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23/05/2019

La riabilitazione normalizza l'attività cerebrale

 

La riabilitazione è terapia per le persone con sclerosi multipla. Lo è al punto da essere in grado di indurre una riorganizzazione funzionale dei circuiti cerebrali, rendendoli più simili a quelli di persone senza malattia. È quanto dimostra oggi uno studio pubblicato su Neuroscience, finanziato da AISM e la sua  Fondazione (FISM), confermando l'importanza di una riabilitazione attiva, adattata sulla singola persona con SM, nella lotta alla malattia.

 

«Nel nostro lavoro non ci siamo limitati a osservare l'effetto generale della riabilitazione – spiega infatti Laura Bonzano, ricercatrice del Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili (DINOGMI) dell'Università di Genova, prima autrice del lavoro – ma abbiamo confrontato gli effetti, a livello motorio e neurologico, di una riabilitazione attiva e di una passiva». Nel primo caso, racconta la ricercatrice, le persone vengono allenate a eseguire dei movimenti volontari, esercitando il controllo dei propri movimenti. «Si tratta di un tipo di riabilitazione orientata al recupero delle funzioni, al ripristino della capacità di svolgere attività quotidiane per esempio», aggiunge Giampaolo Brichetto, coordinatore della ricerca in riabilitazione di AISM.

 

Lo studio ha coinvolto 30 persone con sclerosi multipla, con deficit motori moderati agli arti superiori, piuttosto comuni in chi soffre di sclerosi multipla, spesso collegati ad alterazioni del controllo e della forza muscolare. Metà dei partecipanti ha seguito un protocollo di riabilitazione attiva, metà un protocollo di riabilitazione passiva in cui i movimenti di dita, polso, gomito e spalla venivano eseguiti da un fisioterapista, senza che la persona esercitasse un controllo volontario. Entrambi i gruppi hanno seguito il programma di riabilitazione tre volte a settimana per otto settimane. Al termine del periodo di trattamento le funzioni motorie e neurologiche, monitorate a livello encefalico tramite risonanza magnetica, dei partecipanti sono state valutate e confrontate con i dati raccolti prima dell'inizio dello studio.

 

«In passato avevamo già osservato, con lo stesso disegno di studio, che la riabilitazione attiva riesce a modificare la struttura dell'encefalo, aumentando le connessioni cerebrali – commenta Brichetto – in questo caso eravamo interessati a capire se queste alterazioni strutturali corrispondessero a modifiche funzionali nei pattern di attivazione cerebrale». In particolare, continuano i ricercatori, lo scopo della ricerca era quello di capire se e in che modo la riabilitazione attiva e passiva modificassero le funzioni cerebrali rispetto a persone sane.

 

La perdita di funzione motoria, infatti, modifica l'attività del cervello. Prima dell'avvio dei protocolli di riabilitazione, i ricercatori hanno evidenziato in entrambi i gruppi dei pattern di attività alterati, rispetto a quelli di individui sani, le zone di attivazione erano più estese e coinvolgevano entrambi gli emisferi per il movimento di un arto. Dopo otto settimane di trattamento entrambi i gruppi sono migliorati nelle funzioni motorie, ma solo nel gruppo con riabilitazione attiva si sono osservate modifiche funzionali a livello cerebrale. Nelle persone che avevano effettuato una riabilitazione attiva i ricercatori hanno rilevato una normalizzazione dell'attività cerebrale, paragonabile a quella che si osserva in chi non ha la malattia, non riscontrabile in chi aveva seguito protocolli di riabilitazione passiva. Ma non solo: nel gruppo allenato a eseguire movimenti volontari si sono osservate risposte anche a livello frontale e nel cervelletto, aree queste, deputate alla pianificazione, all'organizzazione e alla temporizzazione delle azioni. Nell'altro gruppo invece si sono verificate risposte solo nelle aree che ricevono gli input somato-sensoriali, stimolate passivamente.

 

Sebbene lo studio abbia coinvolto un ridotto numero di pazienti e i risultati non siano generalizzabili per tutte le persone con sclerosi multipla, sono incoraggianti, ribadiscono i ricercatori. «Attraverso la riabilitazione attiva agiamo sulla plasticità, sia anatomica, che funzionale - ha commentato Brichetto – quanto abbiamo osservato è una conferma del fatto che questa strategia riabilitativa ha pari dignità degli altri trattamenti per la sclerosi multipla». Questo significa che, quando possibile e secondo le possibilità di movimento dei pazienti, sarebbe auspicabile affidarsi a protocolli di riabilitazione che prevedano controllo volontario dei movimenti, conclude Bonzano.

 

Sarà importante valutare quanto gli effetti ottenuti si mantengano nel tempo, per capire anche ogni quanto seguire trattamenti riabilitativi. Dando uno sguardo più ampio questi risultati ci suggeriscono ancora una volta quanto sia importante per le persone con SM mantenersi attive, specialmente se giovani, anche attraverso uno sport adeguato al grado di disabilità di ciascuno.

 

Referenza
TitoloUpper limb motor training based on task-oriented exercises induces functional brain reorganization in patients with multiple sclerosis
Autori: Laura Bonzano, Ludovico Pedullà, AndreaTacchinoc, GiampaoloBrichetto, Mario Alberto Battaglia, Giovanni Luigi Mancardi, Marco Boveb.
Rivista: Neuroscience

Doihttps://doi.org/10.1016/j.neuroscience.2019.05.004

 

Questo progetto di ricerca è stato finanziato con il Bando FISM con cui ogni anno AISM e la sua Fondazione mettono a disposizione fondi per i ricercatori e rinnovano l’impegno a ottenere risultati di qualità che possano migliorare in maniera concreta la vita delle persone con SM.

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