Il Professor Gianluigi Mancardi, al Congresso SIN 2025, ha aperto il 29 maggio la sessione intitolata The stem cells love story dedicata al trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche per le persone con forme altamente aggressive di sclerosi multipla, quelle che non rispondono ai trattamenti disponibili.
È la parola storia quella che, per Mancardi, è fondamentale: «da giovane specializzando, negli anni ‘90 ho visto con i miei occhi l’effetto, per noi incredibile, che produceva questo intervento su persone per le quali allora non c’erano risposte. Ne fui conquistato immediatamente. Ma non tutti sanno che la storia del trapianto di cellule staminali del sangue per ricostruire un nuovo sistema immunitario iniziò in ambito ematologico già negli anni 60 quando fu dimostrato, in modelli animali, che l'autoimmunità può essere trasferita da un animale all'altro col trapianto delle cellule del midollo osseo e che era possibile curare l'animale ammalato trapiantando il midollo osseo di un animale sano. Furono lavori pionieristici, visionari, realizzati da grandissimi ricercatori come il Professor Jane Morton e Benjamin Sigel (1974) il Professor Van Bekkum, il Professor Ikehara. Quando nel 1996 l’ematologo greco Atanasios Fassas pubblicò il primo lavoro sui primi casi di sclerosi multipla trapiantati, anche noi in Italia decidemmo di studiare un protocollo e sperimentarlo».
Allora, ricordiamolo, per la sclerosi multipla non c’era nessun trattamento: l’interferone e il glatiramer acetato, i primi farmaci capaci di modulare l’attività infiammatoria nella sclerosi multipla, arrivò in Italia alla fine degli anni '90.
Gli inizi della storia, in Italia
«Con il Professor Marmont, ematologo del San Martino di Genova – ricorda Mancardi -, facemmo nel 1997, il primo trapianto in Italia di staminali prelevate dal sangue dello stesso paziente con sclerosi multipla. Un’infusione che è preceduta da un’intensa immunosoppressione per eliminare il sistema immunitario precedente, all’origine dell’attacco autoimmune che ha prodotto la sclerosi multipla. Dopo quel primo trapianto, Marmont poi mi presentò il Professor Riccardo Saccardi, ematologo dell’Ospedale Careggi di Firenze. Cominciammo una collaborazione, fondando un gruppo che si chiamava GITMO Neuro Study Group, un gruppo italiano di trapianti di midollo osseo insieme ai neurologi e iniziammo un lungo e felice percorso lungo di collaborazione, con risultati notevoli».
Il grazie che dobbiamo a Riccardo Saccardi per avere oggi un trattamento efficace e sicuro
Le persone con sclerosi multipla non lo sanno – dice Mancardi - ma devono molto a questo ematologo straordinariamente competente e umanamente ricco: era un uomo e un professionista sereno e riuscì a controllare le ansie e a indirizzare verso il bene delle persone con sclerosi multipla le paure di noi neurologi per un trattamento che, allora, presentava un rischio di mortalità del 7%. Se ci fossimo fermati alla paura, le persone oggi non avrebbero a disposizione un trattamento capace di fermare la progressione della disabilità che per alcune persone è molto rapida, violenta persino. Lavorando, studiando, affinando il protocollo, selezionando con cura massima le persone da sottoporre all’intervento all’interno di studi controllati, nel giro di pochi anni trapiantammo 21 pazienti con risonanze seriate, valutazione clinica, valutazione ematologica: nel giro di pochi anni dimostravamo quanto poteva succedere con il lavoro pubblicato su Neurology del 2001: quella ricerca dimostrò che il trapianto di midollo osseo (HSCT, Hematopoietich Stem-Cell Transplantation) era in grado di azzerare l'attività infiammatoria vista in risonanza magnetica. E questo azzeramento dell'attività infiammatoria della sclerosi multipla durava parecchi mesi. L'effetto era così clamoroso che noi stessi rimanemmo sorpresi e ci rendemmo conto che in quel momento non c’era terapia che uguagliasse questo effetto. Insieme alla dimostrata efficacia, già nel periodo 2001-2007 avevamo abbassato il rischio di mortalità all’1,3% e oggi siamo allo 0, 3%, mentre con regimi di condizionamento utilizzati nel nord Europa è ancora più bassa, dello 0,1%. Sempre in quegli anni venne dimostrato che il trapianto non era solamente una terapia immunosoppressiva, ma era in grado di resettare il sistema immune, nel senso che comparivano nuove cellule regolatorie, nuovi linfociti T in grado di regolare l’attività autoimmune che è all’origine dell’innescarsi della sclerosi multipla».
Anche così si spiega la parola “love” che il titolo della sessione del Congresso FISM ha attribuito alla “storia del trapianto autologo”: non c’è un significato romantico da film, ma il racconto di una passione scientifica che diventa risposta per le persone. Una storia di ricerca cui FISM, sin dagli inizi, ha dato il suo contributo.
Due pietre miliari
Per Mancardi, all’interno di questa storia tutta italiana, che ha aperto un percorso oggi adottato a livello internazionale, ci sono altre pietre miliari. La prima è legata allo studio ASTIMS, pubblicato nel 2015 sulla rivista Neurology: «con Saccardi disegnammo e realizzammo uno studio di fase 3, che confrontò l’efficacia del trapianto nel fermare l’attività infiammatoria con quella ottenuta con un farmaco immunosoppressore come il Mitoxantrone: anche se su soli 21 pazienti a confronto, dimostrammo che l'efficacia del trapianto era dell'80% superiore alla terapia immunosuppressiva con mitoxantrone. Il trapianto – aggiunge - non è la cura della malattia, non tutti rispondono e non tutti guariscono. Però il 70-80% dopo il trapianto sta bene e la sua disabilità rimane stabile per molti anni. Tutti gli studi pubblicati in Europa negli ultimi 15 anni la capacità dell’HSCT di sopprimere completamente l’attività infiammatoria osservata alla risonanza nei cinque anni successivi all’intervento e il rallentamento della progressione della disabilità nel 70-80% dei casi».
Nel 2021, poi, racconta ancora Mancardi, un nuovo studio italiano, sempre curato con Saccardi, raccolse l’esperienza di 20 anni di trapianti su 210 pazienti italiani dimostrando che la terapia era particolarmente efficace nella forma ricaduta remissione e con un lavoro successivo si dimostrò che può essere una terapia efficace nei progressivi attivi.
Il futuro già iniziato
Infine, il futuro, che è già iniziato: « In questo momento – conclude Mancardi - sono in corso tre studi internazionali di fase 3: lo studio “STAR MS” nel Unito, lo sttudio “BEAT MS” negli Stati Uniti e dovrebbe prendere il via anche lo studio italiano “NET-MS”, co-finanziato da FISM. che confrontano efficacia del trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche con i principali farmaci immunosoppressori attualmente disponibili: fra due anni avremo la risposta definitiva che ci dirà quale impatto di sicurezza ed efficacia ha il trapianto autologo rispetto alle nuove terapie con anticorpi monoclonali».
Di recente sono state pubblicate sulla rivista Nature Reviews Neurology, le nuove “Raccomandazioni” di ECTRIMS e di EBMT (European Society for Blood and Marrow Transplantation), che raccolgono il “consenso” della comunità scientifica dei neurologi e degli ematologi europei impegnati campo del trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche per le persone con sclerosi multipla. Ne ha parlato al Congresso FISM il Professor Paolo Muraro, che abbiamo intervistato qui per AISM in occasione della pubblicazione.
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