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29/05/2025

Mangiare bene e controllare il peso: il ruolo della dieta nella sclerosi multipla

Al Congresso FISM, il Professor Giuseppe Matarese ha anticipato alcuni riscontri del progetto speciale sull’effetto di una lieve restrizione calorica sull’andamento clinico della sclerosi multipla

 

Ci sono due aspetti che stanno emergendo dal progetto speciale di ricerca FISM sulla restrizione calorica come approccio per “manipolare” l’immunità e aumentare il potenziale terapeutico di un farmaco cosiddetto di prima linea, il farmaco orale dimetil-fumarato, nella sclerosi multipla a ricadute e remissioni: l’importanza della “massa grassa” già al momento della diagnosi nell’andamento della malattia e la necessità di imparare ad alternare periodi di restrizione calorica moderata con altre modalità di sana alimentazione.

 

Ne ha parlato al Congresso FISM il professor Giuseppe Matarese, che conduce lo studio insieme al Professor Luca Battistini il progetto "Restrizione calorica come nuovo approccio terapeutico per manipolare l’immunità e per migliorare il potenziale terapeutico di farmaci di prima linea nella sclerosi multipla recidivante-remittente".

 

Il quadro della ricerca

«Nella ricerca – racconta Matarese – abbiamo seguito circa  120 pazienti per due anni, terminando da poco con l’ultimo prelievo dell’ultima persona inserita. Una parte ha abbandonato lo studio – o perché la malattia è peggiorata e le persone hanno dovuto cambiare terapia o perché non sono riusciti per tutto il tempo a sostenere il regime di restrizione calorica. In totale abbiamo i dati di circa 90 persone, tutte trattate con Dimetil Fumarato».

 

Le persone sono state suddivise in tre gruppi: «il primo gruppo a parte il trattamento non modificava nulla nel proprio stile alimentare, al secondo gruppo – il più numeroso, perché le persone per lo più sceglievano questo regime – veniva proposta una lieve e sostenibile restrizione calorica che riduceva del 15-20% l’introito giornaliero di calorie, mentre un terzo gruppo – per il quale alla fine abbiamo avuto una numerosità non significativa – è stato proposto di associare alla restrizione calorica la rimozione di alimenti specifici come il il glutine, considerato alimento infiammatorio, per valutarne l’impatto sulla risposta alla teraia e la progressione della malattia».

 

L’importanza dell’indice di massa corporea per l’andamento di malattia

Un aspetto che, dai dati in nostro possesso possiamo certamente estrapolare, spiega Matarese «riguarda l’impatto dell’indice di massa corporea, noto anche come BMI (Body Max Index), indice indiretto della quantità di grasso, nell’andamento della malattia dei soggetti seguiti nel progetto.

 

Più è alto il BMI, sin dalla diagnosi, e peggiore risulta nel tempo l’andamento della malattia: il maggior peso di una persona alla diagnosi e all’inizio dello studio ha avuto un impatto importante sul decorso di malattia.

 

L’indice di massa corporea, il grasso corporeo comporta un peggiore decorso in persone che, peraltro, erano simili agli altri partecipanti rispetto agli ulteriori fattori di rischio di decorso negativo indagati nella ricerca. Dobbiamo ora capire a livello biologico perché abbiamo verificato questo andamento e quali possano essere i meccanismi biologici sottostanti ».

 

Una parte delle persone con altro BMI che hanno seguito il regime di restrizione calorica riuscendo a dimagrire e a mantenere un minor peso rispetto all’inizio dello studio, aggiunge Matarese, «l’andamento di malattia ha recuperato almeno in parte il gap nell’andamento di malattia rispetto alle persone con minore indice di massa grassa. A nostro avviso, pertanto, l’indicatore legato al BMI dovrebbe essere considerato come criterio prognostico negativo al momento della diagnosi, mentre oggi non si considera il peso corporeo quando si fa diagnosi, prognosi sul possibile andamento futuro della malattia e la conseguente scelta terapeutica».

 

Per quanto tempo dura l’effetto positivo della restrizione calorica?

Una quota non banale di persone sono uscite dallo studio perché non riuscivano più a sostenere quel regime di restrizione calorica che pure avevano scelto loro di seguire, confermando che non si può rimanere a dieta per lunghi periodi, anche quando si tratti di una moderata restrizione calorica. «Seguendo queste persone uscite dallo studio – aggiunge Matarese -vorremmo allora capire come va la malattia quando uno smette di seguire una dieta che prima faceva e per quanto tempo può continuare ad avere la situazione di malattia che si era stabilizzata in tempo di dieta, prima di avere un eventuale nuovo peggioramento. Nel corso dello studio, peraltro, abbiamo osservato che all’inizio la persona che segue una restrizione calorica va molto bene, poi a un certo punto è come se il sistema immunitario si abituasse e smettesse di essere responsivo rispetto al cambio metabolico portato dalla restrizione calorica. Pertanto, si dovrà verificare se non sia opportuno proporre, alla fine, di seguire dei cicli di restrizione calorica seguiti da cicli di dieta sana ma con minori restrizioni, in modo che l’organismo non si abitui al cambio di metabolismo e continui a essere responsivo al tipo di regime alimentare seguito e a determinare un miglior andamento di malattia nelle persone».

 

In conclusione, afferma Matarese  «sicuramente una blanda restrizione calorica, allo stato delle analisi effettuate, sembra avere un effetto migliorativo sull’efficacia terapeutica del dimetil fumarato».

 

Leggi lo speciale congresso fism

 

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La realizzazione di questo evento è stata resa possibile con la sponsorizzazione non condizionante dei MAIN SPONSOR Alexion, Astra Zeneca Rare Disease, Biogen, Merck Italia, Neuraxpharm Italy, Novartis Italia, del Gold Sponsor Juvisé Pharmaceuticals, nonché di Sanofi