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25/10/2022

Come studiare l'atrofia cerebrale nella sclerosi multipla

 

La ricerca è fatta di dati e, generalmente, più dati si hanno meglio è. Raccogliere molti dati però spesso significa fare riferimento a più centri, che possono procedere con metodiche e apparecchiature leggermente diverse. Anche quando si adottino procedure per cercare di standardizzare il più possibile i processi e le analisi, esiste una variabilità legata alla partecipazione di centri diversi.

 

Tenere conto di questo effetto è importante per cercare di trarre quante più informazioni significative dai dati acquisiti, fondamentali per seguire l'andamento di una malattia o l'effetto delle terapie. In questo ambito si colloca la ricerca, finanziata dalla AISM con la sua Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM), guidata da Massimo Filippi, Professore Ordinario di Neurologia, direttore dell’Unità di Neurologia, del servizio di Neurofisiologia e dell'Unità di Neuroriabilitazione dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

 

Nello studio guidato da Filippi e pubblicato su Journal of Neurology i ricercatori hanno utilizzato le informazioni provenienti dal registro INNI - il Network Italiano di Neuroimmagini, il database di immagini di risonanza magnetica (RMI) sostenuto da diversi anni proprio da AISM e la sua Fondazione FISM - per analizzare i dati sull'atrofia cerebrale nelle persone con sclerosi multipla acquisiti in diversi centri. «L'atrofia cerebrale è un marcatore in vivo di un processo di perdita tissutale irreversibile, che riflette la presenza di processi neurodegenerativi nella sclerosi multipla - spiega Filippi - È quindi una misura di gravità della malattia, che risulta più alterata nei pazienti con le forme progressive o con una compromissione clinica maggiore, ma anche una misura di prognosi e un possibile target di trattamento. Nella sclerosi multipla, l'atrofia è diffusa, con coinvolgimento del sistema ventricolare, della sostanza bianca e della sostanza grigia. A carico di questa - continua il ricercatore - si osservano danni prima nelle strutture vicine ai ventricoli, come il talamo, poi rapidamente in tutta la sostanza grigia corticale».

 

I dati raccolti nella ricerca hanno riguardato 466 persone con SM e 279 controlli. Le analisi hanno permesso di osservare che se alcune regioni sono sempre coinvolte quando si parla di atrofia cerebrale, come il talamo appunto, differenze si osservano per altre regioni nei singoli centri. Nel complesso limitando l'analisi ai dati dei singoli centri le differenze tra persone con SM e persone sane si riducono, sottolineando l'importanza della raccolta dati da parte di più centri. «Rispetto ai risultati ottenuti da singoli centri, i risultati multicentrici sono più robusti, e questo – dicono gli autori – sottolinea l'importanza di archivi multicentrici».

 

Le informazioni che confluiscono in INNI sono una fonte preziosa, soprattutto per l'alta numerosità dei partecipanti, conclude Filippi, e per l’impegno nell’armonizzazione dei dati, fatto di corsi online, corsi FAD, distribuzione di questionari, formazione di personale e pubblicazione di linee guida. «INNI è il primo registro di immagini di pazienti con sclerosi multipla a livello internazionale – conclude Filippi - È un registro estremamente ricco, che include sia immagini di RM ottenute con un approccio standardizzato sia dati clinici e neuropsicologici di un'ampia casistica di pazienti. Un valore aggiunto di INNI è la disponibilità di dati di soggetti sani».

 

Referenze

Titolo: Multicenter data harmonization for regional brain atrophy and application inmultiple sclerosis

Autori: Elisabetta Pagani, Loredana Storelli, Patrizia Pantano, Nikolaos Petsas, Gioacchino Tedeschi, Antonio Gallo, Nicola De Stefano, Marco Battaglini Maria A.Rocca, Massimo Filippi for the INNI Network

Rivista: Journal of Neurology

Doi: 10.1007/s00415-022-11387-2

 

www.aism.it/5x1000