Salta al contenuto principale

30/05/2017

A Benedetta Bodini il Premio Rita Levi Montalcini 2017

La ricercatrice italiana che lavora a Parigi ha iniziato il suo percorso grazie a una Borsa di Studio FISM 10 anni fa. Le sue ricerche innovative nel campo della sclerosi multipla

 


Nella foto: Benedetta Bodini riceve il Premio Rita Levi Montalcini 2017 da Mario Alberto Battaglia, Presidente FISM.

 

Benedetta Bodini, 39 anni compiuti da pochi giorni, neurologa e ricercatrice a Parigi, è la vincitrice del Premio Rita Levi Montalcini 2017. Il riconoscimento è stato consegnato oggi - nelle celebrazioni della Giornata Mondiale della SM - nell'ambito del Congresso annuale FISM.

 

Come è nel DNA autentico di questo Premio, assegnato per la prima volta nel 1999 a Gianvito Martino, allora giovane ricercatore impegnato in modo pionieristico nell’impiego delle cellule staminali nella sclerosi multipla, anche la scelta di Benedetta Bodini premia la visione e l’azione innovativa di chi lavora per arrivare a capire e curare la sclerosi multipla seguendo strade sinora sconosciute e adesso premiate dai risultati.

 

«Sono molto fiera di essere stata scelta come nuovo Premio Rita Levi Montalcini - dice Bendetta Bodini - è arrivato come un prezioso ‘regalo’ di compleanno, e rappresenta per me un riconoscimento prestigioso, la conferma importante di un percorso di ricerca nuovo e promettente e un autorevole stimolo a raggiungere più alti traguardi nel percorso per capire più a fondo i meccanismi fisiopatologici della sclerosi multipla  ed arrivare un giorno a curarla».

 

Il Premio va in particolare al lavoro svolto da Benedetta Bodini negli ultimi cinque anni, ma AISM, da sempre attenta a contribuire alla crescita di una scuola di ricercatori di eccellenza nella SM, già nel 2007 aveva creduto nelle potenzialità della giovane ricercatrice finanziandole una borsa di studio (research fellowship) destinata allo studio delle forme di SM primariamente progressiva e intitolata: Magnetisation transfer imaging in early PPMS: a longitunidal five years study.

 

Paola Zaratin, Direttrice Ricerca Scientifica AISM, commenta: «L’utilizzo della PET sta aprendo e sempre di più aprirà nuovissime frontiere per la comprensione e la cura della malattia, soprattutto nelle forme progressive. Per questo AISM, tramite la sua Fondazione, ha scelto di premiare e sostenere Benedetta Bodini: il suo innovativo percorso di ricerca potrà contribuire a cambiare la storia della sclerosi multipla e le prospettive di salute e di vita di tante persone con SM».

 

«Benedetta Bodini rappresenta un esempio del “valore” della nostra scuola di ricerca, che nasce da un’associazione come AISM; rappresenta il nostro impegno verso l’eccellenza della ricerca, verso una scienza che sta dalla parte delle persone. La nostra, “scuola” è fatta di ricercatori come la dottoressa Bodini, che sono pronti ad innovare se questo aumenta la possibilità di dare risposte alle persone con SM», commenta Mario Alberto Battaglia, Presidente della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM).

 

Nella intervista che segue, la ricercatrice ci racconta i risultati della sua ricerca e gli obiettivi che si pone.

Bendetta Bodini

 

Qual è l'ambito della sua ricerca nella sclerosi multipla?
«Cinque anni fa sono venuta a Parigi perché, mentre stavo terminando il dottorato di ricerca a Londra sulle tecniche avanzate di risonanza magnetica, ho letto uno studio pubblicato nel 2011 dal professor Bruno Stankoff che, all’Ospedale Pitié-Salpetrière di Parigi (ICM), aveva avuto l’idea di utilizzare la PET (Positron Emission Tomography) nella sclerosi multipla per studiare i processi di danneggiamento e di riparazione della mielina, la guaina che protegge i neuroni. La conferma che la strada intrapresa è quella giusta è dimostrata dagli studi da noi pubblicati e dal fatto che oggi molti altri gruppi internazionali di ricercatori, di fronte alle evidenze raccolte, hanno scelto di aprire analoghi percorsi di ricerca».

 

Cosa è la PET?
«La PET (Positron Emission Tomography) è una particolare metodica della medicina nucleare che, impiegando particolari traccianti debolmente radioattivi capaci di emettere positroni, offre l’opportunità unica di andare a misurare in modo diretto e mirato i principali meccanismi della fisiopatologia della malattia, meccanismi che non è possibile quantificare direttamente con altre tecniche pur fondamentali come la risonanza magnetica convenzionale. Quando ho iniziato a collaborare con il prof. Stankoff, che già aveva dimostrato la validità della PET in modelli animali di sclerosi multipla, non esisteva ancora nessun dato sull’utilizzo di questa tecnica per studiare la mielina nelle persone affette da SM. Ho deciso di trasferirmi a Parigi per sviluppare questo nuovo campo di ricerca e mettere a punto le metodologie più adeguate per un’utilizzazione clinica di questa tecnica».

 

Utilizzare una tecnica che espone alla ‘radioattività’ può essere pericoloso e avere effetti collaterali sulla salute della persona che partecipa allo studio?
«No, nel modo più assoluto. Utilizziamo un composto che è molto debolmente radioattivo e, dunque, la dose di radio farmaco introdotta è minima. Per capirci: la radioattività si misura in milliSievert (mSv; 1Sv = 1000 mSv). Il nostro composto espone il paziente a meno di 5 mSv. Per capirci, la radioattività ‘naturale’ che assorbiamo semplicemente vivendo nelle nostre città è pari a circa 3 mSv all’anno mentre la “TAC total body” che viene utilizzata in oncologia somministra una dose di circa 25 mSv. Nel nostro percorso di ricerca ormai abbiamo tanti pazienti e controlli sani che hanno effettuato questo esame e non ci sono mai stati effetti collaterali di alcun genere». 

