. Per l’industria, dunque, questa è un’area di intervento ad alto rischio. Per tutelare dunque l’interesse delle persone con SM che ancora aspettano una terapia efficace, c'è dunque una certa necessità di condividere in anticipo con le case farmaceutiche  gli strumenti per rendere efficaci i futuri studi clinici e ridurre il rischio di 'buttare via' ingenti risorse».

 

Dunque, è il modello “collaborativo” l’unica chiave per arrivare alla meta attesa da diversi milioni di persone con SM nel mondo?
«Ne abbiamo parlato anche ai recenti Stati Generali della ricerca in Italia, organizzati dall’Istituto Superiore di Sanità. Oggi il modo di fare ricerca è profondamente cambiato: nessun ricercatore, nessun Centro di ricerca si illude ormai di potere raggiungere risultati ambiziosi in modo isolato. Occorre essere pronti a collaborare a livello nazionale e internazionale. Occorre essere il più possibile inclusivi in ogni percorso di ricerca che si intraprenda. Credo dunque che a tutti i livelli, da parte dell’industria, ma anche da parte degli Stati che erogano i finanziamenti pubblici, da parte delle associazioni e dei singoli sostenitori, occorra promuovere la ricerca in modo molto selezionato e focalizzato: sostenere dunque un’iniziativa collaborativa è il miglior modo per massimizzare l’impatto collettivo che la ricerca può avere per tutti».

 

Nella foto: il Prof Giancarlo Comi dell’Università Vita-Salute San Raffaele, co-chair dell'Industry Forum in seno alla Progressive MS Alliance