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27/05/2018

Sclerosi multipla e resilienza: una ricerca nata in Australia arriva anche in Italia

Migliorare la qualità di vita di tutta la comunità SM, grazie alla resilienza, si può. Lo dice un programma messo a punto da Kenneth Pakenham, psicologo dell’Università del Queensland. La presentazione al Congresso FISM

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7 settimane di training per imparare a far fronte in maniera positiva alla malattia. È Ready, il programma messo a punto da Kenneth Pakenham, psicologo dell’Università del Queensland in Australia. Grazie a FISM ne è stata elaborata una versione italiana, oggetto di uno studio scientifico che ne ha confermato l’efficacia. Come ha raccontato Pakenham durante il congresso FISM a Roma.

 

Prof. Pakenham, cos’è la resilienza?
«È la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita davanti alle difficoltà. È importante per tutti, tanto più chi vive con la sclerosi multipla e deve affrontare ogni giorno molte situazioni stressanti. Ci sono persone che per indole hanno maggiore resilienza, ma il nostro lavoro dimostra che si tratta di un atteggiamento che può essere appreso. Per questo abbiamo ideato un programma di training ad hoc: Ready, Evaluation of an ACT Resilience Training Program».

 

In cosa consiste il programma Ready e quali risultati avete ottenuto?
«Si tratta di una serie di incontri di gruppo che si svolgono una volta a settimana per 7 settimane. Ogni gruppo copre un insieme di competenze di resilienza: per esempio, come gestire efficacemente il pensiero negativo, come gestire i sentimenti non voluti, come vivere a pieno il momento presente invece di essere chiusi nel passato o proiettati nel futuro, come restare fedeli ai propri valori e agire di conseguenza nonostante sentimenti e pensieri contrastanti. Lo abbiamo usato con le persone sane e poi anche con alcuni gruppi di pazienti, malati di cancro, di SM e di diabete. Funziona: dopo il programma le persone affermano che la loro qualità di vita migliora e il risultato si mantiene per settimane, anche per mesi. Per la SM abbiamo disegnato un programma specifico che è stato oggetto di una collaborazione con la FISM».

 

 

Come nasce la versione italiana del programma Ready?
«Con il lavoro di Ambra Giovanetti, dell’Istituto Neurologico Besta di Milano, che ha svolto un periodo di ricerca da noi grazie a un finanziamento FISM. L’abbiamo formata alla fruizione del programma e lei ha lavorato alla versione italiana del training che poi è stato oggetto in Italia di uno studio pilota randomizzato i cui risultati saranno presentati durante il Congresso FISM. I dati dimostrano che la versione italiana di Ready funziona. Ma questa esperienza ci insegna anche un’altra cosa: che imparare a coltivare la resilienza ha un impatto positivo sull’intera comunità SM».

 

Cosa intende quando parla di impatto positivo sulla comunità di un programma come Ready?
«Il lavoro svolto in Italia ha coinvolto anche 44 psicologi che sono stati formati da Giovannetti per poter lavorare con il programma Ready. Ebbene, misurando l’impatto del programma anche su loro ci siamo resi conto che gli operatori migliorano la loro qualità di vita grazie a questo intervento e quindi, a loro volta, sono capaci di agire più efficacemente con le persone con SM. In questo modo riusciamo ad avere un risultato positivo, misurabile, su tutta la comunità che è non è composta solo dalle persone con SM ma anche dai caregiver e dagli operatori sanitari».

 

Quali saranno i prossimi passi?
«Nel prossimo futuro avrà inizio uno studio multicentrico randomizzato che coinvolgerà diversi centri italiani grazie al quale vogliamo validare definitivamente questo strumento. Una volta che avremo dimostrato che funziona e che il suo impatto può essere misurato potremo aprire il programma anche ai famigliari o ai caregiver».

Questo studio verrà svolto all’interno del programma di dottorato di ricerca della dottoressa Giovannetti presso l’Università del Queensland in Australia, grazie a un finanziamento FISM.

 

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