 

Che applicazioni pratiche si possono avere da queste ricerche? Possono servire a valutare meglio dei farmaci in studio o già presenti nell’uso clinico?
«Oltre a migliorare nettamente la conoscenza dei meccanismi fisiopatologici della malattia, queste ricerche e queste tecniche hanno anche un impatto clinico diretto. In particolare, con la PET riusciamo a identificare i pazienti che rimielinizzano poco o peggio: per questo è ora possibile valutare con efficacia se certi trattamenti rimielinizzanti in fase di studio siano efficaci e quali saranno le persone con SM che beneficeranno maggiormente dei trattamenti, che saranno disponibili nei prossimi anni. Allo stesso modo queste tecniche potranno essere utilizzate per ‘disegnare’ nuovi studi nei quali vengono stratificati con sempre migliore efficacia i pazienti su cui sperimentarli. Per esempio, queste tecniche chiariranno se i nuovi farmaci rimielinizzanti potranno essere utili solo ai pazienti che rimielinizzano spontaneamente poco e male, o anche a coloro che pur avendo già un alto potenziale spontaneo di rimielinizzazione non presentano una completa riparazione della mielina in tutte le lesioni; grazie a queste tecniche, potremo osservare se e come la capacità dei pazienti con SM di produrre nuova mielina aumenta dopo la somministrazione del farmaco in studio».

 

Quali altri progetti ha per i prossimi anni?
«C’è un altro grande interrogativo che intendo esplorare nei prossimi 10 anni. Riguarda il ruolo della cosiddetta “disregolazione energetica” nel determinare la neuro degenerazione e, di conseguenza, la disabilità. Per semplificare, diciamo che per compensare la perdita di mielina che avviene nella SM, abbiamo bisogno che la “centrale energetica” delle nostre cellule funzioni in modo adeguato: la ricerca recente sta indagando come e perché questo non accada nelle persone con sclerosi multipla. Io vorrei cercare di individuare se ci sia una finestra temporale durante la quale i neuroni nelle persone con SM vanno incontro a questa disregolazione energetica senza che sia ancora arrivata la neuro degenerazione che caratterizza le forme progressive di SM: se ci riuscissimo, potremmo provare a evitare che il neurone muoia e a invertire il decorso di malattia. Per sviluppare questa idea abbiamo di recente pubblicato uno studio su una nuova tecnica, che si chiama spettroscopia di diffusione».

 

Chi è Benedetta Bodini

Nata il 12 maggio 1978, Benedetta Bodini si è laureata in Medicina e Chirurgia nel 2002 all’Università “La Sapienza” di Roma, con il massimo dei voti. Ha conseguito il Diploma di specializzazione in Neurologia nel 2007, anno in cui ha vinto anche una Borsa di Studio finanziata da FISM, e ha poi ottenuto il dottorato di ricerca nel 2013 all’University College of London (UCL), con una tesi intitolata Exploring the relationship between white and grey matter damage in primary progressive multiple sclerosis. Qui è stata seguita dal professor Alan J Thompson e dalla professoressa Olga Ciccarelli.

 

Oggi Benedetta Bodini vive a Parigi e lavora presso l’Institut du cerveau et de la moelle épinière, Hôpital de la Pitié- Salpêtrière nel gruppo condotto dal professor Bruno Stankoff e dalla professoressa Catherine Lubetzky. Per INSERM (Centro Nazionale Ricerca Scientifica), sta svolgendo la sua ricerca post-dottorato grazie al «Gran Premio Speciale ARSEP 2016” (Fondazione per il sostegno alla ricerca sulla sclerosi multipla), che le è stato assegnato per il progetto “Energy dysregulation and neuro-axonal dysfunction in the central nervous system at the early phase of clinical progression in MS: a diffusion weighted spectroscopy study”.

 

Per la sua ricerca, Benedetta Bodini ha già vinto diversi Premi, tra cui il “Premio Miglior Comunicazione Orale 2017” ECCN (European Conference Clinical Neuroimaging, Roma, marzo 2017); il Premio JNLF “Excellence in Neurology”, (Tolosa, marzo 2017); il Premio 2015 della Fondazione Marie-Ange Bouvet Labruyere; il Premio ECTRIMS 2013 per la miglior comunicazione orale di un giovane ricercatore in ricerca trasnazionale. È autrice di 30 articoli scientifici originali sulla SM, di cui 13 come primo autore.

 

 

Il Premio

Il Premio Rita Levi Montalcini è stato assegnato per la prima volta nel 1999 a Gianvito Martino, allora giovane ricercatore. Oggi è Direttore Scientifico dell’Ospedale San Raffaele e capo Unità di ricerca in Neuroimmunologia, come è stato annunciato lunedì al Congresso FISM, ha iniziato in questi giorni il primo studio clinico per il trattamento della sclerosi multipla con infusione di cellule staminali neurali. Anche in questo 2017 con il Premio, AISM e la sua Fondazione premiano chi lavora per arrivare a capire e curare la sclerosi multipla seguendo strade sinora sconosciute. Premia le scelte di coraggio e impegno dei giovani ricercatori che ogni anno dedicano se stessi al raggiungimento di nuovi traguardi scientifici, che vogliono capire da vicino come curare la sclerosi multipla. Stando dalla parte delle persone.